Sogno "Sicilia green", ma ora è una fogna - QdS

Sogno “Sicilia green”, ma ora è una fogna

Rosario Battiato

Sogno “Sicilia green”, ma ora è una fogna

giovedì 31 Gennaio 2019

Dai rifiuti alla qualità dell’aria, dall’inquinamento del mare a quello acustico: regione coinvolta nel 60% delle procedure di infrazione aperte dalla Commissione Ue nei confronti dell’Italia. Violazioni sull’ambiente irrisolte anche da oltre 15 anni e sulla Sicilia ballano 50 mln di sanzioni

PALERMO – La regola è semplice, le conseguenze pure. Se non si rispettano le direttive comunitarie si paga in termini di sanzione economica, in caso di sentenza della Corte di Giustizia, il danno ambientale che si sta arrecando al patrimonio ambientale, da Bruxelles passando per Roma e fino ai cittadini isolani.
 
Nei giorni scorsi il presidente della Regione, Nello Musumeci, ha sostanzialmente annunciato una guerra alle industrie e ai sistemi di poteri che hanno inquinato e, in taluni casi, reso invivibile la Sicilia, annunciando l’obiettivo di un’Isola “green”. Ci sarà molto da lavorare perché in ogni settore, dall’aria all’acqua, dal suolo fino al rumore, la fotografia è a tinte fosche (altro che verde!) e l’Unione europea ci ha mandato nel tempo un bel po’ di questi “scatti dell’orrore”. La Sicilia, infatti, rientra in 10 delle 17 procedure di infrazione nel settore ambientale che riguardano l’Italia, un vero e proprio record con peso specifico di rifiuti, depurazione e aria, anche se non mancano altri aspetti legati all’inquinamento acustico e alle aree naturali.
 
AMBIENTE
Sul sito dell’assessorato regionale del territorio e dell’ambiente sono elencate, con aggiornamento al 19 dicembre scorso, le procedure di infrazione che coinvolgono l’Isola per l’impatto sull’ecosistema. Partiamo dalla “2013-2022/49/CE” (1) relativa alla determinazione e alla gestione del rumore ambientale: in questo caso le violazioni si registrano negli agglomerati di Palermo e di Catania. Un problema annoso che continua a restare irrisolto: anche gli ultimi dati dell’Ispra, contenuti nel rapporto “Qualità dell’ambiente urbano”, registrano per i comuni capoluogo l’assenza dei piani di risanamento acustico e delle relative relazioni biennali.
 
Altre due direttive violate, che possiamo ricomprendere nella macroarea ambientale, riguardano la presenza di “veleni” nell’aria di Sicilia: la direttiva “2008/50/CE”, doppiamente violata sia per i valori limite di PM10 (2014-2147) (2) che per i livelli massimi di biossido di azoto (2015-2043) (3).
Sempre sulla nostra Regione pende anche la procedura relativa alla direttiva “92/43/CEE”(4) per la mancata designazione delle Zone Speciali di Conservazione (Zsc) e mancata adozione delle misure di conservazione – violazione Direttiva Habitat (2015-2163).
 
RIFIUTI E DEPURAZIONE
Altre cinque sono le procedure europee d’interesse della Regione siciliana negli ambiti che competono all’assessorato regionale dell’Energia e dei Servizi di pubblica utilità, con la depurazione e i rifiuti che qui si predono la scena in maniera inappuntabile.
 
La procedura 2003/2077, che si trova in stato di condanna (5), ha come oggetto la non corretta applicazione delle direttive 75/442/Cee sui “rifiuti”, 91/689/Cee sui “rifiuti pericolosi” e 1999/31/Cee sulle “discariche”. Restando nell’ambito dei rifiuti, considerando comunque che l’iter di approvazione del nuovo piano regionale procede spedito dopo la presentazione dello scorso dicembre, permane la 2015-2165 (6) relativa proprio all’aggiornamento dei piani regionali di gestione dei rifiuti.
Un tris di procedure, la 2004/2034 (7), la 2009/2034 (8) e la 2014/2059 (9) (le prime due si trovano già in stato di condanna da parte della Corte di giustizie Ue) riguardano la cattiva applicazione della direttiva 1991/271/Ce sul trattamento delle acque reflue urbane. Dallo scorso 18 luglio, inoltre, la Commissione Ue ha annunciato l’apertura della quarta procedura d’infrazione (10) sempre nell’ambito della depurazione (la 2017-2181).
 
Numericamente sono centinaia gli agglomerati siciliani coinvolti nelle prime tre così come elencato dall’Arpa nell’ultimo rapporto dedicato al sistema di depurazione nell’Isola: ce ne sono 175 su 883 agglomerati italiani con carico generato superiore a 2 mila abitanti equivalenti (21% sul totale nazionale) per la 2014-2059, 5 su 110 relativa agli agglomerati con un carico maggiore di 10 mila abitanti equivalenti per la 2004-2034 e 51 su circa 80, pari al 63% degli agglomerati italiani, per la 2009-2034.
 
Quando Bruxelles apre
una procedura di infrazione
Ad avviare la procedura di infrazione è sempre la Commissione europea: la segnalazione può avvenire da una denuncia dei privati, da un’interrogazione parlamentare oppure di propria iniziativa. Il primo tassello dell’iter è la cosiddetta “lettera di messa in mora” che viene inviata dalla Commissione allo Stato membro, avviando di fatto la fase del pre-contenzioso: passati due mesi dalla richiesta senza aver ottenuto una risposta, o con una risposta considerata non soddisfacente, la Commissione può emettere parere motivato e quindi diffidare lo Stato a porre rimedio entro un termine preciso. Nel 95% dei casi gli Stati si conformano e la procedura viene bloccata, qualora non dovesse succedere la Commissione può presentare ricorso per inadempimento alla Corte di giustizia Ue che di fatto fa superare la fase del pre-contenzioso.
 
L’effettiva violazione dello Stato, accertata dalla Corte comunitaria, determina una sentenza con la definizione dei termini ultimi entro cui superare la violazione. Per gli Stati ulteriormente inadempienti, cioè quelli che non rispettano le direttive nei tempi previsti, la Commissione può inoltre chiedere alla Corte di “comminare allo Stato membro in questione il pagamento di una penalità fin dalla prima sentenza di inadempimento”.
 
Si raggiunge l’ultimo grado quando la Commissione, nei confronti di uno Stato che non ha rispettato la sentenza della Corte, avvia una seconda procedura di infrazione (art. 260 del Trattato sul funzionamento dell’Ue) con un’unica lettera di messa in mora, prima di adire nuovamente la Corte. In questo passaggio prendono consistenza anche le sanzioni con penalità modulate in rapporto allo Stato membro: per l’Italia, oltre alla componente forfetaria da valutare caso per caso, la penalità di mora quotidiana può variare tra 10mila a 645mila euro che vanno poi proporzionate sulla base dei casi.
 

 
Federconsumatori ha fatto un calcolo tenendo conto della sanzione forfettaria e giornaliera
Alla Sicilia un conto da almeno 50 milioni
Chi lo paga? Alla fine i cittadini, in bolletta
 
PALERMO – I siciliani pagheranno, pagheranno tutto. Come ricorda l’Arpa all’interno del report di controllo degli scarichi idrici, l’Amministrazione centrale ha “già manifestato ufficialmente l’intenzione di esercitare il diritto di rivalsa dello Stato nei confronti di Regioni o di altri Enti pubblici responsabili di violazioni del diritto dell’Unione Europea (commi 813, 814, 815 legge di stabilità 2016)”.
 
La Sicilia è pienamente coinvolta nella sentenza della Corte di Giustizia Ue relativa alla causa C-251/17 Ue per 74 agglomerati (48 soltanto in Sicilia, il 65% del totale) con una multa da 25 milioni, più 30 milioni per ogni semestre di ritardo nella messa a norma. Pur non essendoci calcoli ufficiali da parte del ministero, la Federconsumatori, in una nota rilasciata la scorsa estate da Alfio La Rosa, aveva stimato in circa 50-55 milioni il peso specifico economico delle sanzioni rivolto alla Sicilia, considerando sanzione forfetaria e giornaliera, e nell’ottica che tutto sarebbe andato a incidere sui responsabili dei mancati adeguamenti, cioè gli enti locali, quindi le società di gestione del servizio con effetto a cascata sulle bollette degli utenti.
 
Si paga, e pure salato, anche il conto delle discariche non bonificate che valgono circa 1,6 mln a semestre, considerando che l’ultimo aggiornamento dello scorso aprile, ad opere dell’eurodeputato Pedicini (M5S), ne aveva censite 8 nell’Isola, due in meno rispetto allo scoccare della sentenza della Corte Ue del 2014. Per ogni sito la Corte comunitaria aveva fissato 400 mila euro di sanzione per i rifiuti pericolosi e 200 mila per tutti gli altri.
 
Ma finalmente avanzano
i lavori per i depuratori
 
PALERMO – Segnali di speranza si vedono nella depurazione, anche se ci vorrà ancora del tempo. Dal 2017, a seguito della nomina di Enrico Rolle a Commissario Straordinario Unico, proprio per evitare il protrarsi delle cause che pendono sull’Italia e sulla Sicilia in particolare, nonostante una delibera del Cipe avesse stanziato già nel 2012 circa un miliardo di euro, sono previsti 93 interventi, tra cui 89 finalizzati alla risoluzione della condanna 565/10 su 51 agglomerati e 4 finalizzati alla risoluzione della condanna 85/13 su 4 agglomerati. Si prevede che tutti i lavori partano per il “2019 per essere completati nel 2023 – si legge nell’ultimo rapporto dell’Arpa sulla depurazione – e permettere progressivamente alla Regione (e all’Italia) di uscire da tutte le infrazioni comunitarie”.

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