Piccoli Comuni: riunirsi o morire da soli - QdS

Piccoli Comuni: riunirsi o morire da soli

Rosario Battiato e Carmelo Lazzaro Danzuso

Piccoli Comuni: riunirsi o morire da soli

mercoledì 27 Marzo 2019

Sempre più Enti locali, anche siciliani, puntano sulla gestione unica di funzioni essenziali. Esiste anche l’opzione delle fusioni istituzionali, fino a oggi però mai utilizzata nell’Isola. Accorpare i servizi locali è l’unica strada per evitare il caos amministrativo ed economico

PALERMO – Moneta sonante per i piccoli Comuni. Ai 40 milioni già previsti per il prossimo anno, nell’ambito dell’associazionismo comunale, si aggiungerà un malloppo ben più cospicuo da Bruxelles: 1,5 miliardi di euro di risorse comunitarie sul settennato 2021-2027, destinati alle aree interne in difficoltà, così come è stato reso noto dall’Anci nei giorni scorsi. Peccato che gli Enti locali siciliani risultino particolarmente allergici alle possibilità di condividere personale e risorse per offrire migliori servizi. Anche se potrebbe esserci presto un caso di fusione, forse l’inizio di un’inversione di tendenza.
 
CONTRIBUTI PER L’ASSOCIAZIONISMO – I 40 milioni sull’associazionismo comunale sono stati liberati dalla Conferenza unificata, che ha dato il via libera all’assegnazione di fondi statali sull’associazionismo per le Regioni Abruzzo, Calabria, Campania, Emilia Romagna, Lazio, Liguria, Lombardia, Piemonte, Puglia, Sardegna, Sicilia, Toscana, Umbria e Veneto. Uno stanziamento, come spiegato dal vice presidente vicario Anci, Roberto Pella, per agevolare le piccole comunità nei processi di associazionismo comunale.
 
INSIEME PER CONDIVIDERE PERSONALE E SERVIZI – C’è una legge che permette ai Comuni italiani di trovare delle soluzioni per cumulare personale e servizi. È il Decreto legge n. 78 del 2010 (convertito nella Legge 30 luglio 2010, n.122), poi consolidato con l’approvazione della Legge n. 56 del 2014, considerando comunque che la possibilità della fusione è consentita in Italia sin dai primi Duemila (in Sicilia dalla legge regionale n. 30 del 2000). In pratica, si consente agli Enti locali la possibilità dell’associazionismo o della fusione (trasformazione di più istituzioni in un nuovo soggetto con cessazione dei singoli organi di rappresentanza) oppure dell’unione (nuovo ente che mantiene operativi i singoli Comuni) fino alla convenzione (accordi al fine di svolgere in maniera coordinata determinate funzioni e servizi).
 
I COMUNI SICILIANI PREFERISCONO LA SOLITUDINE – I numeri degli ultimi anni, forniti dall’Ancitel, società di servizi per i comuni dell’Anci, attestano una certezza: gli isolani sono poco propensi ad accorparsi. In tutta Italia, considerando gli ultimi due decenni, si sono registrate ben 535 Unioni e soltanto 47 di queste, cioè poco meno del 9%, si sono realizzate nell’Isola. Poi ci sono stati anche 141 referendum per la fusione (a oggi, nessuno in Sicilia). Eppure risparmi e vantaggi ci sarebbero: realizzando una stima sui dati contenuti in uno studio del dipartimento per gli Affari interni e territoriali del ministero dell’Interno, è stato possibile associare una spesa di circa 318,5 milioni di euro per 200 Enti locali isolani, cioè i cosiddetti piccoli Comuni, al netto delle spese di personale. Effettuando una stima di riduzione dei costi, basata sul risparmio ottenuto livello nazionale proporzionato sulla Sicilia in basi ai potenziali processi di fusione e unione, la spesa corrente dei siciliani passerebbe da 318,5 a 245 milioni di euro, generando risparmi per circa 70 milioni di euro.
 
SENZA PERSONALE MANCANO GLI STRUMENTI DEL TERRITORIO – L’assenza di una pianta organica e di personale specializzato su alcuni specifici settori – un’evidenza lanciata sul QdS da parte dell’Anci qualche settimana fa – determina un ritardo su tutta linea. Dai piani di emergenza, necessari per organizzare soccorsi e la sicurezza della popolazione in caso di calamità (solo un Ente isolano su due è in regola), passando per i vecchissimi Piani regolatori fino ad arrivare anche ai bilanci di previsione – in ritardo anche di un anno per circa il 23% degli Enti locali – o ai Piani di classificazione acustica (solo il 2% in regola, 61% è la media in Italia).
 
BENE LA DIFFERENZIATA – Ma le piccole realtà riescono anche a primeggiare. Sono tutti inferiori ai diecimila abitanti, infatti, i dieci Comuni siciliani che nel 2018 hanno totalizzato la migliore media di raccolta differenziata (più della metà che sono al di sotto dei 5 mila abitanti). In particolare, hanno ottenuto una media statistica che va dal 78% all’82,4%. Lontanissime tutte le altre, con le ben note criticità che emergono soprattutto per i grandi centri.
 
Rosario Battiato
 

 
Cittadini di San Giovanni Gemini e Cammarata chiamati al voto
una scelta “epocale” per le comunità della provincia di Agrigento
 
AGRIGENTO – Quella di domenica 28 aprile 2019 rappresenta una data storica per le comunità di Cammarata e San Giovanni Gemini, ma lo è anche per la Sicilia: per la prima volta nella nostra Isola, infatti, si terrà un referendum sulla fusione di due Comuni.
 
Una storia che va avanti dal 2017, quando arrivò il primo via libera dei rispettivi Consigli comunali per la fusione di Cammarata e San Giovanni Gemini, in attuazione della Legge regionale n. 30 del 2000. Saranno i cittadini, però, a esprimere l’ultima parola sulla questione.
 
Saranno chiamati al voto 5.407 elettori di Cammarata e 7.409 di San Giovanni Gemini e il referendum sarà considerato valido soltanto se andranno a votare la maggioranza degli aventi diritto, cioè il 50% più uno.
 
L’esempio di questi due Comuni potrebbe diventare un riferimento per quanti vorranno tentare la strada della fusione per condividere tecnici e migliorare i servizi, senza incidere in maniera eccessiva sui conti pubblici e quindi sulle tasche dei cittadini. D’altra parte, non mancano, in alcuni casi, le tendenze opposte, cioè quelle piccole comunità che vorrebbero staccarsi e rendersi autonome.
 
Sull’imminente consultazione abbiamo sentito i sindaci dei due paesi agrigentini, che hanno espresso sulla questione posizioni diverse.
 
“Dal mio punto di vista – spiega il sindaco di San Giovanni Gemini Carmelo Panepinto – credo che in questo particolare momento per le nostre Comunità la politica abbia il compito di fare un doveroso passo indietro. Stiamo parlando di un processo di fusione a seguito di una consultazione referendaria che, per i nostri paesi, rappresenta un evento epocale. Di conseguenza, ritengo fondamentale non personalizzare questa espressione della volontà dei cittadini”.
 
“Penso – aggiunge – sia riduttivo esprimersi sui singoli benefici o sui potenziali svantaggi di un’eventuale fusione. Sono stato eletto sindaco per tre volte e in ogni occasione ho ritenuto essenziale rispettare con rigore il programma elettorale scelto dai miei elettori. Anche in occasione non potrò fare altro che condividere quello che sarà il responso del popolo”.
 
“In ogni caso – conclude – all’indomani della consultazione, qualunque sia l’esito, non dovremo pensare di trovarci di fronte a un processo concluso, ma all’inizio di un nuovo percorso. La scelta degli elettori dovrà essere sostenuta con tutti gli strumenti istituzionali necessari, sia a livello locale che a livello regionale. Soltanto così si potrà supportare adeguatamente il percorso democratico tracciato”.
 
Differente, come già accennavamo, la posizione di Vincenzo Giambrone, sindaco di Cammarata: “Come maggioranza – afferma – abbiamo spinto per la realizzazione di questo referendum, perché riteniamo giusto siano i cittadini a esprimersi. Come sindaco, sto al di sopra delle parti, e dico a tutti di votare secondo ciò che ritengono giusto, ma da un punto di vista personale ritengo che l’eventuale fusione dei due Comuni non porterà alcun beneficio, anzi rischia di creare nuovi problemi”.
 
“Parto innanzitutto – evidenzia – dalle questioni pratiche: su tutte le partite Iva, da aggiornare e dunque per cui si creerebbero oneri economici rilevanti; sarebbe poi necessario rivedere i Piani regolatori generali; si rischierebbe una marginalizzazione dei centri storici; nascerebbero difficoltà con la toponomastica; si verificherebbero problemi nell’uniformare la gestione del servizio idrico, che nel nostro territorio è pubblico mentre a San Giovanni Gemini è privato; l’impatto sui costi di rappresentanza sarebbe minimo; non avremmo nessun beneficio nei trasferimenti”.
 
“Ritengo – conclude – che la fusione dei Comuni non sia la scelta giusta. Dal mio punto di vista, la soluzione migliore sarebbe quella di accorpare i servizi, riducendo i costi sui singoli Municipi”.
 
Rosario Battiato
Carmelo Lazzaro Danzuso

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Commenta

Ediservice s.r.l. 95126 Catania - Via Principe Nicola, 22

P.IVA: 01153210875 - Cciaa Catania n. 01153210875


SERVIZIO ABBONAMENTI:
servizioabbonamenti@quotidianodisicilia.it
Tel. 095/372217

DIREZIONE VENDITE - Pubblicità locale, regionale e nazionale:
direzionevendite@quotidianodisicilia.it
Tel. 095/388268-095/383691 - Fax 095/7221147

AMMINISTRAZIONE, CLIENTI E FORNITORI
amministrazione@quotidianodisicilia.it
PEC: ediservicesrl@legalmail.it
Tel. 095/7222550- Fax 095/7374001
Change privacy settings
Quotidiano di Sicilia usufruisce dei contributi di cui al D.lgs n. 70/2017