La Sicilia distante dal Mediterraneo - QdS

La Sicilia distante dal Mediterraneo

Gabriele Barone

La Sicilia distante dal Mediterraneo

mercoledì 19 Maggio 2010

Un convegno organizzato dall’ordine dei Commercialisti di Catania per discutere di imprese e internazionalizzazione. Nonostante la vicinanza geografica esportiamo meno di Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Piemonte

CATANIA – Organizzato dall’ordine dei dottori commercialisti etnei e dalla Camera di commercio, sabato a Catania si è tenuto il convegno dal titolo “I paesi mediterranei e l’internazionalizzazione delle imprese”. È stata l’occasione per valutare lo “stato di salute” dell’interscambio commerciale con i mercati della sponda sud del mare nostrum, sviluppare una riflessione sulle prospettive di crescita nell’area ed un approfondimento sugli strumenti tecnici a supporto delle Pmi siciliane.
Buone notizie sul fronte statistico, almeno se si guarda al dato nazionale. Nel 2009 l’interscambio dell’Italia con l’area del Mediterraneo è stato pari a circa 79 miliardi di euro, cifra che rappresenta il 13,5% dell’interscambio totale del nostro Paese con l’estero. Basti pensare che l’Italia realizza da sola un quarto del volume complessivo dell’interscambio commerciale tra Europa e sponda sud del Mediterraneo. La composizione merceologica del nostro export nell’area vede in prima linea i macchinari per impieghi speciali o generali seguiti dai prodotti derivanti dalla lavorazione del petrolio, dai prodotti chimici di base e dall’abbigliamento.
L’attenzione del governo – ha affermato il vice ministro allo Sviluppo Economico Adolfo Urso concludendo i lavori alla Camera di Commercio etnea – è concentrata sul rafforzamento della presenza italiana nei distretti industriali della sponda sud, dal Marocco alla Turchia, passando per la Tunisia e la Libia che rappresenta la porta di ingresso per gli investimenti italiani nell’area, in virtù delle agevolazioni fiscali offerte, dell’esenzione dal pagamento dei dazi doganali su macchinari, attrezzature e materie prime esclusivamente per le imprese italiane anche in previsione dell’area di libero scambio.
Il ruolo della Sicilia in questo contesto è, invece,  marginale non riuscendo l’isola a sfruttare a dovere la strategicità della sua vicinanza geografica con i mercati della sponda sud del Mediterraneo. Le principali Regioni italiane che esportano nell’area sono infatti la Lombardia, il Veneto, l’Emilia Romagna e il Piemonte. è Milano quindi la capitale economica del Mediterraneo, non Palermo.
 
“Da siciliano è duro constatare – ha sottolineato il vice ministro – lo scarso interesse delle imprese dell’isola alle opportunità di business scouting sui mercati stranieri che risentono meno della crisi. In occasione delle ultime missioni imprenditoriali che ho guidato all’estero – in Mongolia, Oman e Kazhakstan, solo per citarne alcune – erano presenti pochissime imprese meridionali, nessuna siciliana. Per questo occorre, qui più che altrove, che gli sforzi degli enti pubblici a vario titolo preposti all’internazionalizzazione siano coordinati e razionalizzati, non lascino spazio ad inutili sovrapposizioni e vengano diretti a rafforzare la presenza delle imprese siciliane non più sui mercati europei che ancora soffrono la contrazione dei consumi ma su quelli più vicini e promettenti del Maghreb, del Medio Oriente e dei Paesi del Golfo”.
 

 
Finanziamenti agevolati per l’inserimento nei mercati esteri
 
Due utili strumenti tecnici per le imprese siciliane che vogliano scommettersi sui mercati esteri vengono gestiti dalla Simest. Ad illustrarli ai dottori commercialisti catanesi, veri trait d’union con le imprese del territorio, è stato Paolo Di Marco responsabile area sud della finanziaria pubblica per l’internazionalizzazione. La legge 394, da un lato, consente l’erogazione di finanziamenti agevolati per programmi di inserimento sui mercati esteri. Dall’altro, la partecipazione pubblica di imprese italiane in società o imprese all’estero che arriva di norma (tra capitale proprio e Fondo di Venture Capital) fino al 49% del capitale sociale delle imprese straniere, per una durata massima di 8 anni. L’acquisizione di quote di capitale di rischio, in modo particolare, può riguardare aziende di nuova costituzione o già costituite. Ma non basta, perché a fronte della partecipazione di Simest, l’azienda italiana può beneficiare di un contributo agli interessi a fronte di un finanziamento bancario concesso alla stessa impresa italiana da una banca operante in Italia. “Vogliamo migliorare questa forma di supporto ed assieme alla Regione Siciliana – ha detto Di Marco – si sta lavorando per portare la partecipazione di Simest dal 49 al 70%, grazie all’attivazione di un fondo di Venture Capital regionale”.

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