Formazione: uffici regionali fermi ritardano gli stipendi ai lavoratori - QdS

Formazione: uffici regionali fermi ritardano gli stipendi ai lavoratori

Michele Giuliano

Formazione: uffici regionali fermi ritardano gli stipendi ai lavoratori

martedì 28 Settembre 2010

Sindacati critici nei confronti del dipartimento regionale Istruzione, accusato di inefficienza. Uil: “Stanno violando il decreto sui pagamenti e l’obbligo della mensilità”

PALERMO – Settore della formazione professionale inceppato in Sicilia. Da tempo i sindacati denunciano che al Dipartimento dell’assessorato al ramo non si riesce a lavorare speditamente e questo ha comportato oggi un totale blocco delle attività istituzionali.
A denunciarlo senza mezzi termini è la Uil Scuola che in particolare si concentra su tutte le attività e gli adempimenti burocratici che la Regione deve portare avanti a sostegno degli enti di formazione. L’organizzazione di categoria parla di “mancata definizione dell’assetto dirigenziale del Dipartimento Istruzione e Formazione”. “Tutto ciò, a prescindere dal valore professionale delle persone e dei dirigenti coinvolti – si legge in una nota della Uil scuola – ha rallentato le attività istituzionali e rischia di accumulare ritardi nei pagamenti delle retribuzioni non sopportabili dai lavoratori della formazione professionale. L’erogazione delle risorse impegnate per il 2010 è ferma anche per la fioritura d’interpretazioni surreali sui tempi di pagamento del restante 25 per cento della spesa”.
La Uil scuola, nel rispetto del Decreto amministrativo numero 680 del 10 marzo 2010 e delle leggi di Bilancio, ha sollecitato ed ottenuto un veloce atto d’indirizzo dall’assessorato alla Formazione sui tempi dell’emissione dei mandati di pagamento a favore del personale che è già stato trasmesso agli uffici. “L’atto fa un espresso e chiaro richiamo – precisa ancora il sindacato – ad uno dei punti contenuti all’articolo 5 del citato decreto che recita l’obbligo all’osservanza del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro per gli enti di formazione e la corresponsione con priorità degli stipendi con cadenza mensile”.
In pratica, al momento il Dipartimento regionale, sempre secondo quanto asseriscono i sindacati, starebbe violando apertamente il decreto. Anche l’Ugl continua a intravedere molte difficoltà nel sistema formativo siciliano. “Serve un nuovo e moderno sistema formativo in Sicilia – dice Giuseppe Messina, della segreteria regionale dell’Ugl – in quanto necessitano strumenti operativi interfacciabili con il contesto ambientale di riferimento ed all’interno del quale produrre i risultati attesi. Un nuovo modello formativo ha necessità di strutturarsi in maniera da ottimizzare il raccordo fra domanda e offerta di lavoro; orientarsi verso interventi a supporto dei soggetti più esposti all’esclusione dal mercato del lavoro; attuare una maggiore integrazione tra formazione professionale e istruzione scolastica, con azioni di orientamento destinate agli alunni delle scuole secondarie; attuare politiche di orientamento in favore degli studenti universitari; collaborare con gli uffici periferici della Regione nelle azioni di supporto ai percorsi di qualificazione/riconversione delle fasce deboli di lavoratori licenziati, sospesi, cassaintegrati, over 50, donne in cerca di prima occupazione ed atri soggetti svantaggiati. Ad oggi ci sono delle lacune in tal senso che devono essere assolutamente colmate se si vuole creare davvero un sistema di qualità”.
 


Gli operatori: “Non vogliamo essere equiparati ai precari”
 
PALERMO – Quella che si sta materializzando è l’ennesima infinita vertenza tra la Regione, gli enti di formazione professionale e i loro dipendenti. Oramai i ritardi dell’erogazione degli stipendi sono ciclici e in alcuni casi sfiorano i 3, 4, 5, addirittura 6 mesi. Colpa di un sistema che per ragioni clientelari nel tempo è stato letteralmente ingigantito (oggi si contano all’incirca 10 mila dipendenti) senza che ce ne fosse il reale bisogno. Insomma, una formazione non per i disoccupati ma per i formatori. Già i dipendenti hanno fatto pervenire al governo più volte lettere di protesta:
“Sdegno, incomprensione e sfiducia – si legge in una nota degli operatori – sono gli aggettivi che ci sentiamo di usare e sottolineare dopo tutto questo tempo di continue promesse mai mantenute. Dire che siamo paragonati al precariato offende quest’ultima categoria. Forse il nostro errore è quello di manifestare pacificamente, questo è quello che ci distingue, ma ciò non vuol dire che siamo dei cretini, qualche politico si è pure permesso di dire tanto loro sono abituati a stare senza stipendi, non sono entrati per concorso, il loro lavoro è un tappa buchi”.

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