“L’imminente chiusura della Fiat a Termini Imerese, e conseguentemente del suo indotto, e l’aumento vertiginoso del ricorso alla cassa integrazione, sono i segni tangibili della disgraziata situazione in cui versa il settore industriale, a Palermo come in tutta la Sicilia ed il meridione d’Italia. Le aziende sono colpite gravemente, e lo Stato e l’Unione europea aiutano ben poco in questa situazione. Molte aziende vantano crediti enormi verso le Pubbliche Amministrazioni, ed uno dei grandi problemi di aziende come la mia è il notevole ritardo con cui queste pagano. E come se non bastasse, l’Unione Europea sta valutando da tempo la possibilità di un aumento da trenta a sessanta giorni del termine di pagamento delle Pubbliche Amministrazioni verso le aziende. Insomma, la ripresa in questo modo è dura e lontana”.
“Le prospettive, senza una rapida e decisa sterzata, sono poche e nere. La Sicilia ha il 58% di sviluppo infrastrutturale in meno della media nazionale (a cui la Sicilia ovviamente concorre). L’unica salvezza per il futuro dell’industria, a Palermo come nell’intera Sicilia, è uno sviluppo forte e deciso delle infrastrutture, leggere e pesanti. Quelle leggere, che si individuano in un sistema di infrastrutture “pensanti”: educazione, istruzione, formazione, specializzazione. E successivamente quelle pesanti, con sistemi di trasporti efficienti e veloci. Penso inoltre che il ponte sullo stretto sia un’opportunità unica di sviluppo: la gran parte delle aziende che vogliono investire escludono la Sicilia perché logisticamente svantaggiata. Palermo potrebbe essere finalmente collegata al resto dell’Europa, e sia la costruzione del ponte, sia la situazione che vedrebbe una Sicilia connessa al resto dell’Europa, porteranno un livello di sviluppo economico mai visto prima.
Insomma, bisogna che ognuno di noi, ognuno per il suo ruolo, operiamo per migliorare la situazione economica di questa città, perché come disse Padre Pino Puglisi, “se ciascuno farà qualche cosa, insieme faremo tantissimo”. è dunque tempo di rimboccarsi le maniche”.