Banche: in calo la raccolta complessiva - QdS

Banche: in calo la raccolta complessiva

Salvatore Sacco

Banche: in calo la raccolta complessiva

giovedì 24 Marzo 2011

Draghi: “Le banche italiane di minore dimensione hanno patrimonio al limite con i minimi regolamentari stabiliti da Basilea III”. Concreta possibilità che una stretta creditizia si abbatta sull’economia della nostra regione

PALERMO – La crisi economica potrebbe durare ancora, le vicende del Nord Africa e la stessa tragedia del  Giappone non aiutano la ripresa; l’Italia continua a crescere meno della media Ue e pare zavorrata, come ha riconosciuto lo stesso ministro dell’Economia, dalla mancata soluzione del problema del dualismo economico. Il Mezzogiorno e la Sicilia in particolare, scontano oltre alle carenze infrastrutturali ed all’inadeguatezza del tessuto produttivo, anche una forte marginalità sui mercati finanziari e creditizi e ciò si trasforma nei momenti di maggiore stress economico in un ulteriore e pesante fattore di freno. E quello attuale sembra essere uno di questi momenti.
Riflettendo, infatti, sulla lucida analisi proposta dal governatore della Banca d’Italia nell’ ultimo Aiaf – Assiom Forex dello scorso 26 febbraio, vi è più di un motivo per alimentare tale timore. Queste le considerazioni di Draghi sui nuovi scenari del mercato creditizio nazionale: “Con la crisi finanziaria (…) la competizione nella raccolta di fondi, si è fatta più accesa. Il calo strutturale del volume di attività su alcuni segmenti del mercato dei capitali comprime in via permanente i ricavi (…). Mantenere adeguate riserve di liquidità è vitale per preservare la stabilità e per continuare a finanziare l’economia reale, specie in un periodo in cui il mercato resta soggetto a repentine crisi di fiducia”. Con riferimento specifico all’attività delle banche, il governatore evidenzia: “(…) sui loro profitti pesano la contrazione del margine d’interesse e il deterioramento della qualità dei crediti, conseguenza della grave recessione”.
 “(…)  La bassa redditività delle banche italiane – ha detto Draghi – risente, oltre che della lenta ripresa della nostra economia, anche del loro tipico modello di attività… (che) le rende meno esposte alla volatilità dei mercati finanziari e le ha protette durante la crisi. Il rovescio della medaglia è che le rende fortemente dipendenti dal margine d’interesse e dall’andamento della congiuntura macroeconomica (…). Le banche italiane di minore dimensione hanno già oggi livelli di patrimonio mediamente in linea con i nuovi minimi regolamentari stabiliti da Basilea III. Per giungere preparati al momento della piena entrata in vigore delle nuove regole sul capitale delle banche, il rafforzamento patrimoniale deve continuare, innanzitutto attraverso la capitalizzazione degli utili”.
In sostanza, dunque, tutte le banche, ma soprattutto i grandi gruppi, devono fare notevoli sforzi per assicurarsi adeguati livelli di liquidità e rafforzare il patrimonio, possibilmente col sacrificio del guadagno degli azionisti, in un contesto in cui, come ammonisce il governatore: ”La prudenza non deve essere sacrificata a considerazioni di redditività”. A questo punto si può percepire perché ci possano esser fondati timori di un credit crunch (una stretta creditizia), soprattutto nelle regioni meridionali ed in Sicilia.
In queste regioni infatti la via obbligata che dovranno seguire le banche, si intreccia con la crescente difficoltà di raccogliere provvista conseguente all’accentuarsi della crisi economica, comprimendo redditi ed intaccando la capacità di risparmio. Questo inciderà sugli equilibri patrimoniali delle banche piccole, che erogano quasi la metà del credito complessivamente concesso alle Pmi, obbligandole ad una stretta proprio nei confronti di queste ultime. Per quanto riguarda i grandi gruppi, nonostante i richiami del governatore, l’ipotesi più probabile è che esse tendano, da un lato, a incrementare gli utili perseguendo gli impieghi più redditizi e dall’altro rispondano alle difficoltà di reperimento della provvista limitando gli impieghi. In entrambi i casi è ben probabile che i primi prestiti ad essere tagliati siano quelli delle aree più rischiose, ovvero tutte le regioni del Mezzogiorno e, soprattutto, la Sicilia, visti gli attuali livelli raggiunti da sofferenze e  incagli (ovvero i crediti per cui si manifestano concrete difficoltà di rimborso).
Nella nostra regione, intanto, resta sensibile la caduta della raccolta complessiva. Tendenza che sembra essere continuata anche in questi primi mesi del 2011. Ciò sembra essere una conferma della concreta possibilità che una stretta creditizia si abbatta sull’economia della nostra regione e dell’intero Mezzogiorno.
 


Già nel 2010 i depositi sono diminuiti in Sicilia del 2,55%
 
Qualche numero può dare concretezza al discorso: lo scorso anno i depositi sono diminuiti in Sicilia del 2,55% rispetto al 2009 (dicembre su dicembre), un crollo superiore a quello dell’ intero Mezzogiorno (-1,15%) ed in controtendenza con il dato nazionale che ha visto un incremento del 7,8%. Tale dato è solo parzialmente bilanciato dalla crescita della raccolta indiretta delle banche (titoli della clientela in custodia ed in gestione) che invece fra dicembre 2009 e settembre 2010 ha registrato una crescita del 3,4% nell’Isola, quasi doppia rispetto al dato medio delle restanti regioni sud insulari e più elevato rispetto al dato nazionale (+1,9%). In parte ciò potrebbe essere letto come segnale di un ritorno degli investitori su forme meno liquide di impiego del risparmio. Va ricordato, comunque, che questo aggregato rappresenta circa un terzo della massa di risparmio che riesce ad attivare tutto il territorio regionale. Invece, va evidenziato che in Sicilia risultano in calo anche le obbligazioni bancarie e che solo in parte ciò può essere collegato alle politiche di raccolta seguite dalle banche.

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