Lavoro nell’Isola tra grigio e nero, giovani al palo senza speranze - QdS

Lavoro nell’Isola tra grigio e nero, giovani al palo senza speranze

Elisa Latella

Lavoro nell’Isola tra grigio e nero, giovani al palo senza speranze

giovedì 24 Marzo 2011

Un’indagine dell’Osservatorio Acli Regione Sicilia ha studiato dall’interno il fenomeno del sommerso. Disoccupazione giovanile al 38%, 13 punti in più della media nazionale

PALERMO – Quanto incide il lavoro  irregolare sullo sviluppo di un territorio? Per lavoro irregolare si intende sia il lavoro nero che il lavoro grigio (part-time che maschera full time, buste paga che non corrispondono a importi realmente percepiti, lo stage che invece di essere volano  di crescita professionale maschera altre tipologie di rapporto). E chi più ne ha più ne metta. La questione del lavoro nero nel Mezzogiorno e nell’Isola è stata fotografata da un’indagine dell’Osservatorio Acli Regione Sicilia che ha studiato “dall’interno” il fenomeno del lavoro sommerso, ricostruendone le dinamiche e gli effetti e definendolo “un elemento di impoverimento della società e di concorrenza sleale da parte  di quelle aziende che non mettono in regola i propri dipendenti”.
Lo studio parte proprio da alcune storie di giovani lavoratori siciliani, lasciando la parola in parte a loro ed in parte ai numeri. L’occupazione nel 2009 raggiungeva nell’Isola appena il 43,5% contro il 57,5% della media nazionale. La disoccupazione, giovanile dei ragazzi dai 14 ai 24 anni nell’isola  supera il 38%,  raggiunge ben 13,1 punti percentuali in più rispetto alla media italiana (come in tabella). Se alla disoccupazione si aggiunge anche la cattiva occupazione precaria si raggiunge un livello di criticità pari al 26,4%, contro un dato molto inferiore alla media nazionale (17,7%). Una situazione che, secondo le Acli, si associa a fenomeni di illegalità diffusa come l’evasione.
L’indagine parla chiaro: “Il lavoro irregolare è tanto più diffuso quanto più l’economia di un dato territorio è depressa e, per converso, l’economia risulta tanto più depressa quanto più è diffuso il lavoro nero”.
Facciamo un passo indietro. Sin dal 1995 in Sicilia il tasso di lavoro sommerso superava il valore medio italiano di circa 5 punti percentuali. Dal 1996 in poi la Sicilia fa registrare valori decisamente elevati, arrivando a circa il 26% delle unità di lavoro coinvolte nell’economia sommersa nel 2003, contro la media italiana del  13,4% . Il 2003 però è l’anno della legge Biagi, che rende flessibile il mercato del lavoro, ma fa dilagare il lavoro precario. Nel 2004, il valore nazionale si abbassa di 1,7 punti percentuali; in Sicilia scende dal 26% al 19,7%: in un solo anno le unità di lavoro non regolari sono state ridotte di più del 6%.
Poi la direzione cambia ancora. Nella migliore delle ipotesi se al datore di lavoro “conviene” assumere e ha la forza di affrontare la messa in regola lo fa: in genere però prima i giovani, secondo lo studio “sono vincolati a rispettare un iter lavorativo caratterizzato da diverse forme di stage o tirocinio per accedere ad un lavoro regolare, come si evince da varie testimonianze di lavoratori.” C’è chi ha conosciuto l’esperienza del lavoro completamente nero. Senza busta paga, senza contratto, senza alcun diritto. Sono i lavoratori invisibili. Che accettano, soprattutto se il livello di istruzione è basso, costretti da un’unica necessità: mantenere un’entrata mensile, anche a fronte di una irregolarità che grava  a volte ( per esempio nelle imprese edili) sulla propria incolumità personale.
 

 
La linea di confine. Stage: opportunità o sfruttamento?
 
Secondo le Acli “La carica sociale di un termine così importante come “lavoro” sembra sminuirsi, perdere di significato, ridursi all’ottenere la remunerazione necessaria per il soddisfacimento di bisogni di sussistenza.”. Qual è la linea di confine che separa lo “stage opportunità” dallo “stage sfruttamento”? Come il Quotidiano di Sicilia ha già sostenuto altre volte  una sola: la reiterazione. Uno stage di sei mesi durante il quale un neolaureato  affianca un lavoratore esperto in un’azienda è un’opportunità (è sempre importante però che ci sia almeno la copertura assicurativa e almeno un rimborso spese). Uno stage che viene ripetuto più volte, perché lo stagista costa meno di un lavoratore subordinato ma produce quanto lui è sfruttamento. Allo stesso modo una collaborazione a progetto senza vincoli di orario che consenta di svolgere anche altre attività è un’opportunità. Una collaborazione a progetto con i vincoli di orario di un impiegato è sfruttamento. Una collaborazione occasionale non deve superare i 30 giorni l’anno. Altrimenti non è occasionale e deve dare diritto ad un minimo di contributi e di tutele. Purtropppo è quanto succede troppo spesso in Sicilia, anno 2011.

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