Con i contratti in rete imprese più competitive - QdS

Con i contratti in rete imprese più competitive

Grazia Ippolito

Con i contratti in rete imprese più competitive

sabato 23 Aprile 2011

Forum con Giuseppe Tripoli, Capo dipartimento impresa e internazionalizzazione del ministero dello Sviluppo economico

Nell’ambito delle attività del ministero dello Sviluppo economico, come sono organizzati i dipartimenti e quali sono le materie di competenza del dipartimento per l’impresa e l’internazionalizzazione?
“Il ministero si articola in quattro dipartimenti: per l’energia, per lo sviluppo e la coesione economica, per le comunicazioni, per l’impresa e l’internazionalizzazione. Il Dipartimento per l’impresa e l’internazionalizzazione è costituito da sei direzioni generali con ambiti di attività che uniscono le competenze dell’ex ministero delle Attività produttive (escluse le politiche energetiche) e dell’ex Ministero per il Commercio internazionale. Le linee di lavoro possono essere ricondotte a due ambiti: da un lato le politiche di promozione e sviluppo della competitività, dell’innovazione e dell’internazionalizzazione delle imprese, dall’altro le azioni di vigilanza a tutela del mercato e dei consumatori”.
In che modo bisogna promuovere le imprese nei territori economicamente svantaggiati come la Sicilia?
“In Sicilia bisogna sviluppare, così come già avviene in altre regioni, attività imprenditoriali che prescindano dai sostegni pubblici e che puntino a un rilancio basato sulle regole del mercato e sulle logiche della concorrenza. Bisogna passare da una logica di mercato assistito a una logica di mercato: questo è uno degli obbiettivi che il mio dipartimento persegue, tenendo conto di tre aspetti fondamentali. Innanzitutto l’esistenza, all’interno mercato, di regole chiare che devono essere condivise e rispettate da tutti. In secondo luogo, l’idea che ogni impresa ha un valore che il mercato stesso le assegna, a prescindere dall’eventuale surplus legato alla possibilità di accesso alle risorse pubbliche. In terzo luogo, la necessità per le imprese di andare oltre il mercato locale puntando all’internazionalizzazione e alla conquista dei mercati internazionali”.
In Sicilia il tasso di internazionalizzazione è tuttora molto basso. In che modo favorite l’internazionalizzazione delle imprese?
“Stiamo promuovendo lo sviluppo dei contratti di rete: uno strumento nuovo, che favorisce le imprese aiutandole a cooperare. Attualmente sono circa 40 i contratti di rete attivi in Italia, alcuni anche in Sicilia. Mettersi in rete permette di completare la filiera produttiva, di condividere le tecnologia, di conquistare i mercati esteri. Una piccola impresa che non ha le risorse necessarie per andare all’estero, attraverso la rete può farlo: in alcuni casi, per esempio, le imprese in rete decidono di affidare a un unico export manager la gestione delle strategie per l’internazionalizzazione, con conseguente riduzione dei costi e con vantaggi in termini di competitività. Il ministero dell’Economia ha recentemente introdotto delle misure di agevolazione fiscale per le imprese che si mettono in rete se parte dell’utile non viene distribuito, ma destinato al programma della rete, contribuendo così a stabilizzare il rapporto tra i soggetti che vi fanno parte”.
Quali sono gli altri strumenti utilizzati per favorire l’internazionalizzazione?
“In collaborazione con l’ Ice e con le Regioni, promuoviamo contatti B to B: portiamo le imprese all’estero e facciamo incoming di buyers di imprese straniere in Italia. Svolgiamo attività di collegamento e coordinamento per evitare la frammentarietà e la dispersione di risorse che, fino a qualche tempo fa, ha caratterizzato le missioni all’estero delle imprese italiane. Adesso si cerca di elaborare dei programmi coordinati e organizzare missioni che vedano assieme, per esempio, più Regioni e Camere di commercio. Ultimo aspetto, riguardante l’internazionalizzazione, che vorrei sottolineare riguarda la riorganizzazione degli strumenti. E’ in corso un’attività di riordino delle istituzioni che a vario titolo si occupano di internazionalizzazione (tra cui l’Ice, le Camere di commercio italiane all’estero, la Simest), in modo da semplificare e coordinare meglio la presenza e l’azione di tali enti a supporto delle imprese italiane all’estero, senza ricordare l’importante ruolo delle nostre Ambasciate. Tale riordino mira ad agevolare anche gli imprenditori, rendendogli più semplice sapere a chi rivolgersi sul territorio italiano”.
 

 
Introdurre a livello europeo un regolamento sul made in per tutelare i prodotti tipici locali

Qual è il ruolo del vostro dipartimento in sede europea?
“Negli ultimi anni, molte delle competenze degli Stati nazionali sono state trasferite all’Unione europea. I rapporti commerciali con i singoli Paesi terzi, per esempio, sono ormai regolati da accordi europei. Diventa quindi sempre più stringente il problema di far valere in sede europea gli interessi legati alle nostre specificità nazionali, dal momento che le decisione prese a Bruxelles hanno una ripercussione concreta sui tutti i Paesi della comunità. Se in Gran Bretagna buona parte dell’economia è mossa dalle grandi istituzioni finanziarie e in Francia dalle grandi aziende di alcuni settori (dal bancario-assicurativo, alla grande distribuzione commerciale, dalle telecomunicazioni all’energia) non vi è dubbio che in Italia sono le Pmi a reggere la gran parte dell’economia del Paese. Il nostro compito è dunque sempre più quello di rappresentare istituzionalmente in Europa questa specificità dell’economia italiana”.
In che modo, a livello europeo, è regolato il made in?
“Stiamo conducendo una battaglia finalizzata a fare introdurre, a livello europeo, un regolamento sul made in. Le grandi aree commerciali del mondo (Stati Uniti e Canada, Giappone, Cina) hanno già regole che dettano l’obbligo, quando importano un prodotto, a indicarne la provenienza geografica. In Europa questa regola non c’è e ciò penalizza molto le produzioni di qualità italiane. In sede comunitaria, si tratta di una materia su cui devono pronunciarsi Parlamento, Consiglio e Commissione insieme. In Parlamento c’è già una forte volontà di realizzare tale regolamento. Ci stiamo dando da fare per costruire una maggioranza anche in Consiglio”.

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