Settantacinque comuni siciliani sono sprovvisti di rete fognaria - QdS

Settantacinque comuni siciliani sono sprovvisti di rete fognaria

Marina Pupella

Settantacinque comuni siciliani sono sprovvisti di rete fognaria

sabato 04 Giugno 2011

Sono almeno 143 i comuni italiani privi di un impianto adeguato per la raccolta delle acque “nere” . La Sicilia rischia multa salata per il mancato rispetto di una normativa del 1991

PALERMO – In Italia sono almeno 143 i comuni con più di diecimila abitanti a non essere collegati con un impianto fognario adeguato. Il record negativo va alla Sicilia, dove 75 agglomerati urbani sono privi di depuratori e non hanno la capacità di gestire le variazioni di carico delle acque reflue. Tutto questo in barba alla normativa comunitaria 91/271 in materia di trattamento delle acque reflue, per la quale tutti gli stati membri dovevano dotarsi, a partire dal 2000, di sistemi per la raccolta delle acque “nere”. Ma il Bel Paese se la prende comoda e non provvede ancora. Così, la Commissione europea ha deciso di deferire l’Italia alla Corte di giustizia dell’Ue, la quale potrebbe emettere una sentenza di condanna, comminando una multa che in genere varia da 11 mila a 700 mila euro, a secondo della gravità del caso, a partire dal giorno del pronunciamento fino a quando lo Stato non provvederà a rimediare alle infrazioni contestate.
Normalmente la Corte impiega circa 54 mesi per esprimere il suo verdetto, proprio per dare la possibilità alla nazione inadempiente di mettersi in regola con le normative comunitarie. Esiste però un precedente storico, l’emergenza rifiuti a Napoli, per la quale i giudici hanno dato subito ragione alla Commissione, condannando la Regione Campania con la sospensione dell’erogazione dei Fondi strutturali per 145 mln di euro. “Ed oggi un giorno sì e l’altro pure – riferiscono fonti da Bruxelles – i rappresentati dell’amministrazione vengono qui per rinegoziare il Piano rifiuti”. Cosa stanno facendo la diretta interessata, la Sicilia, ed il ministero dell’Ambiente per bloccare la procedura di infrazione? Il ministro Stefania Prestigiacomo preferisce glissare e non rispondere alle domande che il Qds ha più volte inoltrato al suo portavoce.
La Regione siciliana, tramite il servizio 1 del Dipartimento acque e rifiuti dell’assessorato all’Energia ed ai servizi di pubblica utilità, chiarisce invece che la “Regione ha preparato una memoria difensiva che è stata trasmessa al Ministero, il quale, attraverso l’Avvocatura generale dello Stato, illustrerà alla Commissione europea le nostre osservazioni in merito a quanto ci viene contestato”.
Sostanzialmente, per l’Amministrazione regionale su 75 comuni cicala, “per quindici di questi non sussistono le condizioni di infrazione contestate, per altri cinque le ragioni delle violazioni saranno superate a seguito della realizzazione di interventi che attualmente sono in corso d’opera e che vedranno la luce entro l’anno”. Rimangono gli altri 55. “Per questi – rincarano dal servizio 1 – bisogna creare delle opere infrastrutturali nel settore fognario e depurativo, per far fronte alle obiezioni della Corte”. Il dirigente generale Vincenzo Emanuele sta facendo una ricognizione delle risorse disponibili, si tratta di fondi statali e comunitari del Po Fesr e del Fas. Che non arrivano mai.
“Lo Stato – replicano – è consapevole del fatto che bisogna intervenire. Proprio in questi giorni si sono aperti dei tavoli fra il nostro governo e quello centrale per capire e quantificare l’effettivo ammontare delle risorse a nostra disposizione; l’importo complessivo si aggira intorno ai 970 mln di euro”. I comuni verso i quali si è concentrata l’attenzione della Commissione sono distribuiti in tutti gli Ato, risparmiando la provincia di Enna dove non ci sono centri con oltre 15 mila abitanti che hanno subito le procedure d’infrazione. “La Sicilia – concludono – sta provvedendo a mettersi al passo con la 91/271”. Nel frattempo la nostra rete fognaria è un cola brodo, i reflui continuano a defluire a mare, inquinandolo e favorendo le condizioni per la diffusione della famigerata “alga tossica”, sui fiumi e sui terreni agricoli

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