Il senso di Stefania per il nucleare. Prima favorevole, poi garantista - QdS

Il senso di Stefania per il nucleare. Prima favorevole, poi garantista

Marina Pupella

Il senso di Stefania per il nucleare. Prima favorevole, poi garantista

venerdì 10 Giugno 2011

Fanno discutere le ultime dichiarazioni pubbliche del ministro dell’Ambiente sull’energia atomica. Il 14 marzo: “I programmi non saranno modificati”. Ora è per la libertà di voto

PALERMO – “Solo i morti e gli stupidi non cambiano mai opinione”, diceva J. R. Lowell. E il nostro ministro per l’Ambiente Stefania Prestigiacomo – che sulle centrali atomiche ha dichiarato di non poter perdere le elezioni a causa del nucleare – gode per fortuna di ottima salute e porta alto il nome della sua città di origine, Siracusa, che diede i natali al grande Archimede.
 
Prestigiacomo non ha ancora annunciato il suo “sì” al referendum contro il nucleare, ma poco ci manca. Eppure, ancora all’indomani della tragedia di Fukushima dichiarava: “I piani del governo (14 marzo) non devono essere modificati e non saranno modificati. Noi andremo avanti col programma, consapevoli che con la nostra Agenzia per la sicurezza sul nucleare abbiamo contemplato tutte le più avanzate legislazioni. Dobbiamo però evitare che, su una tragedia immane, si pensi a fare le più macabre speculazioni. L’impatto sul clima sarà assolutamente positivo, perché l’energia atomica non ha emissioni di Co2 .
 
E l’impatto sui costi sarà senz’altro vantaggioso per il nostro sistema Italia e per le imprese, perché l’energia nucleare ci fa risparmiare ben il 20 per cento rispetto all’energia prodotta dal petrolio”. Il 15 marzo, in linea con quanto asseriva il giorno prima, argomentava che “l’Italia ha fatto una scelta molto consapevole di rientrare nel nucleare, ma utilizzando impianti di terza generazione che sono enormemente più sicuri di quelli attivi in Giappone. Ovviamente il dibattito è aperto, e auspichiamo che sia trasparente. Si deve evitare ogni allarmismo, che induce alla paura che è qualcosa di irrazionale e non ci fa ragionare”.
Poi il 16 marzo, nel corso di un Question time in Aula ribadiva: “Abbiamo detto e ribadiamo che riteniamo sbagliato e irresponsabile assumere decisioni sulla spinta emozionale. Questo non significa che i dati raccolti a livello europeo ed internazionale non saranno tenuti in considerazione nella valutazione delle prospettive del rientro nel nucleare per il nostro Paese. Al governo stanno a cuore innanzitutto la salute e la sicurezza dei cittadini”. Il 17 marzo (a distanza di soli tre giorni) metteva una lapide sulle sue ferme convinzioni e, a margine delle celebrazioni del 150°, sfogandosi nel corridoio di Montecitorio, lontana da occhi indiscreti, con Paolo Bonaiuti e Giulio Tremonti: “è finita, non possiamo mica rischiare le elezioni (Amministrative, ndr) per il nucleare. Non facciamo cazz…”. Il ministro, come è noto, è in guerra perenne col collega allo Sviluppo, e nuclearista convinto, Paolo Romani. Ma non è per quello che adesso dice di “rispettare la decisione della Cassazione” sul referendum contro l’atomo.
Qualche giorno fa, in un’intervista al Mattino, ricordava “i molti presidenti di Regione del centrodestra che si sono pronunciati contro il nucleare”. Lei stessa sostiene di essersi “battuta perché il Pdl si pronunciasse sulla libertà di voto”.  Ed eccoli i governatori “nimby” (acronimo inglese per Not In My Back Yard, lett. "Non nel mio cortile"). Il sardo Ugo Cappellacci, berlusconiano doc, aveva annunciato che per costruire una centrale sull’isola avrebbero dovuto passare sul suo corpo. Come lui, il governatore della Sicilia, Raffaele Lombardo. In prima linea anche i colleghi leghisti: Luca Zaia in Veneto e Roberto Cota in Piemonte. “Figurarsi se ho problemi ad andare a votare – spiega Zaia-. Sono convinto che il 75 per cento degli italiani non condivide questa scelta. Io sono contro il nucleare e per l’acqua pubblica”.

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