Digital divide: la Sicilia meglio di Campania e Puglia - QdS

Digital divide: la Sicilia meglio di Campania e Puglia

Rosario Battiato

Digital divide: la Sicilia meglio di Campania e Puglia

martedì 01 Novembre 2011

Un’infrastrutturazione più elevata come emerge dal Rapporto Svimez sull’Economia Mezzogiorno 2011. Per banda larga nei distretti industriali l’Isola ha percentuali competitive

PALERMO – La penetrazione tecnologica rappresenta un passaggio strategico per lo sviluppo delle imprese e, più in generale, per la crescita economica di un’intera area. Sul tema esistono diversi studi, perché il digital divide – il divario esistente tra la parte del mondo in possesso degli strumenti per avere accesso effettivo alle tecnologie dell’informazione e chi ne è escluso in modo parziale o totale – è anche un indicatore per lo stato di salute del tessuto produttivo. Difatti quando affrontiamo l’argomento vanno prese in considerazione non soltanto le disparità tecnologiche, ma anche gli aspetti economici, sociali e culturali di una comunità.
Un divario esagerato all’interno del medesimo sistema paese, pertanto, certifica un’ampia gamma di disuguaglianze strutturali quali il differenziale di reddito, di skills e di strutture organizzative. Il rischio che un’altra diseguaglianza faccia massa critica per allargare il divario tra nord e sud è assai concreto. Lo certificano i dati del Rapporto Economia del Mezzogiorno 2011 della Svimez, che ammettono come il digital divide, e gli altri temi correlati, rischiano di assumere i caratteri di un nuovo dualismo territoriale.
“A partire dalla seconda metà degli anni ’90, – si legge nel rapporto Svimez – è mutato il modo di considerare le ICTs (Information and Communication Technology, ndr) facendo emergere la consapevolezza che tali tecnologie si configurano, a differenza delle precedenti innovazioni tecnologiche, come general purpose technologies e cioè come tecnologie il cui impiego è pervasivo in tutti i settori dell’economia”.
I dati, a livello macro che micro, non confortano affatto. Il World Economic Forum utilizza il Global Competitiveness Index (GCI) per analizzare le potenzialità di crescita dei sistemi economici attraverso la valutazione dei principali fattori di competitività: l’Italia si trova al 48mo posto (su 139 paesi), mentre tra i vari sottoindici il nostro Paese si piazza al 32mo posto per quanto riguarda la generalità dei fattori di innovazione tecnologica e, contemporaneamente, al 117mo posto per domanda di prodotti hi-tech da parte della P.A. Il dramma lacerante resta, però, all’interno del Paese dove il Mezzogiorno prova a compensare un divario preoccupante.
“Nel Mezzogiorno, al 2010, hanno accesso ad internet il 47,2% delle famiglie (erano il 32,5% nel 2006)”. In particolare la Sicilia ha “quasi raddoppiato la quota di famiglie con accesso ad internet”, passando dal 28,6% del 2006 al 44,2% del 2010. Andando in dettaglio si evidenzia come l’87,6% delle famiglie isolane con accesso ad internet utilizzi una connessione a banda larga, mentre l’11,3% mantiene una linea telefonica tradizionale o Isdn. Complessivamente il livello di DD (Digital Divide), che si divide in differenti traiettorie di infrastrutturazione, denota Campania, Puglia e in leggero distacco mentre Sicilia e Sardegna sembrano avere spinto sull’infrastrutturazione più performante lasciando indietro quote marginali, e per così dire “fisiologiche”, di popolazione.
 


Non basta avere il pc. Della banda larga si serve solo il 66,2% delle imprese al Sud
 
PALERMO – Il concetto di digital divide non rappresenta un indicatore esauriente per comprendere la necessità dello sviluppo del patrimonio tecnologico di un paese. Il rapporto Svimez 2011 sull’Economia nel Mezzogiorno, infatti, spiega come ormai possa anche parlarsi di “superamento del concetto di digital divide, inteso come distinzione dicotomica tra chi possiede e chi non possiede le tecnologie (hardware) dell’informazione e della comunicazione, per giungere a un più articolato concetto di digital inequality, dove la disuguaglianza tecnologica si misura in rapporto alla capacità d’impiego delle tecnologie ICTs quale volano per la produttività”. In buona sostanza non sarebbe sufficiente avere “avere un PC in azienda per sperimentare i productivity gains associati, nell’immaginario collettivo, alla new economy; a tal fine, le imprese devono dotarsi di una struttura produttiva in grado di trarre reali benefici dall’impiego delle ICTs e di una forza lavoro opportunamente (ri)qualificata”. La Sicilia, che già patisce un preoccupante distacco in termini di accesso al collegamento internet, lamenta un ulteriore complicazione sul fronte aziendale. Si tratta di dati macro, che quindi coinvolgono l’intero Meridione, ma servono comunque a dare un’indicazione complessiva del sistema: nel Sud c’è il 93,6% delle imprese con PC, ma solo il 66,2% mantiene la connessione in banda larga.
 
Un risultato non esaltante se paragonato al resto d’Italia dove, ad esempio, il Nord-Ovest mantiene il 97,8% delle imprese con PC e il 75,8% con connessione in banda larga. Il dato crolla quando si affronta la diffusione delle infrastrutture ICT tra micro e piccole imprese: 59,8% con Pc al Sud contro il 79,7% del Nord-Ovest, mentre il 69,9% ha la banda larga contro l’85,5% del Nord-Ovest.
 


32 milioni € spesi nella nostra Isola per 719 kilometri di fibra ottica nel 2010
 
PALERMO – Il concetto di digital divide avanza parallelamente all’evoluzione delle strutture tecnologiche. Il rischio è che ad ogni avanzamento corrisponda un allargamento dell’abisso tra le varie realtà regionali. Ad esempio Sicilia e Sardegna hanno preferito privilegiare uno sviluppo di grande prospettiva, accentuando, al contempo, le differenze interprovinciali. Una scelta differente rispetto altre regioni meridionali, come Calabria e Basilicata, che, invece, mantengono la presenza di un alto numero di linee tradizionali su cui non possono essere veicolate tutte quelle applicazioni e quei servizi che hanno necessità, invece, di una infrastruttura ad alta velocità che, in tali regioni, presenta significative carenze.
Lo stato dell’arte è stato definito nel dossier Svimez 2011 sulle economie regionali nel mezzogiorno. Tra il 2005 e il 2008 nel Sud del Paese sono stati posti in opera 1.879 km di cavi. La porzione più rilevante è stata assegnata proprio alla Sicilia, che ha totalizzato 594 km di cavi, pari al 31,6% del totale installato in tutte le regioni meridionali.
In Italia l’ammodernamento della rete ha avuto come protagonista la Infratel, una società di scopo appositamente costituita per realizzare le infrastrutture da mettere a disposizione agli operatori per l’erogazione di servizi avanzati. La dotazione complessiva per gli interventi operati nel meridione è stata di 400 milioni di euro ed ha riguardato principalmente collegamenti in fibra ottica tra le centrali telefoniche portando la banda larga nelle zone non servite.
L’attuazione al 2010 certifica 32 milioni di euro spesi in Sicilia per 719 chilometri di fibra ottica.
Complessivamente per il Mezzogiorno sono stati spesi 114 milioni per 2.200 km di fibra ottica. La predominanza accordata ai finanziamenti al Sud in questa prima fase –  114 milioni di euro contro poco più di 36 milioni al centro-nord – viene in parte equilibrata nella seconda fase con una proiezione al 2012, dove al centro-nord andranno 257 milioni di euro contro poco meno di 125 milioni per il sud. Cambiano anche le prospettive in termini di chilometraggio di fibra ottica.
Per quanto riguarda l’impiego che dei siti web aziendali fanno le piccole e piccolissime imprese italiane, emerge chiaramente la funzione di “vetrina” svolta da tali siti: quasi la totalita delle imprese che posseggono un sito web dichiara di impiegarlo per fornire informazioni generali relative all’azienda, mentre circa i tre quarti delle imprese dotate di sito web dispone di un catalogo on-line dei prodotti. Inoltre, circa il 41% delle imprese dotate di un sito web dispone anche di una versione in lingua inglese dello stesso. La situazione cambia radicalmente se passiamo a considerare l’impiego del sito web per lo svolgimento di attivita piu avanzate quali l’e-commerce. Il numero di imprese che usa il sito web per l’e-commerce non raggiunge il 4%.
 

 
Finanziamenti Ue. Per realizzare infrastrutture ad alta velocità
 
PALERMO – Il passaggio “ad una società della conoscenza comporta l’adozione di infrastrutture ad alta velocità di comunicazione”, documenta il dossier Svimez 2011 sulle economie regionali. Passata una prima fase di ristagno nel 2009 è ripreso il piano governativo per la banda larga a 20 Mbps, anche in funzione di cospicui stanziamenti europei (5 miliardi per le aree rurali di cui 1 miliardo per le infrastrutture digitali). Altri interventi hanno riguardato, con un finanziamento di 100 milioni di euro, la realizzazione di infrastrutture di collegamento in fibra per 73 distretti industriali che mancano di connettività ad alta velocità. Proprio nelle regioni a più alta concentrazione di distretti (Marche, Toscana, Emilia Romagna, Veneto, Lombardia), vi è scarsa disponibilità di connettività con velocità superiore a 20 Mbps, mentre la copertura della rete a 7 Mbps risulta migliore. Per la Sicilia buona la performance per ADSL (7 Mbps), pari all’88,3%, ma non decolla ancora il dato per ADSL 2 + (>20 Mbps), pari al 7,9%.

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