L’import di prodotti sovrasta quelli locali - QdS

L’import di prodotti sovrasta quelli locali

Massimo Mobilia

L’import di prodotti sovrasta quelli locali

mercoledì 14 Dicembre 2011

Rapporto 2011 “Impresa e competitività” Srm-Obi: nel decennio 1995/2005 crollo dell’export del 26,6 per cento. Per la scarsa internazionalizzazione delle imprese, l’Isola più arretrata di Basilicata, Abruzzo e Molise

PALERMO – Le imprese siciliane sono in profonda crisi, in costante peggioramento negli ultimi anni, come abbiamo avuto modo di osservare attraverso i numeri del Rapporto 2011 “Impresa e Competitività” della Srm – Studi e Ricerche per il Mezzogiorno, e Obi – Osservatorio Regionale Banche, Imprese di Economia e Finanza, che ha focalizzato l’attenzione sulle aziende delle otto regioni del Sud nei quattro principali settori: manifatturiero, edile, turismo, informatica e telecomunicazioni (Ict). Nelle tre puntate precedenti abbiamo visto come in Sicilia il panorama delle aziende soffra sotto tutti i punti di vista: ordini in calo, fatturati in rosso, capacità produttiva eccedente rispetto alla domanda di mercato, investimenti fermi, licenziamenti in crescita e finanze aziendali compromesse.
Insomma chi più ne ha più ne metta, e oggi, per chiudere la nostra riflessione sull’indagine, analizziamo lo stato dei rapporti commerciali delle imprese con l’estero. Una riflessione dovuta perché il modello di sviluppo dell’economia italiana è di tipo "exportled", cioè trainato dalle esportazioni, che nel caso delle Regioni viene definito "external-led", ovvero esportazioni verso l’esterno inteso sia come paesi esteri che come la parte restante del territorio nazionale. Caratteristica ancora più marcata nelle Regioni meridionali come confermano recenti studi della Banca d’Italia, secondo cui è questo il principale modello di sviluppo delle imprese del Sud, minacciato però da importazioni dall’esterno che eccedono in misura sempre maggiore le produzioni locali e le esportazioni.
E la Sicilia non fa certo eccezione, come dimostrano i dati raccolti dall’Obi: nel decennio 1995/2005, secondo lo studio "Sviluppo, rischio e conti con l’esterno delle regioni italiane", l’Isola ha registrato un saldo dei conti commerciali con l’esterno del -26,6%, la peggior perfomance tra le otto regioni del Sud ad eccezione della Calabria (-31,3%). Nello stesso periodo ha pesato la scarsa internazionalizzazione delle imprese siciliane visto che nei rapporti con l’estero la Sicilia ha avuto la peggiore bilancia commerciale (-9,7%), a differenza di altre regioni come Basilicata, Abruzzo e Molise che hanno segnato un saldo positivo. La restante parte negativa del saldo (-16,9%) è legata invece ai commerci con il resto del territorio nazionale. Percentuali che, lo ricordiamo, rappresentano una perdita percentuale rispetto al Pil regionale.
Dati più recenti dimostrano che la situazione è rimasta invariata. Dall’elaborazione dell’Ufficio studi di Unicredit su analisi di Prometeia e Istat, è emerso infatti che nel 2007 la Sicilia presentava una bilancia commerciale in negativo con l’esterno di ben 26,7 punti, ancora una volta seconda solo alla Calabria che ha mantenuto la maglia nera tra le regioni del Sud (-30,2%). Seppur in calo, l’Isola ha mantenuto anche il saldo negativo più alto nei commerci con i paesi esteri (-7,3%), affiancata dalla Sardegna, mentre è peggiorato il saldo commerciale con il resto del territorio nazionale (-19,2%). Gli addetti ai lavori aspettano adesso di potersi confrontare con i dati successivi al 2007 su cui comunque le previsioni non sembrano per niente rassicuranti.
Di fatto, alla fine di ogni anno le otto Regioni meridionali, senza eccezioni, si sono ritrovate con un potere di acquisto inferiore a quello d’inizio anno a causa del deflusso di risorse attraverso gli scambi commerciali con l’esterno, principalmente quelli con il resto del territorio nazionale. L’estero resta una opportunità, ma l’interno è un’amara realtà. Finiti i tempi dei grandi trasferimenti pubblici compensativi per il Mezzogiorno, agli imprenditori di casa nostra non resta che rimboccarsi le maniche per fare di necessità virtù.
 

 
Il Mezzogiorno come una “pentola bucata”
 
Il Sud come una grande “pentola bucata”. È questa la significativa immagine che gli analisti del Rapporto hanno scelto per identificare il mancato sviluppo delle regioni meridionali, il cui impegno per sopravvivere economicamente è stato definito “stress da compensazione” prima ancora che "stress da sviluppo" che accumuna invece tutto il Paese. Tralasciando i fattori antropologico-culturali che da secoli frenano lo sviluppo del Meridione, dagli studi fatti si è arrivati a tre conclusioni.
La prima: nel Mezzogiorno vi sono comunque forze capaci di stare sul mercato anche in condizioni di difficoltà; la seconda: i trasferimenti pubblici compensativi tengono elevato lo standard di benessere delle popolazioni meridionali consentendo di importare prodotti e servizi del Centro-Nord (che nel frattempo cresce); terzo: il problema principale non sono i rapporti con l’estero, ma quelli con il resto del territorio.
Così, senza conquistare competitività all’interno, gli squilibri verso l’esterno non trovano compensazione nelle esportazioni nette, anzi talvolta aggravano il problema del deflusso di potere di acquisto. In questo modo, la strada spesso intrapresa e sostenuta con interventi pubblici (partecipazione a fiere e mercati, viaggi d’affari, pubblicità, ecc.) di ricercare maggiori esportazioni all’estero, passa attraverso la conquista di spazi di domanda interni. Anche se abbiamo visto che nel caso della Sicilia, la situazione resta particolarmente critica anche nella bilancia commerciale con l’estero.

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