Beni culturali e cultura 2.0. Una vetrina appannata - QdS

Beni culturali e cultura 2.0. Una vetrina appannata

Gabriele Barone

Beni culturali e cultura 2.0. Una vetrina appannata

martedì 03 Gennaio 2012

Scarsa visibilità online: manca in Sicilia una cultura 2.0 indispensabile per uno sviluppo sociale ed economico. Visitatori e incassi nei musei siciliani in costante calo senza adeguate strategie di comunicazione

CATANIA – In che modo la Sicilia comunica su Internet il suo immenso patrimonio culturale? Riesce un utente remoto a cogliere la nostra offerta culturale e turistica e a formulare una domanda culturale incentrata su quell’offerta?
A questi interrogativi cerca di rispondere un volume, edito da Giuseppe Maimone Editore di Catania, intitolato “La visibilit@ sul web del patrimonio culturale siciliano. Criticità e prospettive attraverso un survey on-line” che analizza la qualità della comunicazione culturale siciliana sul web, realizzando un mapping on-line su un totale di 14 portali.
Perché quest’analisi? Perché oggi un’adeguata visibilità sul web costituisce un fattore fondamentale per qualsiasi impresa, anche culturale, per contribuire alla crescita e allo sviluppo locale.
Il survey ha consentito una sorta di censimento (442 siti culturali distinti per provincia), ma si è soprattutto rivolto ad una valutazione del grado di raggiungimento del duplice obiettivo della valorizzazione (funzionale a scopi strettamente culturali) e della comunicazione di informazioni (funzionale a interessi strettamente turistico-culturali) del nostro patrimonio, sia da parte delle istituzioni competenti sia da parte di quei portali turistico-culturali che fanno offerta culturale indiretta (cioè quella che l’economista A. Buttà definisce “offerta privata di un bene pubblico”).
La mancanza generale a livello di politiche turistico-culturali regionali di un unico core strategico pesa anche a livello di comunicazione e valorizzazione avanzata persino per alcuni di quei musei e di quei siti che, nel (piccolo) panorama culturale e turistico siciliano, sono considerati delle superstar. Manca un’efficiente complementarietà e integrazione fra il sistema informativo museale istituzionale on-line e quello turistico-culturale.
Escludendo qualche eccezione segnalata nel volume (che non è in distribuzione nelle librerie, ma prenotabile scrivendo a: libri@maimone.it. oppure compilando il modulo al link: www.maimone.it/guida-multimediale-siti-siciliani.asp), è stato delineato un panorama molto arretrato sull’effettiva visibilità dell’offerta digitale culturale siciliana rispetto alle tendenze contemporanee. Si tratta di una valorizzazione digitale negata del nostro patrimonio culturale.
Nella Parte III del volume sono schedati 96 websites museali, di cui 10 relativi a musei siciliani interamente virtuali (75 pertinenti siti culturali variamente indicati sui portali, 21 rintracciati diversamente; il censimento arriva a un totale di 463 siti culturali); ognuno dei websites è anche direttamente accessibile fotografando l’apposito Qr Code con il proprio smartphone o IPhone.
Nell’analizzare l’architettura dei siti web si è rivolta attenzione alla tipologia e alla qualità della loro offerta informativa e contenutistica. Alla fine di ogni scheda è indicata la visibilità che si è riscontrata durante il survey di quel sito culturale e quella che sui portali aveva, invece, il sito web (spesso non c’è corrispondenza fra le due citazioni).
Scopo finale del volume è l’indicazione di più corrette e moderne strategie di web marketing culturale e di comunicazione avanzata; come tale, diventa un utile manuale per chi voglia capire come comunicare e valorizzare il patrimonio in modalità 2.0.
 


L’approfondimento. Turisti a Pompei tre volte di più di Agrigento e Piazza Armerina
 
Con molta onestà, dobbiamo ammettere che le nostre superstar culturali e turistiche sono ben lontane dagli standard delle superstar italiane. Confrontando i dati forniti per il 2010 dalla Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Napoli e Pompei con quelli del nostro Dipartimento Regionale, il parallelo appare ben più che scoraggiante: la sola Pompei ha registrato 2.319.668 visitatori; nello stesso anno la Villa del Casale segna 276.421 visitatori e la Zona Archeologica Valle dei Templi – Kolimbetra 460.452. Questi siti archeologici, fiore all’occhiello del nostro turismo culturale che nulla hanno da invidiare a Pompei, ‘viaggiano’ su un rapporto di quasi 1 visitatore a 5 per Agrigento e di 1 a 10 per la Villa del Casale. Scendendo nello specifico di siti culturali minori (quel patrimonio che, per ammissione dello stesso Ufficio Studi del MiBAC “langue nel semioblio”), il panorama è ancora più desolante. Il patrimonio regionale ha registrato per il 2010 un totale di 3.367.826 visitatori (di cui paganti ‘solo’ 1.880.077) per un incasso di € 12.399.611,40.
Sono davvero questi i numeri che il nostro patrimonio culturale archeologico ed artistico – che il mondo ci invidia – merita? O, piuttosto, c’è qualcosa di profondamente sbagliato nel nostro sistema culturale e turistico?
 

 
Le nuove tecnologie per valorizzare il capitale culturale siciliano
 
La valorizzazione del patrimonio culturale passa oggi attraverso le nuove tecnologie e, di conseguenza, deve essere una valorizzazione avanzata che sia in grado di potenziare il valore del capitale culturale della società siciliana, consentendone il pieno svilupparsi in un capitale culturale digitale.
Il web oggi costituisce la piattaforma su cui italiani e, soprattutto, stranieri costruiscono i propri viaggi. I nostri diretti competitors culturali comunicano meglio la loro offerta culturale: ciò significa che l’utente remoto cui non è data la possibilità di cogliere una specifica offerta culturale siciliana sul web non sarà mai spinto a formulare quella specifica domanda culturale. Quando mancano strategie di visibilità e di rintracciabilità on-line dell’informazione culturale, quando il nostro patrimonio è comunicato male, con informazioni erronee o antiquate, con links non funzionanti, con siti web poco attraenti e solo in italiano, il risultato sarà certamente uno sfiancamento dell’utenza remota (soprattutto straniera) che, non messa nelle condizioni di identificare velocemente l’informazione culturale senza perdersi nel mare magnum del Web, preferirà alle nostre ben altre mete.
 
E.B.

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