Banche siciliane quasi scomparse - QdS

Banche siciliane quasi scomparse

Maria Francesca Fisichella

Banche siciliane quasi scomparse

mercoledì 22 Luglio 2009

Rapporto Svimez 2009: verso la liquidazione di un autonomo sistema bancario, dal 66 per cento nel 1990 a meno di un terzo. Ripercussioni negative sulle Pmi. Le banche locali conservano sempre le prestazioni migliori

PALERMO – Un sistema produttivo in agonia, per il quale servono stimoli di rilancio, impensabili se non attraverso un rafforzamento del canale creditizio. Ecco il messaggio che ci giunge dal Rapporto sull’economia del Mezzogiorno 2009 elaborato dalla Svimez (Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno). Un’analisi del processo di trasformazione iniziato negli anni ’90 nel sistema bancario italiano, ha messo in evidenza gli effetti problematici prodotti nel Sud Italia.
La scia di fusioni e acquisizioni, avente come obiettivi la diffusione di economie di scala e una maggiore efficienza gestionale, se da un lato ha allineato la densità bancaria alla media europea, dal punto di vista territoriale ha visto, però, la trasformazione del sistema bancario italiano, sconvolgendo gli assetti proprietari delle banche meridionali; segnando la liquidazione di un autonomo sistema bancario. La quota di sportelli facenti capo a banche meridionali indipendenti è passato così dal 66 per cento nel 1990 a meno di un terzo del totale. Il modello della “banca-rete”, racchiude in sé l’esigenza di migliorare l’efficienza allocativa, la razionalizzazione dei processi lavorativi, la standardizzazione delle attività di vendita, l’adozione di modelli quantitativi di valutazione del rischio e un accentramento di funzioni decisionali presso le sedi centrali, il che pregiudica il concetto di prossimità e personalizzazione del servizio.
Tutto ciò si è ripercosso negativamente, con particolare intensità sulla (piccola e media) clientela meridionale, che ha visto accrescere il progressivo “impoverimento di contenuti” nel rapporto banchiere-affidato. È stato rilevato che le banche di dimensione minore, gestite in forma cooperativa, a forte radicamento territoriale, presentano prestazioni migliori rispetto a quelle esibite dalle banche “a rete” dei grandi gruppi esterni al Mezzogiorno, poichè il modello della banca locale di dimensione regionale è in grado di sviluppare forti relazioni con le imprese affidate.
Gli effetti più vistosi del consolidamento di questo sistema bancario “a rete” nel Mezzogiorno si traducono in una drastica riduzione del numero di imprese affidate, in particolare di quelle di dimensioni minori, per loro natura opache (ovvero in grado di produrre un flusso informativo più eterogeneo).
Così lo scenario della “rete creditizia” se, da una lato, risulta quantitativamente accresciuta nelle regioni meridionali, dall’altro, si rivela relativamente più fragile ed inadeguata funzionalmente ad accompagnare lo sviluppo di tante imprese minori su cui si fonda l’economia del Mezzogiorno.
Visti i fatti, auspicabile potrebbe essere promuovere un significativo irrobustimento della “rete” di banche locali. Inoltre, sempre più urgente appare la necessità di una rapida riforma del sistema dei Consorzi di Garanzia Collettiva Fidi meridionali. La riforma dei Confidi può costituire, infatti, uno strumento a disposizione delle imprese associate nel rapporto con le banche, per favorire l’accesso al credito a condizioni mediamente più favorevoli di quelle altrimenti ottenibili da un’impresa non associata. Le autonomie locali (specie quelle regionali) potrebbero giocare un ruolo determinante: dovrebbero pensare ad innescare processi di coordinamento, confidando sul fatto che vi è un’aspettativa proprio in questo senso da parte di tanti operatori, sia sul versante bancario che su quello dell’impresa.

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