Grazie al monitoraggio continuo del battito cardiaco e dell’ossigenazione del sangue con questi strumenti tecnologici si potrebbe ridurre la trasmissione del virus
Utilizzati come “contapassi”, ora smartwatch e “fitness
trackers” immagazzinano una quantità tale di dati da poter essere usata per
fare diagnosi di Covid prima che si manifestino i sintomi. Diversi studi
in questo senso, racconta la rivista Ieee Spectrum, stanno cercando
algoritmi in grado di sfruttare il monitoraggio continuo di parametri come il
battito cardiaco, l’attività fisica, e negli ultimi modelli anche
l’ossigenazione del sangue.
Fra i primi a sviluppare un sistema predittivo ci sono stati
i ricercatori dello Scripps Research, che hanno sviluppato una
app chiamata MyDataHelps come parte di uno studio che monitora i
cambiamenti nel sonno, nel livello di attività e nel ritmo cardiaco.
Anche Fitbit, che produce uno dei fitness più
usati, sta mettendo a punto un algoritmo che rileva il Covid-19 prima della
comparsa dei sintomi. L’università di Stanford invece ha sviluppato un
sistema di alert che funziona con qualsiasi dispositivo indossabile.
L’algoritmo registra variazioni ‘sospette’ dei parametri, e lancia un avviso
che può essere ‘giallo’ o ‘rosso’ all’utente.
“Questo tipo di sistemi può ridurre la trasmissione del virus –
afferma Michael Snyder, a capo del progetto, che ha già prodotto
uno studio pubblicato da Nature Biomedical Engineering -. Nel 70% dei
casi riesce a indicare un’infezione prima dei metodi tradizionali”.
Alla base di questo e altri progetti, come uno allo studio da parte della Duke
University, si basano sull’osservazione che le infiammazioni, come
quelle provocate dall’infezione, si riflettono prima di tutto su alcuni
parametri del corpo. In caso di problemi respiratori ad esempio il ritmo
cardiaco accelera.
Più che un sistema che da solo fa la diagnosi, difficile da validare, spiega Jessylin Dunn della Duke University, è possibile ottenere un ‘segnale d’allarme’ che può aiutare il medico nel formulare una diagnosi. I benefici potrebbero andare oltre il Covid, spiega l’esperta. “Quello che stiamo imparando dal Covid usando questi dispositivi indossabili si potrà tradurre in futuro in un impatto su altre condizioni e patologie.
L’importante è raccogliere molti dati su persone che hanno determinate patologie, che possono farci distinguere ad esempio tra diabete e malattie respiratorie”. Anche in questo caso c’è chi è già al lavoro. Il Mount Sinai Health System ad esempio sta sviluppando un algoritmo che predice le infiammazioni intestinali, dalla colite ulcerosa al morbo di Crohn, sempre grazie ai dispositivi indossabili.