Climate change, città siciliane nell’occhio del ciclone - QdS

Climate change, città siciliane nell’occhio del ciclone

Climate change, città siciliane nell’occhio del ciclone

giovedì 18 Marzo 2021

Il 70% dei Comuni siciliani è a rischio di eventi estremi, eppure né la Regione né le Città metropolitane hanno adottato un Piano di azione organico. Intervista esclusiva a Sergio Castellari

Affrontare il cambiamento climatico, oggi non vuol dire più solamente cercare di diminuire le immissioni in atmosfera di gas serra, ma anche adattare i centri urbani agli eventi sempre più frequenti e intensi causati dal climate change. Perché anche con il raggiungimento degli obiettivi mondiali di riduzione della CO2, l’innalzamento delle temperature globali non finirà la sua corsa dall’oggi al domani. Lo si può già notare dagli eventi metereologici estremi (come piogge intense, trombe d’aria e raffiche di vento) che colpiscono il nostro Paese: dal 2010 al 2020 sono stati 9.082, secondo i dati dell’European severe weather database (Eswd); oltre 405 hanno colpito la Sicilia e di questi più della metà (circa 271) è avvenuta negli ultimi 5 anni, dal 2015 al 2020.

Ad essere più colpite sono le città, che subiscono anche gli effetti delle ondate di calore e della siccità. Fenomeni che nell’Isola hanno portato a rischio desertificazione il 70% del territorio. Oltre ad abbassare le emissioni di CO2 in atmosfera, quindi, è evidente che è altrettanto importante che le città italiane applichino strategie di adattamento ai cambiamenti climatici, come del resto si fa già da diversi anni nel resto d’Europa.

Da questo punto di vista, i Comuni siciliani stanno facendo un pessimo lavoro. Il 70% dei paesi dell’Isola, secondo il rapporto CittàClima 2020 di Legambiente, è a rischio eventi estremi e “le amministrazioni ancora non sembrano aver posto le tematiche della prevenzione tra le priorità del loro lavoro”. Non solo, le Città metropolitane hanno fatto poco e niente: nessuna ha approvato un Piano di azione per l’energia sostenibile e il clima (Paesc), tutte hanno dei vecchi piani scaduti nel 2020 (i Paes) che non hanno raggiunto gli obiettivi di riduzione delle emissioni prefissati.

Quella di dotare le città di piani di adattamento ai cambiamenti climatici è una direzione già ampiamente intrapresa dalla politica europea, ma non ancora percorsa fino in fondo da quella italiana. La prima iniziativa è stata intrapresa nel 2008, quando la Commissione europea ha lanciato il Patto dei sindaci, un’iniziativa che mette in rete le città che intendono avviare un insieme coordinato di iniziative per la lotta ai cambiamenti climatici, impegnandosi a diminuire le loro emissioni di CO2 del 40% entro il 2030 e ad elaborare un Paesc entro due anni.

Questo Patto è stato sottoscritto da ben 375 comuni siciliani su 391. Ad oggi, ad avere presentato la relazione di monitoraggio prevista, sono solo in 41 e quasi nessuno ha raggiunto gli obiettivi che si era impegnato a raggiungere. Successivamente, nel 2013, la stessa Commissione ha adottato la Strategia Ue di adattamento ai cambiamenti climatici, documento che è stato da poco aggiornato (il 24 febbraio scorso) per tenere conto degli sviluppi internazionali e degli impatti maggiori dei cambiamenti climatici.

A recepire il cambio di passo nella lotta ai cambiamenti climatici l’Italia ci mette un po’ e nel 2015, con il Decreto direttoriale dell’allora ministero dell’Ambiente (oggi della Transizione ecologica) n. 86, è stata approvata la Snacc (Strategia di adattamento ai cambiamenti climatici) che identifica nei piani d’azione nazionali, regionali e locali, il suo punto di forza.

La Snacc è sfociata successivamente nel Pnacc (Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici) che è stato redatto nel 2017 e da allora è fermo al ministero in attesa di approvazione (solo a fine febbraio 2021 è stata avviata la fase di scoping per la Valutazione ambientale strategica). Insomma, sono molte le pressioni sugli Enti locali affinché si dotino di Paesc e di piani di adattamento, ma senza un obbligo di legge e senza un piano nazionale vero e proprio, le città si sono mosse in ordine sparso.

Nella lentezza generale si trovano delle eccellenze in Italia. Manco a dirlo, nessuna è siciliana. In Lombardia c’è Milano: una città invasa dal cemento, che si sta scaldando molto rapidamente e che deve anche fare i conti con le esondazioni del Seveso. Capiti i suoi problemi, il Comune di Milano ha deciso di mettere al centro di tutte le sue politiche il tema dell’adattamento ai cambiamenti climatici. Ad esempio, con il Ric (Indice di riduzione di impatto climatico) per le ristrutturazioni edilizie che è necessario per ottenere tutte le autorizzazioni e con il progetto Forestami che prevede la piantumazione di tre milioni alberi entro il 2030. Altra eccellenza del campo è la regione Lombardia, che già nel 2016 aveva approvato il Documento di azione regionale per l’adattamento al cambiamento climatico della Lombardia con il Dgr n.6028 del 19 dicembre.

In Sicilia la situazione è ben diversa. Infatti, i comuni dell’Isola, oltre a scontare l’assenza di un piano nazionale, devono fare anche i conti con l’assenza di una strategia regionale che individui ambiti prioritari su cui agire, come invece fa il modello lombardo.

L’unica norma che spinge i centri urbani siciliani a costruire dei piani di adattamento è il Ddg n. 908 del 26 ottobre 2018, il cui unico scopo è la ripartizione di risorse finanziarie, per ben 6.584.225,31 €, ai Comuni per la redazione del Paesc e l’assunzione di un energy manager. I contributi più grossi sono andati alle tre città metropolitane: Palermo, Catania e Messina, che hanno ricevuto rispettivamente 82.573,50 €, 46.339,60 € e 23.696,20 €. Nonostante lo stanziamento di queste somme, la Regione non obbliga i Comuni a presentare il documento ambientale entro una certa data, ma solamente ad inserire i dati di monitoraggio e quelli dell’inventario di base delle emissioni in un’apposita banca dati regionale, con l’impegno di aggiornarli per almeno due anni dall’erogazione del contributo.

Palermo, parla l’assessore Giusto Catania

Palermo è la seconda città siciliana più colpita dagli eventi metereologici estremi. Dal 2010 al 2020, secondo i dati del rapporto CittàClima di Legambiente, sono stati 13 i casi e la maggior parte di essi è stata concentrata nel corso dell’ultimo biennio.

Enormi i danni alle infrastrutture, legati principalmente ad allagamenti dovuti a piogge intense e trombe d’aria (da ricordare l’episodio del 16 luglio 2020, quando la pioggia eccezionale ha provocato l’allagamento di numerosi viali con oltre 200 auto distrutte dalla furia dell’acqua e due sottopassi invasi dal fango). La situazione è ancora più preoccupante se si pensa che la città non è ancora dotata di un Paesc o di un qualsiasi piano di adattamento ai cambiamenti climatici. “Siamo in fase di predisposizione del Paesc – afferma l’assessore all’Ambiente di Palermo, Giusto Catania – in fase di definizione del piano regolatore generale della città di Palermo e siamo in dirittura di arrivo con la redazione del piano urbano per la mobilità sostenibile”.

L’assessore ci ha spiegato come questi strumenti “sono tutti e tre inseriti nella strategia che l’Amministrazione comunale sta attuando per la riduzione delle emissioni inquinanti e come misure di adattamento ai cambiamenti climatici”.
“Nel pratico – continua Catania – gli interventi saranno l’efficientamento energetico degli edifici pubblici e il grande investimento strategico sulla mobilità sostenibile a partire dal completamento della rete tramviaria. Abbiamo 800 milioni di euro disponibili per una riorganizzazione complessiva della rete tramviaria, una prima parte andrà in gara nel giro di qualche mese (entro dicembre di quest’anno) ed entro il dicembre del 2022 dovrà essere individuato il contraente per gli ulteriori 480 milioni di euro. L’altra grande questione è il consumo zero del territorio. Con il piano regolatore ‘la città si costruirà sulla città’. Quindi il riutilizzo del patrimonio immobiliare esistente, l’utilizzo di spazi verdi, l’ampiamento della capacità della città di valorizzare il patrimonio artistico, monumentale e ambientale del nostro territorio”. Iniziative di certo in linea con quelle previste dall’Ue e dall’Italia ma che ancora non sono partite, mettendo sempre più a rischio la città e il suo patrimonio.

“Noi abbiamo già cominciato, non siamo fermi – conclude l’assessore -. Abbiamo attuato delle scelte che vanno incrementate. Sono strategie che si attuano nel tempo. Noi ci sentiamo dentro questo percorso. Probabilmente scontiamo un ritardo consolidato di almeno 50 anni però ci sentiamo parte di questo processo, condividiamo questa strategia e stiamo attuando delle misure che sono organiche a questa strategia”.

climatologo-Sergio-Castellari

Intervista esclusiva a Sergio Castellari, climatologo dell’Ingv

“In Sicilia è prioritario intervenire sulle città”

– I piani di adattamento ai cambiamenti e i piani di mitigazione sono strumenti che tutte le città dovrebbero avere. Di questo è convinto il climatologo dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), Sergio Castellari, che è anche colui che ha coordinato il lavoro tecnico-scientifico preparatorio che ha contribuito alla realizzazione della Snacc.

Perché la Sicilia è colpita in modo particolare da eventi estremi come le sempre più frequenti piogge intense e le ondate di calore?
“Il Sud Europa è già più colpito dagli impatti dei cambiamenti climatici rispetto al Nord Europa. Questo è dimostrato dalle evidenze scientifiche raccolte negli ultimi anni. La Sicilia si trova nell’area Mediterranea. Il Mediterraneo è stato individuato come uno degli ‘hot spot’ climatici: una area colpita e che potrà essere colpita in futuro da intensi impatti dei cambiamenti climatici. Particolari condizioni meteo-climatiche attuali e future del Mediterraneo insieme ad una alta vulnerabilità del territorio creano e una situazione favorevole ad un aumento del rischio climatico. Il riscaldamento globale innesca vari impatti rilevanti in molte aree del Mediterraneo: ondate di calore più intense e frequenti, siccità, innalzamento del livello medio dei mari con conseguente aumento dell’erosione costiera e anche aumento degli eventi di intensa precipitazione e conseguenti alluvioni. La Sicilia trovandosi in questo hot spot Mediterraneo è quindi vulnerabile a questi impatti climatici. Tenendo conto di queste vulnerabilità dobbiamo iniziare presto ad agire in maniera efficace sulla resilienza del territorio italiano e siciliano”.

Un territorio come può diventare più resiliente rispetto al cambiamento climatico?
“Pianificando delle strategie di adattamento a livello nazionale, regionale e locale. Dopo una buona pianificazione dove si analizza il profilo climatico, si devono analizzare le possibili azioni di adattamento da attuare e si inidividuano quelle prioritarie. In Sicilia, come in altre regioni italiani, le città sono sicuramente tra le aree prioritarie, perché sono colpite da ondate di calore e da eventi di intensa precipitazione che possono provocare ingenti danni ambientali, sanitari e socioeconomici. Ad esempio, bisogna rendere resilienti tutte la rete idrica e fognaria, al fine di poter prevenire e ridurre gli impatti di ondate di calore e di eventi di intensa precipitazione. Bisogna anche cercare di iniziare a pianificare, dove non è stato fatto, coltivazioni agricole meno idro esigenti. Queste azioni sarebbero un primo passo, anche perché se si riducessero le emissioni di gas serra, come si dovrebbe fare già da adesso, gli effetti non si vedranno subito. Quindi dobbiamo adattarci agli impatti in corso e a possibili impatti futuri non evitabili. Prima agiamo con l’adattamento e con la mitigazione (riduzione delle emissioni), prima ne vedremo gli effetti benefici”.

Quanto è grave il fatto che in Sicilia il Paesc e i piani di adattamento delle principali città ancora sono in fase di predisposizione?
“Secondo me è un grave danno che probabilmente è prodotto da una non chiara consapevolezza della sfida dei cambiamenti da parte dei decisori politici. Molti piccoli comuni hanno aderito al patto dei sindaci ma poi incontrano difficoltà nel pianificare ed attuare un piano locale di adattamento per scarsa capacità istituzionale e tecnico-scientifica (ad esempio non riescono a realizzare una valutazione dello stato climatico del comune). Questo non deve essere però un freno. Se la Regione realizza un piano regionale di adattamento con un’allocazione di fondi, questo può servire da driver per le azioni locali. Quindi è necessario al più presto sviluppare una governance verticale e orizzontale che veda una azione congiunta tra il livello regionale e locale.”.

Quali sono gli strumenti a disposizione degli Enti per costruire i piani di adattamento o il Paesc?
“Per l’adattamento locale, ricordo che esiste lo strumento on-line denominato Urban adaptation support tool che è realizzato dal patto dei sindaci per il clima e l’energia e che si trova nella piattaforma europea per l’adattamento Climate-Adapt. Questo strumento è una guida in diverse fasi che spiega come costruire ed attuare un piano locale di adattamento. La prima fase è il coinvolgimento dei portatori di interesse e la costruzione della governance; poi bisogna capire come gestire il tema dell’adattamento a livello locale, costruire un profilo climatico e una strategia, selezionare i settori prioritari e attuare il piano. L’ultima fase è il monitoraggio, il reporting e la valutazione delle azioni, perché bisogna cercare di evitare di usare fondi non necessari o pochi fondi. Questo non permetterebbe il raggiungimento degli obiettivi del piano locale di adattamento. Se questo non basta, la stessa piattaforma è piena di informazioni scientifiche, di scenari climatici e di casi studio”.

Catania, interviene l’assessore Fabio Cantarella

Pianificazione all’anno zero, “Lavoriamo sulla forestazione”

fabio-cantarellaA Catania la situazione sembrerebbe essere un po’ migliore dal punto di vista climatico: la città è stata colpita da otto eventi estremi in dieci anni. Decisamente meglio di Palermo e Agrigento. Uno dei più gravi è accaduto il 2 novembre 2015, quando una frana causata dalle intense piogge ha interrotto per 20 giorni l’approvvigionamento idrico nella zona compresa tra Fiumefreddo e Calatabiano. Questo è solo uno dei tanti esempi di come una gestione sbagliata del territorio e una scarsa considerazione delle aree a rischio idrogeologico, unite all’assenza di piani di adattamento ai cambiamenti climatici, gravano sui centri urbani anche quando gli eventi sono pochi.

“Per quanto concerne il Paesc – dichiara l’assessore all’Ambiente, Fabio Cantarella – abbiamo da poco deliberato in Giunta il passaggio delle competenze dall’assessorato all’Ambiente a quello dell’Urbanistica per quanto riguarda l’iter procedimentale. L’abbiamo deliberato due settimane fa perché il funzionario che se ne occupava è andato in pensione e non avevamo professionalità adatte qui in assessorato per seguire l’iter, mentre lì abbiamo individuato figure professionali che possono occuparsene. Adesso l’Iter è in capo all’ingegnere Bisignani che è il direttore dell’urbanistica che ha già nominato il Rup nella figura di Gregorio Cubito. Adesso siamo nella fase in cui dobbiamo dare l’incarico all’università per proseguire l’iter”.

Insomma, solo rimpalli di competenze ma ancora nessun piano. Per quanto riguarda, invece, le misure di mitigazione degli eventi estremi qualche cosa in più è stata fatta dall’Amministrazione. “Abbiamo disposto un disciplinare che prevede varie misure – continua Cantarella – tra cui quella della forestazione urbana su cui ci stiamo spendendo molto. Nel primo anno abbiamo sposato un progetto di Legambiente ‘100 alberi per Catania’ ma poi abbiamo anche fatto un progetto nostro grazie alla Democrazia partecipata 2000 alberi per Catania’ che abbiamo già piantumato tutti. Poi è prevista anche la creazione di serbatoi per le forti piogge e un progetto relativo all’adattamento e alla resilienza ai cambiamenti climatici. Per quanto concerne il profilo climatico – conclude – ci siamo avvalsi di studi dell’Unict. I fenomeni che colpiscono di più la città sono ondate di calore, bombe d’acqua e ultimamente anche trombe d’aria. Ognuno di questi fenomeni richiede misure e interventi diversi. L’iter sta comunque proseguendo”.

Dafne-Musolino

Messina, ancora vivo il dramma dell’alluvione del 2009

Nessuna notizia sullo stato di avanzamento del Paesc

Messina è la città metropolitana ad essere stata colpita da meno eventi estremi tra il 2010 e il 2020, solamente quattro nell’ex capoluogo di provincia. Tuttavia, anche nel caso di Messina, si nota la presenza di fenomeni estremamente impattanti sul territorio.

Il più devastante si è verificato il primo ottobre del 2009. In questa occasione, un violento nubifragio ha provocato lo straripamento dei corsi d’acqua e diversi eventi franosi, che hanno causato colate di fango in varie zone della provincia di Messina, causando 37 morti, 95 feriti e sei dispersi. In un evento più recente, accaduto il 17 giugno 2018, invece, un’altra esondazione di torrenti ha causato vari guasti alla rete idrica, blackout e allagamenti delle strade che hanno portato all’isolamento di circa 200 persone.

Purtroppo, sullo stato di avanzamento dei lavori sul Paesc non abbiamo notizia, in quanto l’assessore all’Ambiente del Comune, Dafne Musolino, non ci ha voluto informare in merito (abbiamo provato a contattarla ripetutamente senza successo). Quello che è certo è che nonostante i soldi ricevuti dalla Regione, Messina, così come le altre due città metropolitane, non ha ancora approvato un piano di adattamento ai cambiamenti climatici per cercare di evitare tragedie come quella del 2009.

Per quanto concerne la mitigazione del rischio di eventi estremi però, a dire dell’assessore, qualcosa è stata fatta. L’ultimo commento in merito della Musolino risale al 2019, subito dopo gli attacchi ricevuti dal circolo comunale di Legambiente. “È da chiarire una volta per tutte – aveva chiosato l’assessore – che il Comune ha avviato la messa in sicurezza e la riqualificazione del patrimonio arboreo cittadino, anche mediante la sostituzione degli alberi riconosciuti a rischio schianto e a seguito di analisi visive e strumentali delle ceppaie lasciate lungo le strade e di abbattimenti degli alberi eseguiti dalla precedente Amministrazione, mai sostituite”.

Agrigento, parla l’assessore Gerlando Principato

Città dei templi… e dei disastri, il Comune corre ai ripari

Ad Agrigento sembra che gli effetti del climate change colpiscano più duramente. Infatti, la città dei templi è il centro urbano siciliano più colpito da aventi estremi tra il 2010 e il 2020 (ben 31). Inoltre, le temperature medie sembrerebbero essere incrementate di 4°C negli ultimi quarant’anni. In questi anni, il Comune ha subito 15 allagamenti da piogge intense, sette danni da trombe d’aria e sette alle infrastrutture.

Per affrontare questa situazione, l’Amministrazione comunale si è mossa un po’ in ritardo e lo scorso dicembre ha approvato il Paesc. “Abbiamo provveduto a portare avanti un piano di politiche energetiche – dichiara l’assessore all’Ambiente, Gerlando Principato – per fronteggiare la problematica del rialzo delle temperature. In difesa dell’ambiente abbiamo previsto una proiezione al 2033 con una riduzione del 52% di anidride carbonica tramite la redazione del Paesc”.

Le strategie che abbiamo adottato sono: la realizzazione di percorsi ciclopedonali, la realizzazione di mobilità lenta con pedalata assistita quindi le stazioni di bike sharing distribuite all’interno del centro storico. Abbiamo provveduto anche a pubblicare una manifestazione di interesse per installare colonnine elettriche e incentivare l’utilizzo di mezzi elettrici e stiamo organizzando una serie di Ztl con dei percorsi che limitano l’utilizzo di mezzi e quindi anche l’emissione di CO2 e stiamo provvedendo adesso, con il piano strategico, a pensare sempre più ad una mobilità sostenibile sia in termini energetici sia dal punto di vista della viabilità”.

Inoltre, il Comune sta pensando anche all’efficientamento energetico dei propri edifici scolastici. “Stiamo prevedendo – ha continuato Principato – la rimozione di vecchie caldaie e la realizzazione di infissi, di cappotti termici e la realizzazione di pannelli fotovoltaici sulle coperture degli edifici che migliorano la funzionalità e riducono i costi per l’Amministrazione. Questa politica energetica viene condotta su tre edifici scolastici attraverso il finanziamento di Agenda urbana a cui è stato possibile accedere esclusivamente dopo la realizzazione del Paesc che era un elemento fondamentale per poter arrivare a questi finanziamenti”. Previsto dalla Giunta anche un piano di rimboscamento per quelle zone in cui c’è stata una riduzione degli alberi causata dagli eventi estremi. “Andremo a ricostruire – conclude l’assessore – dove sono state divelte, delle piantagioni che ovviamente con le loro radici tratterranno il terreno e quindi eviteranno che ci siano delle condizioni di instabilità”.

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