Il caso: Antonella, laureata e da 15 anni impegnata esclusivamente nella gestione della casa e dei due figli mentre il marito le nega persino l’accesso al suo conto bancario e alla sua piena autonomia
Nelle storie di violenza, dobbiamo anche considerare tutti quei casi che hanno in comune la sopraffazione economica. Questo tipo di violenza racchiude una serie di atteggiamenti di controllo e monitoraggio nei confronti di una persona, limitandone la libertà sotto la costante minaccia di vedersi negate le risorse finanziarie, la possibilità di avere un lavoro, un’entrata finanziaria personale e di poterne usufruire secondo le proprie volontà.
Di conseguenza si instaura un rapporto di dipendenza nociva, che costringe le vittime a non poter interrompere questo tipo di relazione, in quanto private degli strumenti indispensabili (denaro, indipendenza e forza psicologica).
Si riscontra come le donne che vengono accolte nei centri antiviolenza, oltre a denunciare casi di violenza psicologica (per il 79%), fisica (al 61%), sono vittime anche di violenza economica (al 34%). Questo è infatti un dato che rappresenta un ‘comportamento’ o uno stile relazionale spesso molto caratterizzante della coppia (ancora oggi), per cui emerge che tra i tipi di violenza di genere, l’abuso economico è forse il meno ovvio e conosciuto, ma ancora frequente. Attraverso il cosiddetto Gaslighting (manipolazione psicologica-maligna-), si agisce una violenza psicologica molto ‘acuta’ che si può manifestare attraverso la negazione che determinati episodi siano mai accaduti (compresi gli episodi di maltrattamento, ma anche azioni economiche), o al contrario, attraverso l’invenzione che determinati eventi abbiano di fatto avuto luogo.
Di conseguenza si instaura un rapporto di dipendenza nociva che costringe le vittime a non poter interrompere questo tipo di relazione, non avendo gli strumenti indispensabili (denaro, indipendenza e forza psicologica) per farlo ed essere autonome.
Il caso: Antonella è una donna laureata e da 15 anni si è sempre dedicata solo alla gestione della casa e dei due figli, nati subito dopo il matrimonio. Il marito è un professionista, che appare però prediligere la gestione di qualche bene immobile di cui la moglie è proprietaria, rinforzando in lei il sentimento di inadeguatezza alla gestione economica. In pratica è lui unico ed esclusivo nell’auto delegarsi a questo ruolo e di rinforzare la moglie esclusivamente al suo ruolo di madre e di moglie. In breve tempo la capacità di autonomia economica di Antonella si ristringe sempre più, e considerando che inizia a palesarsi qualche buco nella gestione economica familiare, appare possibile che il marito ‘la autorizzi’ a lavorare come impiegata in un ente pubblico.
In realtà rimane la sua sudditanza economica dal marito, che continua a negarle l’accesso al suo conto bancario e alla sua piena autonomia.
In parallelo, continua un atteggiamento svalutativo e vessatorio del marito verso la moglie, che cade in una crisi depressiva. In realtà questo momento di profonda crisi di Antonella appare portare ad una ‘svolta’ risolutiva, s-velando il meccanismo appunto di dipendenza emotiva ed economica, che aveva condizionato la relazione e la personalità stessa della donna.
La violenza psicologica è caratterizzata, quindi, da un insieme di azioni che l’abusante utilizza per controllare e dominare la sua partner, instillando in essa paura, minandone l’autostima alla base, compromettendone la percezione stessa della propria identità. Di violenza economica non se ne parla o si conosce poco, ma questa è menzionata tra le forme di violenza all’art.3 della Convenzione di Istanbul del 2011.
La Convenzione, approvata dal Consiglio europeo nel 2011, prevede di combattere la violenza di genere ed è di fatto il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante sul tema.
Nella Convenzione, la violenza economica si riferisce “ad atti di controllo e monitoraggio del comportamento di una donna in termini di uso e distribuzione del denaro, con la costante minaccia di negare risorse economiche, ovvero attraverso un’esposizione debitoria, o ancora impedendole di avere un lavoro e un’entrata finanziaria personale e di utilizzare le proprie risorse secondo la sua volontà”.
L’educazione finanziaria parte da qui, ma anche la ‘non dipendenza psicologica’, attraverso la consapevolezza dei propri diritti, delle proprie possibilità, del proprio ruolo. La violenza economica è forse la forma più subdola di violenza, che punta a mantenere il controllo della donna, togliendole la possibilità pratica e concreta di cercare una via d’uscita dalla violenza.
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Laura Monteleone