Cosa ha rappresentato la strage di Capaci per la giustizia italiana, quali le azioni concrete del Centro siciliano di documentazione ”Giuseppe Impastato” di Palermo
23 Maggio 1992-23 Maggio 2022: sono già trascorsi trent’anni dall’attentato di Capaci, un evento tragico e luttuoso che ha ridisegnato la Storia e segnato una fase di ripresa sociale, sulla scia del filo rosso del riconoscimento della memoria. Cosa ha rappresentato la strage di Capaci per la giustizia italiana, quali le azioni concrete del Centro siciliano di documentazione ”Giuseppe Impastato” di Palermo, fondato nel 1977 da Umberto Santino e Anna Puglisi e primo centro studi sulla mafia sorto in Italia, ancora quale il ruolo dei giovani nel contrasto alle mafie? Ne abbiamo parlato con Umberto Santino e Ario Mendolia, Direttori rispettivamente del Centro sopra citato e del No Mafia Memorial, attività principale del Centro stesso, in un’intervista doppia ricolma di consapevolezza e speranza.
Dottor Santino e dottor Mendolia, cosa ha rappresentato la strage di Capaci per la giustizia italiana?
Umberto Santino: Penso che la strage di Capaci vada collegata con quelle di via D’Amelio, di Firenze e di Milano che hanno avuto un ruolo decisivo nella storia del nostro Paese e posto gravi problemi alla giustizia nella ricerca delle responsabilità.
Si sono condannati i capi della cupola di cosa nostra ed è rimasto irrisolto il problema dei mandanti esterni. Il problema dei “mandanti esterni” non si pone però solo per le stragi, ma anche per i delitti cosiddetti “politico-mafiosi”, come per gli omicidi di Piersanti Mattarella e del generale-prefetto Carlo Alberto dalla Chiesa, personaggi colpiti per arrestare prospettive di mutamento che ledevano gli interessi dei mafiosi e dei rappresentanti del potere.
Ario Mendolia: La strage di Capaci, insieme a quella di Borsellino, è il segno della sconfitta dello Stato, ma rappresenta anche il punto di partenza per una reazione efficace. Insomma un punto di partenza per una grande rinascita dello Stato, da quel momento è stato chiaro che non si può più consentire alla mafia di andare avanti.
Cosa è per lei oggi la mafia?
Umberto Santino: La mafia è un’organizzazione criminale che agisce all’interno di un sistema di rapporti con soggetti degli strati popolari e soprattutto delle classi più alte: professionisti, imprenditori, amministratori politici che definisco “borghesia mafiosa”. La mafia, dopo i grandi delitti dei primi anni ’80, con il maxiprocesso e i processi successivi alle stragi degli anni ’90, ha ricevuto gravi colpi che ne hanno decimato l’organico, con le condanne di capi e gregari. Dopo gli sconvolgimenti del quadro politico, con la fine del Partito comunista, ha perso il ruolo storico di baluardo armato contro ogni prospettiva di rinnovamento e con lo scioglimento della Democrazia cristiana non esiste più il grande partito di riferimento. Lo ha trovato per alcuni anni in Berlusconi e ora è alla ricerca di nuovi interlocutori, tra i probabili vincitori della gara per il potere.
Dal punto di vista economico non detiene più l’egemonia nel traffico internazionale di droga che aveva negli anni ’80 con Badalamenti, condannato nel processo alla Pizza Connection e che siamo riusciti a far condannare come mandante dell’assassinio di Peppino impastato. Adesso nel traffico di droga è prevalente il ruolo della ’ndrangheta calabrese. A Palermo Cosa nostra deve convivere con le mafie straniere, come i nigeriani, e questo vuol dire che non ha più il monopolio di quella che ho definito “signoria territoriale”.
Si parla della mafia attuale come mafia manageriale e mercatista che avrebbe abbandonato la violenza e privilegiato la corruzione, ma, come tutti i fenomeni persistenti nel tempo, la mafia intreccia continuità e trasformazione, è insieme arcaica e post-moderna: il pizzo convive con le attività finanziarie più sofisticate, non certo tramite capi semianalfabeti, come erano Riina e Provenzano, ma con professionisti che riciclano e investono i capitali illegali.
Ario Mendolia: La mafia è oggi sommersa, più sotterranea, ma non è finita poichè molti sono i vantaggi economici da essa ottenibili: parliamoci chiaro, crede che la mafia sia indifferente alle elezioni del sindaco di Palermo? Certo, i beni confiscati alla mafia sono una grande vittoria, ma non dobbiamo permettere che vadano in malora, l’intento c’è, ma oggi non abbiamo i mezzi economici per evitare che ciò accada”.
E i giovani? Che ruolo hanno nella lotta alla mafia?
Umberto Santino: I giovani, soprattutto gli studenti, hanno un ruolo decisivo nella mobilitazione antimafia, con la partecipazione ai progetti di educazione alla legalità democratica, e sono tra i visitatori più numerosi del No mafia Memorial. Il problema si pone per i giovani degli strati sociali emarginati che non hanno prospettive di futuro e vedono nella mafia una strada per acquisire un ruolo nel contesto in cui vivono e per partecipare in qualche modo al banchetto dell’economia illegale. Se non si offrono prospettive di vita diversa, nonostante arresti, processi e condanne, la mafia si riprodurrà perché viviamo in una società mafiogena, per la scarsità o inesistenza di un’economia legale, per la povertà economica ed educativa, per la mancanza di spirito comunitario, per tutte le forme di emarginazione che proliferano nel contesto sociale.
Quali sono le attività del No mafia Memorial indirizzate al contrasto alla criminalità e alle mafie?
Umberto Santino/Ario Mendolia: Il No mafia Memorial vuole coniugare la memoria e il progetto e raccontare la mafia e l’antimafia in modo non romanzato come fa la TV, senza retorica. Il suo fine è ricostruire la storia e l’attualità della mafia e soprattutto dell’antimafia ed essere un luogo di incontro e di riflessione per progettare iniziative di mutamento. Bisogna costruire alternative alla mafia, alle mafie, questa è la forma più efficace di antimafia. Le attività in corso e in programma comprendono i laboratori didattici gestiti dagli studenti ovvero l’intervento sul territorio, attraverso momenti di educazione civica rivolta alle scuole sui temi della condizione giovanile e della tossicodipendenza o sull’uso dei beni confiscati, nei termini della riappropriazione sociale della ricchezza accumulata con metodi illegali. Si tratta di attività che possono realizzarsi se diventano un impegno e un progetto condivisi. E al centro di questo progetto debbono esserci soprattutto i giovani.
Attività e progetti di contrasto, lotta intestina contro un Male che si annida negli stessi sistemi sociali deputati alla legalità e al bene comune, perciò complicatissimo da sconfiggere, ma non per questo impossibile da sradicare, per la cui lotta non è più possibile costruire alibi di invincibilità. Soprattutto per non rendere vane, a trent’anni di distanza, quelle morti eccellenti che hanno strappato per sempre uomini e magistrati alla Giustizia e alle Famiglie.