Al centro delle linee guida diramate, c'è innanzitutto l'esigenza che l'attività di riciclo delle ceneri vulcaniche avvenga senza rischi
Cemento, piastrelle e tegole, malte, intonaci, materiali filtranti per il trattamento dell’acqua. Sono alcuni dei prodotti in cui nel prossimo futuro potrebbe finire la cenere vulcanica. L’elenco è contenuto nelle linee guida varate dalla Regione e allegate al decreto che punta a essere la soluzione a un problema che in Sicilia, negli ultimi anni, si è presentato con una certa ricorrenza: la caduta della cosiddetta rina su strade, piazze e terrazzi. L’intensa attività dell’Etna ha rappresentato in più zone una vera e propria calamità, causando problemi economici ai Comuni per finanziare la pulizia e il trasporto di quello che è sempre stato considerato un rifiuto. Un’etichetta che, con la modifica al codice dell’ambiente introdotta dal decreto Semplificazioni del 2021, è venuta meno a patto che le ceneri vengano “riutilizzate in sostituzione di materie prime all’interno di cicli produttivi, mediante processi o metodi che non danneggiano l’ambiente né mettono in pericolo la salute umana”; ma che in Sicilia attendeva ancora il varo delle regole da seguire per la gestione corretta della sabbia vulcanica.
Evitare i rischi di contaminazione
Al centro delle linee guida diramate, c’è innanzitutto l’esigenza che l’attività di riciclo delle ceneri vulcaniche avvenga senza rischi. “Sarà necessario prima della cessione ai soggetti interessati – si legge nel documento – effettuare una caratterizzazione delle ceneri vulcaniche rispetto a inquinanti di origine antropica, ad esempio gli idrocarburi totali e quelli di origine naturale, come mercurio, cadmio e nichel; oltre alla valutazione dei livelli di radioattività legati alla presenza di radionuclidi naturali”. Per fare ciò, bisognerà che i Comuni – con i sindaci in prima linea nella veste di autorità di Protezione civile – al verificarsi della caduta della cenere allestiscano centri di stoccaggio dove anche i privati possano portare il materiale accumulato in cortili, balconi e terrazze. Superate le verifiche chimiche sulle ceneri, la “Regione emetterà nei confronti dei Comuni apposita autorizzazione per la cessione dei materiali ritenuti conformi alle specifiche attività produttive”. Ai titolati di questi ultimi, invece, spetterà l’onere di eseguire “le verifiche per l’ottenimento di ogni certificazione atta a dimostrare l’idoneità del materiale all’utilizzo in un ciclo produttivo”.
Accertare la provenienza
“L’ambito di applicazione – viene specificato nelle linee guida – è riferito esclusivamente alle ceneri vulcaniche depositatesi a seguito dell’attività eruttiva dell’Etna nei territori dei comuni interessati dalla deposizione delle stesse e che sono oggetto di raccolta su strade, piazzali pubblici e privati, tetti e superfici di copertura di edifici, aeroporti, tombini, canalette di scolo”. Il passaggio non è superfluo, in quanto si sottolinea che le autorizzazioni per il riutilizzo “non si applicano ai materiali vulcanici di diversa provenienza da quelli di ricaduta delle ceneri, (ad esempio scarti di materiale vulcanico proveniente da attività produttive ed estrattive sia contaminati che non contaminati)”. In questi ultimi casi, infatti, “si applica la disciplina sui rifiuti”.
I soggetti interessati
Le aziende che ritengono di operare all’interno di cicli produttivi in cui è consentito l’utilizzo delle ceneri vulcaniche dovranno comunicare il proprio interesse al ritiro ai Comuni. Per evitare lungaggini burocratiche, agli enti locali spetterà l’istituzione di un albo delle imprese idonee che, una volta pubblicato, garantire alle stesse la possibilità di prelevare il materiale di volta in volta in maniera più agevole, venendo anche incontro all’esigenza di “pervenire a un rapido allontanamento delle ceneri dai siti di stoccaggio”. Il tutto però chiaramente dopo avere ottenuto il risultato delle analisi e dei controlli che l’Arpa, l’agenzia regionale per la protezione dell’ambiente sarà tenuta a effettuare “anche con la finalità – si legge nelle linee guida – di rassicurare la popolazione rispetto ai rischi connessi alla salute”. A riguardo è prevista una fase di sei mesi “entro la quale i Comuni dovranno comunicare i quantitativi di cenere potenzialmente idonea depositatasi nel corso di precedenti eventi eruttivi al fine di procedere alle verifiche”.
La collaborazione con Unict
Per studiare le possibilità di introdurre nel ciclo produttivo le ceneri vulcaniche, la Regione si è avvalsa dei risultati di un progetto condotto dall’Università di Catania e finanziato dal ministero dell’Ambiente. Adesso, formalizzato il protocollo da seguire, bisognerà coinvolgere le parti interessate. Non solo le aziende, ma anche i cittadini. “La Regione, in collaborazione con i Comuni ed i soggetti istituzionali coinvolti, attuerà – viene garantito nel decreto firmato dall’assessore ai Rifiuti e all’Energia – specifiche campagne di informazione finalizzate alla sensibilizzazione delle popolazioni e dei soggetti ad oggi coinvolti nella raccolta delle ceneri vulcaniche promuovendo modalità virtuose per ottenere una raccolta priva di frazioni estranee e ridurre le fonti di potenziale contaminazione”.