Ecco la ricostruzione del profilo di pericolosità sociale dei due indagati, partita dalle indagini sulla mafia nel territorio dei Nebrodi e delle truffe nel campo dell'agricoltura.
Nel corso dell’ultima settimana, fra il 12 e il 19 marzo 2024, i militari del comando provinciale della Guardia di Finanza hanno eseguito due decreti di sequestro emessi dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Messina, su richiesta della locale Procura della Repubblica, Direzione distrettuale antimafia, nei confronti di 2 soggetti ritenuti socialmente pericolosi e ritenuti vicini alla mafia dei Nebrodi.
Gli odierni provvedimenti, estesi anche ai familiari dei due soggetti destinatari delle investigazioni economico-patrimoniali, originari uno di Locri (RC) e l’altro di Catania (CT), scaturiscono dalla ricostruzione del profilo di pericolosità qualificata delle persone proposte.
Iscriviti gratis al canale WhatsApp di QdS.it, news e aggiornamenti CLICCA QUI
Socialmente pericolosi, scatta sequestro a Messina: le indagini
L’articolato e complesso quadro indiziario che ha portato al maxi sequestro riflette il quadro probatorio emerso nel corso del processo alla “mafia dei Nebrodi”, le cui indagini sono state coordinate dalla Procura di Messina. Nell’ottobre 2022, l’indagine aveva giudiziariamente accertato, l’esistenza e l’operatività della famiglia mafiosa dei “tortoriciani”, coinvolta nella commissione di attività illecite nel territorio dei Nebrodi.
Più in particolare, quel processo aveva consentito di ritenere giudiziariamente provata l’operatività di tale compagine criminale mafiosa nella provincia peloritana, essendo, peraltro, stata dimostrata la specifica e peculiare propensione della stessa compagine alla commissione di illeciti nel remunerativo settore delle truffe comunitarie in agricoltura, per l’ottenimento indebito di fondi comunitari in danno della Politica Agricola dell’Unione europea.
Le accuse
I destinatari del provvedimento di sequestro, secondo gli inquirenti, hanno avuto un ruolo determinante nella commissione delle molteplici condotte illecite, in quanto gestori di due Centri di Assistenza Agricola (C.A.A.), uno a Tortorici (ME) e l’altro a Cesarò (ME).
Tali centri, anello debole della catena del controllo pubblico sull’erogazione dei fondi, rappresentavano l’anticamera da cui passare per presentarsi all’Unione Europea come legittimi beneficiari di quei contributi che, sulla carta, avrebbero dovuto sostenere gli agricoltori rispettosi delle regole e contrastare l’abbandono delle aree rurali.
Sulla scorta dei dettagliati elementi investigativi all’epoca raccolti, i militari del G.I.C.O. del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Messina hanno accertato, per uno dei due soggetti destinatari dei provvedimenti, nell’arco temporale 2005/2014, l’esistenza di numerose condotte riconducibili ai reati di associazione di tipo mafioso e truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche; violazione, quest’ultima, ascrivibile anche all’altro soggetto coinvolto per il periodo 2012-2016.
Parimenti, gli approfondimenti economico-patrimoniali hanno consentito di svelare la disponibilità di beni, in capo ai soggetti investigati e relativi familiari, in misura sproporzionata rispetto ai redditi leciti dichiarati.
Il provvedimento
L’autorità giudiziaria di Messina ha quindi disposto l’odierno sequestro nei confronti dei due soggetti ritenuti socialmente pericolosi in quanto vicini alla cosiddetta mafia dei Nebrodi. Il provvedimento riguarda:
- un compendio aziendale con i relativi beni patrimoniali (attivo nel settore agricolo);
- 6 terreni, 3 quote societarie, 35 rapporti finanziari (10 polizze assicurative, 11 deposito titoli, 4 carte di pagamento/prepagate, un deposito a risparmio, 8 conti correnti, una somma derivante da disinvestimento di quote del fondo comune d’investimento);
- un’auto e 2 quote di proprietà relative a 2 fabbricati, nella disponibilità diretta e indiretta o comunque riconducibili ai proposti.
Il valore complessivo del sequestro è stimato in 1,5 milioni di euro. Si ricorda che, fino all’irrevocabilità del provvedimento di sequestro, gli indagati avranno possibilità di presentare prova dell’assenza di ogni forma di pericolosità sociale. Per loro sussiste il principio d’innocenza fino alla sentenza definitiva al termine di un giusto processo.