Mafia dei pascoli, isolato da concittadini dopo denuncia

Mafia dei pascoli, isolato dai concittadini dopo avere denunciato un amico dei Tortoriciani

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Mafia dei pascoli, isolato dai concittadini dopo avere denunciato un amico dei Tortoriciani

Simone Olivelli  |
venerdì 09 Febbraio 2024

Additato come "infame e pentito" per aver denunciato un amico dei Tortoriciani. Vittima un uomo di Montalbano Elicona.

“Tutte le volte che mi vede si ferma, sputa a terra e dice: ‘Merda’”. Tra le storie più emblematiche del clima di sopraffazione che regna nei terreni dei Nebrodi in mano alle cosche, c’è quella che vede protagonista un uomo di Montalbano Elicona. Lavora nell’indotto legato alla gestione dei fondi agricoli, tra vendita di mangimi e spremitura delle olive, e come tanti altri concittadini negli ultimi anni sarebbe finito nel mirino delle angherie perpetuate, secondo i magistrati della Dda di Messina, da tre fratelli.

Giuseppe, Marco e Alessandro Taranto – rispettivamente di 43, 36 e 32 anni – sono stati arrestati, insieme al padre Fortunato, nel blitz di mercoledì che ha riportato l’attenzione sulla mafia dei pascoli. Nei loro confronti le accuse vanno dall’invasione dei terreni all’estorsione, fino alle frodi ai fondi europei. A caratterizzare il loro profilo è un dato: per gli inquirenti, non sono mafiosi ma si muovono come tali e, soprattutto, possono vantare l’amicizia dei Tortoriciani. Sentimento che sarebbe bastato a incutere il timore tra gli abitanti del piccolo borgo.

Padroni senza essere proprietari

Nel corso delle indagini, gli investigatori hanno raccolto le testimonianze di diversi proprietari di fondi agricoli situati attorno a Montalbano Elicona. I racconti sembrano sovrapporsi l’uno all’altro, non perché concordati bensì perché utili a descrivere una modalità di agire che i Taranto, a loro volta allevatori, avrebbero fatto diventare proprio marchio di fabbrica: irrompere nei terreni altrui e, incuranti dei danni causati, lasciare pascolare le loro vacche, pecore e capre. “Sono stato costretto ad abbandonarlo, sono rimasti solo i tronchi degli alberi”, dice un uomo parlando del terreno che un tempo ospitava ulivi e piante di ficodindia. “Tengono i propri animali nelle campagne con prevaricazione e arroganza, occupano centinaia di ettari di proprietà di altri, rassegnati a subire tali atti a causa della paura suscitata dai Taranto”, rivela un’altra vittima.

Gli inquirenti hanno provato a quantificare i danni: si parla di decine di migliaia di euro. Una cifra simile a quella che uno dei fratelli sarebbe riuscito a intascare dall’Unione europea, presentando le domande di accesso ai contributi previsti dalla Pac, la politica agricola comune. La Dda di Messina ritiene che, tra il 2013 e il 2015, Taranto abbia ottenuto illecitamente più di 40mila utilizzando falsi contratti di affitto di terreni ricadenti nel territorio di San Piero Patti.

Mafia dei pascoli, il peso di denunciare

Nell’intera vicenda che vede protagonista la famiglia Taranto, il passaggio più sconfortante è quello che emerge da uno dei verbali che raccolgono le dichiarazioni dell’uomo che commercia mangimi e produce olio. Ai carabinieri racconta di un suo concittadino che, per mostrargli il proprio disprezzo, è solito sputare a terra ogni volta che lo vede. In realtà, stando alla versione della vittima, è soltanto uno degli abitanti di Montalbano che da qualche anno hanno preso le distanze da lui. All’origine di tutto ci sarebbe stato il coraggio mostrato nel 2017 nel denunciare uno dei fratelli Taranto, dopo il furto di una jeep a cui era seguita la richiesta del pizzo per la restituzione. “A seguito della mia denuncia – viene riportato nell’ordinanza – molte persone che erano nostri clienti hanno smesso di servirsi da noi. Alcune mi hanno specificatamente detto che ho sbagliato a denunciare, altri mi insultano e assumano atteggiamenti di disprezzo”.

Additato come “infame e pentito”, l’uomo non avrebbe soltanto vedere incrinarsi i propri affari. C’è anche chi avrebbe deciso di non saldare i propri debiti, suggerendo al commerciante di rivolgersi ai carabinieri per recuperare la somma. Alle perdite economiche si sarebbero aggiunti anche i gesti di sfida, come a voler mostrare il senso di impunità. “Spesso – ha detto l’uomo facendo riferimento ai Taranto – transitano davanti la mia attività commerciale esternando sorrisi che lasciano intendere tutto circa i soprusi che devo sopportare”. In occasione della raccolta delle olive, invece, accade sempre qualcosa: “Ogni anno qualcuno taglia il cavo del telefono fisso del frantoio”.

La proposta per fare la pace

Così come tanti a Montalbano Elicona, la vittima è proprietaria anche di alcuni appezzamenti di terreno. Anche nel suo caso, sarebbe stato impossibile difendersi dalle invasioni da parte del bestiame di proprietà della famiglia Taranto. A proporre una mediazione sarebbe stato Fortunato Taranto, il padre: “Mi ha chiesto di acquistare due appezzamenti. Mi voleva offrire 500 euro (un quinto del valore, ndr) per questa particella, ma gli rispondevo che non volevo vendere. È un lascito di mio padre – ha raccontato la vittima – e quindi non ero intenzionato a cederla per una questione affettiva”. A fronte del rifiuto, Taranto avrebbe subito chiosato. “Diceva che era peggio per me, gli animali avrebbero continuato a pascolare lo stesso all’interno delle mie proprietà”.

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