Elezioni Europee, il QdS incontra i candidati. Il leader della lista che raggruppa 19 movimenti punta all’Ue: “Il nostro obiettivo è il 4,2%”
La si potrebbe definire una “scatenata” ascesa politica che viene da molto lontano, quella di Cateno De Luca. Partito da Fiumedinisi, ha infiammato i cuori di coloro che vivono in una terra già arida, diventando – tra le altre cose – sindaco di Messina prima, di Taormina dopo e anche deputato regionale. Adesso il leader di Sud Chiama Nord punta alla “Libertà” (che è anche il nome della lista con cui corre alle imminenti elezioni) di un’Europa che definisce “liberticida”. Il QdS lo ha intervistato.
Da “Sicilia Vera” a “Sud Chiama Nord” fino a “Libertà”. In che modo vuole proseguire il suo progetto politico in Europa?
“Questa occasione dell’8 e 9 giugno è uno sdoganamento del progetto sicilianista con un modello federalista e civico che siamo riusciti a definire in Sicilia come prima forza politica e oggi questa competizione ci dà proprio l’occasione per poter presentare questo modello in ambito nazionale. Ci siamo riusciti aggregando 19 movimenti civici e tematici. Ovviamente questo significa che c’è un modo innovativo di affrontare anche l’organizzazione dei partiti che è stata lanciata da noi ed è stata copiata anche da altri. Quindi dalla Sicilia finalmente un progetto nazionale che oggi è protagonista dei nuovi equilibri. In Europa si arriva prendendo un milione di voti noi abbiamo avuto la capacità, tre anni fa, di prenderne 510mila in occasione della candidatura alla presidenza della Regione quindi siamo fiduciosi che quel 4,2% riusciamo a raggiungerlo”.
Quali sarebbero queste liste che si sono ispirate al vostro modello?
“Sono note a tutti, anche perché abbiamo già presentato una richiesta di risarcimento. Sono la ‘lista di scopo’ creata dalla Bonino nella quale si è infilato Renzi e ci sono vari simboli. Poi il buon Calenda che ha fatto un’operazione ancora più forte: 9 simboli. Allora vi chiedo qual è la differenza tra 6, 9 e 19? È semplicemente un fatto. Io ho avuto la capacità il 2 marzo, intuitivamente, di lanciare un progetto di coinvolgimento che mette alla luce del sole tutti i partner in un progetto. Gli altri non lo volevano fare, ma quando hanno capito che effettivamente è un progetto innovativo lo hanno copiato in malo modo”.
A tal proposito, la sua lista riunisce ben 19 tra partiti e movimenti politici: Movimento per l’Italexit, Il Popolo della Famiglia, Popolo Veneto, per citarne alcuni. Non teme che queste tante anime possano, nel lungo periodo, entrare in conflitto?
“Noi abbiamo fatto un accordo sul comune denominatore ‘meno Europa, più Italia, più sovranità, più equità’. D’altronde, sia il cartello di centrodestra che quello di centrosinistra non è che siano d’accordo su tutto. Ci sono tanti aspetti che ti rendono distinto e distante, ma questo non significa che i temi che ti hanno portato a stare assieme, non diventino un amalgama maggiore rispetto alle cose sulle quali ci può essere una diversità di vedute. È normale, quindi non capisco perché possa sembrare strano nella lista Libertà”.
Lei ha dichiarato che la lista Libertà “prevede più benzina nei trattori e meno nei carri armati”. Ha detto anche di voler fermare “la lobby della armi” e di non volere “questa Europa liberticida”. Qual è la sua proposta di pace?
“Quella di fare un corpo diplomatico, una strategia diplomatica unica e quindi evitare che i singoli Stati spingano per finanziare ancora le lobby delle armi in relazione a interessi dei singoli nell’avere accordi commerciali privilegiati con determinate aree dell’Europa. È molto semplice. In tutto questo l’Italia ovviamente è un anello debole, è una semplice comparsa. Se non si riesce a fare un primo livello, in questi casi proprio un corpo diplomatico unico e quindi un’unica trattativa, fatti fuori gli interessi particolari dei singoli Stati, ma come si può mai pensare di fare altri tipi di ragionamenti o addirittura essere credibili come fronte unico per poter realmente invocare e pretendere la pace? La verità è una: l’Europa anche da questo punto di vista non è credibile”.
Se verrà eletto, intende portare la questione Ponte sullo Stretto al Parlamento europeo?
“Ma magari la questione diventasse nuovamente di competenza dell’Unione europea per come lo era fino al 2012, cioè quando c’era il corridoio Berlino-Palermo che comprendeva l’alta velocità da Salerno a Villa San Giovanni, la sostituzione della monorotaia borbonica qui in Sicilia, il potenziamento dei porti di Augusta e di Gioia Tauro e la realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina. Purtroppo non è così perché anche da questo punto di vista l’Italia non ha avuto neanche la capacità di farsi finanziare lo studio costi-benefici che, come tutti sanno, è il primo gradino per far valutare in termini definitivi alla Commissione europea la strategicità e la finanziabilità di un’opera di rilevanza europea, come sarebbe eventualmente il corridoio Berlino-Palermo. Qui siamo di fronte a un’altra storia: noi infatti siamo contrari al ponte sullo Stretto di Matteo ‘Verdini’ (Salvini ndr) perché lo riteniamo una forzatura, un’operazione affaristica che comunque non risolve effettivamente la grande questione infrastrutturale che il corridoio Berlino-Palermo puntava a risolvere”.
Sono anni che ci dicono che faranno le infrastrutture, che prima bisogna sistemare le strade, le ferrovie, eccetera. Nei fatti questa cosa non si è mai realizzata. Pensa che tutto questo si ponga in conflitto con la questione del Ponte sullo Stretto?
“Ma scusate stiamo parlando della stessa classe politica, che ha sempre comandato in Sicilia ma non ha fatto le cose elementari. Ora vorrebbe fare invece una cosa più importante? Mi sembra un controsenso: chiedere a quella classe politica che finora ha tenuto sotto scacco il Meridione, in particolare la Sicilia, e non hanno fatto strade, non hanno fatto scuole né l’approvvigionamento idrico o le dighe. E a questi noi ora dobbiamo consentire di rapinare i soldi destinati a tutto questo per fare il ponte sullo Stretto di Messina? Questo sì che mi sembra veramente un controsenso”.