Comuni, senza incassi il dissesto finanziario è servito: procedure di riequilibrio e default concentrate al Sud - QdS

Comuni, senza incassi il dissesto finanziario è servito: procedure di riequilibrio e default concentrate al Sud

Comuni, senza incassi il dissesto finanziario è servito: procedure di riequilibrio e default concentrate al Sud

Fabrizio Giuffrida  |
martedì 18 Giugno 2024

Sono 470 i Municipi che si trovano in stato di crisi e sono collocati prevalentemente in Sicilia, Calabria e Campania. A fotografare un quadro sempre più a tinte fosche è stata in un report la Fondazione nazionale dei commercialisti, che ha suggerito anche possibili soluzioni

ROMA – Qualcuno salvi i Comuni italiani e in particolare quelli del Mezzogiorno. Si tratta di una storia ben nota, che abbiamo più volte sottolineato da queste colonne e che puntualmente viene confermata a ogni report elaborato da questo o quel soggetto.

L’ultimo in ordine di tempo è stato recentemente pubblicato dalla Fondazione nazionale dei commercialisti, che incrociando diversi database – Banca dati delle amministrazioni pubbliche (Bbap), l’Istituto per la finanza e l’economia locale (Ifel), la Corte dei Conti e il ministero dell’Interno – ha realizzato lo studio intitolato: “Lo stato di crisi degli Enti locali, evoluzioni e prospettive”.

In stato di crisi 470 Comuni italiani

Come evidenziato all’interno dello studio, firmato da Anna De Toni, “470 Comuni italiani (il 6% del totale) si trova in stato di crisi (257 in predissesto e 213 in dissesto), concentrati prevalentemente al Sud, con una tendenza alla crescita dopo gli anni della crisi pandemica”.

La fotografia scattata dalla Fondazione nazionale dei commercialisti è chiara e indica chiaramente “una ripresa, negli ultimi anni, dei fenomeni di criticità finanziaria, evidenziata in primo luogo dal quadro offerto delle diverse situazioni di deficit e confermata dalla dinamica dei dissesti”.

Secondo quanto emerge dalle elaborazioni dei commercialisti, aggiornate all’aprile di quest’anno, tra le 257 procedure di predissesto attualmente aperte prevalgano nettamente quelle concentrate al Sud (68%) rispetto al Centro (16%) e al Nord (16%). Su tutti spiccano i dati di Campania e Sicilia (43 Comuni coinvolti in ciascuna delle due regioni, pari al 34% del totale), mentre sono 36 quelli in Calabria (14%), 35 nel Lazio (14%) e 22 in Puglia (9%). Il numero dei Municipi coinvolti si riduce invece drasticamente in alcune regioni del Centro-Nord (2 in Emilia-Romagna e solo 1 in Trentino Alto-Adige, Marche e Veneto).

Dalla ricerca dei commercialisti emerge anche che il 53% degli Enti in predissesto ha una popolazione inferiore a 5.000 abitanti (di cui il 28% di realtà con popolazione inferiore a 2.000 abitanti) e si concentra per quasi il 50% nell’area geografica Sud, mentre il 46% è raggruppato nelle classi con popolazione compresa tra i 5.000 e i 100.000 abitanti, anche in questo caso concentrato per il 44% al Sud. “Solo il 2% degli Enti – viene evidenziato nel report – si colloca nelle classi demografiche con popolazione superiore a 100.000 abitanti e si tratta di capoluoghi di provincia situati prevalentemente al Sud (Alessandria, Andria, Avellino, Brindisi, Imperia, Lecce, Messina, Napoli, Palermo, Pescara, Potenza, Rieti). Il dato delle procedure al Nord, che rappresentano il 12%, è concentrato nei Comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti”.

Il fenomeno dei 213 Comuni in dissesto interessa invece 13 regioni ed è concentrato maggiormente in Campania con 47 casi (22%), Calabria con 52 (24%) e Sicilia con 69 (32%). Interessanti anche i dati di Lazio (15), Puglia (8) e Abruzzo (7). “I dati percentuali – si legge nel documento dei commercialisti – rappresentano anche in questo caso una concentrazione maggiore di dissesti nelle regione del Sud e in Sicilia: attraversando lo stivale si nota che in alcune regioni del Nord-Ovest (Valle d’Aosta), del Nord-Est (Trentino Alto-Adige, Friuli Venezia-Giulia, Emilia-Romagna e Veneto), del Centro (Umbria) e in Sardegna non si rilevano situazioni di default, mentre l’area meridionale (Sud-Ovest) e insulare (Sicilia) rappresentano un’area che incorpora circa il 90% degli enti dissestati, molti dei quali ormai cronici”.

Incremento di dissesti nell’arco temporale 2018-2023

“I dati regionali esaminati nel periodo 2012-2024 – si legge nel documento – oltre a evidenziare i casi di 5 enti che hanno dichiarato il dissesto da quasi 10 anni (quindi ben oltre la durata prevista dalla norma), mostrano un incremento di dissesti nell’arco temporale 2018-2023 con un andamento altalenante ossia un picco nel 2019 (35), un leggero calo nel biennio 2020-2021 per effetto delle misure straordinarie Covid e una ripresa nel 2023 (29). Quasi il 45% dei casi riguarda enti con popolazione inferiore a 5.000 abitanti (e fra questi il 24% rappresentato da Enti con popolazione inferiore a 2.000 abitanti), mentre il 55 % è raggruppato nelle classi con popolazione compresa tra i 5.000 e i 99.999 abitanti. Nei Comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti l’unico Comune capoluogo di provincia è Catania”.

Tra le cause principali la scarsa capacità di riscossione

Un quadro a tinte fosche quindi, segnato anche da una scarsa capacità di riscossione delle entrate proprie. Il report della Fondazione nazionale dei commercialisti parla di 877 casi in cui ricorre “un’incidenza degli incassi delle entrate proprie sulle previsioni definitive di parte corrente minore del 22% e concentrata per l’80% al Sud e nelle Isole e in 1.297 casi l’effettiva capacità di riscossione è minore del 47% e caratterizzata per il 60% dalla realtà meridionale e insulare”.

“Il quadro delineato da questa ricerca – ha commentato il presidente del Consiglio nazionale dei commercialisti, Elbano De Nuccio – mostra l’importanza strategica di individuare procedure operative in grado di garantire la continuità dell’attività dell’organizzazione o dell’Ente. Urgenza che, nel caso dei Comuni, è accresciuta dal fatto che il dissesto, oltre a ostacolare la ordinata estinzione dei debiti e, dunque, la salute economica dei fornitori a vario titolo, interrompe il funzionamento democratico dell’Ente locale e la continuità degli organi eletti”.

“È ormai nota – ha aggiunto – l’inadeguatezza a farvi fronte da parte delle regole attuali del predissesto: i vari interventi normativi che sono stati introdotti in maniera disomogenea negli ultimi anni hanno creato ancor più confusione in una materia che richiede un intervento armonico e strutturale necessario a porre rimedio ad un funzionamento imperfetto di tutta la catena di regole che dovrebbero prevenire il manifestarsi del default”.

Le proposte dei commercialisti

In vista della possibile prossima pubblicazione dello schema di disegno di legge sulla revisione delle leggi sull’ordinamento degli Enti locali, i commercialisti hanno dunque avanzato alcune proposte. Innanzitutto, quella di una revisione dei parametri di deficitarietà e degli istituti attraverso l’individuazione di indicatori più stringenti in grado di far emergere tempestivamente situazioni di squilibrio e di rispondere alla loro funzione di allarme preventivo sulla situazione contabile degli enti. I professionisti hanno proposto anche l’introduzione di un “rating della salute finanziaria” e un rafforzamento dei controlli nei Comuni con meno di 15.000 abitanti, ampliando il numero di realtà per i quali l’organo di revisione deve essere previsto in forma collegiale in base alla soglia demografica”.

Previsionali 2024/2026: dalla Regione siciliana 147 commissariamenti

Provvedimento deciso per far adottare lo strumento di programmazione. L’assessore alle Autonomie locali, Messina: “I cittadini meritano rispetto”

Le difficoltà economico-finanziarie degli Enti locali nel far quadrare i conti si palesano anche nell’impossibilità di chiudere per tempo i bilanci. Ecco perché, ancora una volta, nei giorni scorsi sono ufficialmente scattati i commissariamenti per 147 Comuni dell’Isola che non hanno ancora approvato il Previsionale 2024/2026.

L’assessore regionale delle Autonomie locali, Andrea Messina, ha firmato i provvedimenti di nomina dei commissari ad acta che dovranno provvedere a far adottare lo strumento di programmazione economica essenziale per autorizzare le spese degli enti locali. Come evidenziato dalla Regione, si tratta di un intervento sostitutivo necessario e obbligatorio dal momento che l’approvazione del Bilancio preventivo da parte del Consiglio comunale consente ai Comuni di programmare le attività e i servizi da offrire ai propri cittadini nel triennio.

“La nomina dei commissari ad acta – ha affermato Messina – è l’atto estremo cui abbiamo dovuto far ricorso dopo aver tentato, in tutti i modi possibili, di stimolare i Comuni ad adottare i bilanci di previsione con le procedure ordinarie, ovvero attraverso la proposta della Giunta e l’approvazione del Consiglio. I termini previsti dalla legge sono stati ampiamente superati e, con essi, anche l’ulteriore finestra che attraverso gli uffici del Dipartimento abbiamo disposto per verificare eventuali incongruità tra le informazioni in possesso dell’amministrazione regionale e l’effettiva attività politico-amministrativa svolta. I cittadini meritano rispetto e servizi efficienti”.

Prima dell’insediamento i commissari provvederanno ad accertare ancora una volta lo stato del procedimento e, solo in caso di verificata inadempienza, si insedieranno con la legittimazione a svolgere tutte le attività previste dalla legge per l’approvazione dei bilanci sostituendosi agli organi inadempienti e richiedendo, dove mancante, il parere dell’organo di revisione economico-finanziaria.

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