Acque depurate per l’agricoltura, ecco cosa prevede la legge regionale - QdS

Acque depurate per l’agricoltura, ecco cosa prevede la legge regionale

Michele Giuliano

Acque depurate per l’agricoltura, ecco cosa prevede la legge regionale

martedì 15 Marzo 2022

I reflui risanati saranno conferiti dai gestori dei depuratori a quelli delle reti di distribuzione. Oggi nell’Isola almeno un terzo dei fabbisogni idrici colturali non sono soddisfatti

PALERMO – Riutilizzare le acque reflue per affrontare al meglio le crisi idriche che in maniera ciclica si abbattono sull’intero territorio regionale, con particolare sofferenza per l’agricoltura isolana, agire in maniera sostenibile e consapevole per trovare soluzioni che proteggano l’ambiente e non lo danneggino ulteriormente. È questa la decisione dell’Ars, che ha votato all’unanimità il disegno di legge presentato dal deputato regionale Giuseppe Compagnone, con cui la Regione, la prima in Italia, si dota delle norme necessarie per il riutilizzo delle acque reflue che consentirà l’impiego delle acque depurate per usi irrigui. Ma andiamo a vedere nel dettaglio cosa dettano le norme appena approvate.

Ecco cosa prevede la legge

L’articolo 1 indica le finalità mentre l’articolo 2 prevede che l’assessore regionale per l’Energia ed i servizi di pubblica utilità emani un decreto contenente norme di dettaglio sugli usi delle acque reflue urbane trattate e sugli impianti di affinamento. L’articolo 3 specifica che le acque reflue possono essere conferite ai gestori delle reti di distribuzione mentre l’articolo 4 indica a quali enti sono affidate le funzioni di monitoraggio e controllo, specifica altresì che i costi relativi al trattamento delle acque reflue sono pagati dall’utilizzatore finale.

Ci sono poi delle linee guida che attribuiscono all’Autorità di bacino, di concerto con gli assessorati regionali competenti, il compito di pianificazione degli usi irrigui delle acque reflue trattate. Anzitutto il paletto iniziale sarà quello che il sistema sarà regolato nel rispetto delle indicazioni fornite dall’Arpa, l’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente, dall’Ispra, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale e dall’Istituto superiore di sanità. Difatti il controllo sulla qualità delle acque reflue urbane trattate è affidato all’Arpa e, in ragione degli usi secondo la normativa vigente, all’Azienda sanitaria provinciale territorialmente competente.

Gli eventuali costi aggiuntivi, rispetto alle tariffe del servizio idrico integrato, necessari al trattamento delle acque reflue urbane, nel rispetto dei provvedimenti dell’Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente (Arera), sono a carico degli utilizzatori della risorsa. L’Autorità di bacino, di concerto con il dipartimento regionale dell’acqua e dei rifiuti e con il dipartimento regionale dello sviluppo rurale e territoriale, provvede all’individuazione delle aree irrigue dove, in funzione dell’estensione e del tipo di coltura praticata, nonché dell’orografia territoriale, risulta possibile l’impiego di acque reflue urbane trattate.

Nelle aree della Sicilia il cui suolo è a rischio desertificazione, l’utilizzo delle acque reflue urbane trattate per usi irrigui sarà sottoposto ad una verifica delle caratteristiche pedologiche dei suoli al fine di non accrescere eventuali fenomeni di desertificazione in atto. La programmazione andrà a privilegiare le aree caratterizzate da deficit idrico. Con questa norma sarà possibile attivare e realizzare sistemi di affinamento o di fitodepurazione che, “oltre ad abbassare notevolmente i costi di approvvigionamento per gli utenti, riuscirebbero ad innescare meccanismi virtuosi di economia circolare, volta al riuso delle acque”.

Inoltre si tratta di una norma predisponente che consentirà alla Regione di poter attingere alle ingenti somme che la Comunità europea destina, attraverso una normativa specifica, al riutilizzo delle acque reflue. Non solo sostenibilità ambientale, quindi, ma la possibilità di accedere a fondi che potrebbero aiutare moltissimo il settore agricolo, per il quale, purtroppo, il problema delle risorse idriche non fa altro che ripetersi e aggravarsi di anno in anno.

Il sistema prevede che le acque reflue recuperate saranno conferite dai gestori degli impianti di depurazione ai gestori delle reti di distribuzione. Questi ultimi potranno essere i consorzi di bonifica, le industrie, i consorzi di agricoltori, i consorzi industriali, gli enti locali o l’Irsap. Come ultimo passaggio della catena, questi enti potranno attivare delle convenzioni con gli utilizzatori finali. Tutto ciò dovrebbe servire ad andare a colmare l’estrema penuria di acqua, soprattutto nelle stagioni più calde: ad oggi, i fabbisogni idrici colturali sono generalmente non soddisfatti per almeno un terzo della necessità, salendo fino al 50% in alcune zone.

Il riutilizzo delle acque degli impianti di depurazione può quindi ridurre significativamente l’impatto dello scarico sull’ambiente, e allo stesso tempo può ridurre la quantità di acque convenzionali che viene prelevata dall’ambiente.

Finora, in Sicilia, l’approccio legislativo per l’utilizzo delle acque reflue depurate in agricoltura è stato parecchio restrittivo, impedendo in toto il diffondersi di tale pratica. Adesso la situazione è cambiata, e proprio grazie ai fondi europei disponibili, si tratterà di una operazione a costo zero per le casse regionali.

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