Il numero maggiore di obiettivi impossibili da raggiungere. A vantare la non invidiabile posizione riferita ai target relativi all’Agenda 2030 – il programma adottato dall’Onu nel 2015 per puntare allo sviluppo sostenibile a livello globale – è la Sicilia. Il dato emerge dal rapporto che nel 2024 è stato pubblicato da Asvis (Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile) e che di recente è stato citato dalla Corte dei conti nella Relazione sulla gestione finanziaria delle Regioni e delle Province Autonome.
Per quanto è sempre bene ricordare che le analisi qualitative e quantitative basate sui numeri non sempre riescono a rilasciare una fotografia con la percezione di chi un territorio lo abita nella quotidianità – e questo sia nell’ottica di sovrastimare ma anche sottostimare la qualità della vita –, la valutazione complessiva che viene fatta della Sicilia è quella di una regione che fatica a fare quello scatto in avanti che la politica in tempo di elezioni è pronta a garantire.
Progressi limitati sullo sviluppo sostenibile
“Le Regioni hanno un ruolo fondamentale nell’attuazione delle strategie per lo sviluppo sostenibile – ha ricordato la Corte dei conti –. A tale consapevolezza non fa riscontro, però, un’adeguata capacità realizzativa. L’attuazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile su scala territoriale mostra, infatti, progressi limitati e disuguaglianze marcate tra le diverse Regioni e Province autonome, particolarmente evidenti tra Nord e Sud del Paese”.
Agenda 2030, solo il 17 per cento degli obiettivi verrà raggiunto
Un gap quello patito dal Mezzogiorno che ha segnato tutto il Novecento e che continua a pesare anche in questo primo quarto di ventunesimo secolo. E se in un mondo globalizzato e con sfide che tirano in ballo il futuro stesso del pianeta, è importante tenere a mente che “a circa sei anni dalla data limite per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile, dei 135 target monitorati, solo il 17 per cento verrà raggiunto”, altrettanto fondamentale è chiedersi in che modo i singoli territori stanno contribuendo alla causa comune.
A livello nazionale, secondo dati Eurostat, l’Italia fa passi in avanti in materia di competitività e stabilità macroeconomica, pur rimanendo sotto la media Ue. Lo scarto rispetto all’Unione è particolarmente evidente in materia di lavoro dignitoso, “in gran parte a causa degli inadeguati livelli di investimento e dell’elevato debito pubblico”, ma non va molto meglio per ciò che riguarda innovazione, industria e infrastrutture resilienti. Trend negativi anche per quanto riguarda la disponibilità di acqua pulita, consumo del suolo e impatto della siccità sugli ecosistemi.
L’Italia è paese con molte differenze al proprio interno
“La divergenza tra le Regioni – si legge nella relazione della Corte dei conti – è fortemente influenzata dalla competitività e dalle tendenze demografiche. Il miglioramento e la sostenibilità dei servizi pubblici locali, l’accessibilità, la disponibilità e la qualità delle infrastrutture pubbliche, anche per la logistica, e le attività mirate a promuovere l’innovazione nelle filiere strategiche sono fattori chiave che potrebbero contribuire a realizzare un processo stabile di recupero socioeconomico nel Mezzogiorno”.
L’ultimo rapporto “Alle radici della sostenibilità” prodotto da Asvis si focalizza sull’andamento di una serie di indici compositi in cui viene sintetizzato circa un centinaio di indicatori che fanno riferimento a 14 dei 17 Goal previsti da Agenda 2030, ponendo l’attenzione all’evoluzione registrata nel periodo che va dal 2010 al 2023. “Povertà, acqua, vita sulla terra peggiorano in gran parte dei territori, mentre sia il Nord-Ovest sia il Nord-Est presentano significativi miglioramenti per l’istruzione, a fronte di una sostanziale stabilità nel resto del Paese. Anche giustizia e istituzioni peggiorano in molte Regioni”, si legge nel rapporto di Asvis.
Ci sono temi, invece, in cui l’ultimo periodo ha fatto registrare miglioramenti in maniera più diffusa a livello geografico: è l’esempio della voce economia circolare, in cui a segnare risultati positivi sono state nove Regioni: Liguria, Friuli-Venezia Giulia, Toscana, Umbria, Lazio, Abruzzo, Puglia, Calabria e – per quanto possa suscitare stupore in chi vivendoci fa i conti ancora con situazioni di inciviltà, come l’abbandono indiscriminato di rifiuti e la ancora alta percentuale di indifferenziata – la Sicilia.
Lo studio “Alle radici della sostenibilità” guarda anche alle performance delle singole Città metropolitane. “Emerge che Firenze, Milano, Roma e Cagliari appaiono in grado di centrare sei-otto obiettivi; Torino, Genova, Venezia, Bologna e Messina possono raggiungerne cinque; Napoli, Reggio Calabria, Palermo e Catania ne possono centrare solo due”.
Il quadro si capovolge se ci si concentra sugli obiettivi ritenuti “certamente non raggiungibili”. A trovarsi nella situazione peggiore è Catania, che insieme a Torino, Roma e Reggio Calabria, già oggi è certa di non riuscire a raggiungere tra i cinque e i sei obiettivi. Subito dietro c’è Palermo, che insieme a Venezia e Napoli, sa di non poterne raggiungere almeno quattro.
“Abbiamo rimarcato come l’Italia stia procedendo lungo un sentiero di sviluppo insostenibile e che questo dovrebbe dar vita ad un grande dibattito politico, pubblico e culturale su come cambiare questa condizione, coerentemente con gli impegni internazionali sottoscritti dal nostro Paese, e assicurare benessere diffuso per tutte e per tutti, in equilibrio con il nostro pianeta, per noi e per le generazioni future – hanno commentato i curatori del rapporto prodotto da Asvis –. Questo auspicio non può e non deve portare a un processo “calato dall’alto”, che non tenga conto della straordinaria diversità di esigenze, opportunità e rischi che il nostro Paese ha. E infatti, siamo da sempre forti sostenitori di un approccio dal basso, da quei territori che formano l’ossatura dell’Italia”.
La scadenza di Agenda 2030 è vicina
Con la scadenza di Agenda 2030 ormai già visibile all’orizzonte, Asvis ha rilanciato un appello alle istituzioni. “Mentre ci avviamo verso la conclusione del percorso del PNRR e la scadenza del 2030 si avvicina sempre di più, nonostante le difficoltà del presente è tempo di impegnarsi, agire, prenderci cura gli uni degli altri, costruire speranza. Ci auguriamo che il governo nazionale e quelli territoriali, ma anche la nuova governance europea, possano trarre utili spunti e informazioni utili per avanzare i processi di sostenibilità”.
Nell’Isola migliora solo un indicatore. Otto stabili, cinque in peggioramento
Dal focus che il rapporto “Alle radici della sostenibilità” dedica alla Sicilia si ricavano informazioni sulla fatica che l’isola fa per smarcarsi da quella tendenza a indossare la maglia nera ogni volta che viene stilata una graduatoria che compara le performance con quelle del resto del Paese.
“Da una valutazione sintetica si ricava che solo un goal presenta un forte miglioramento, nessuno presenta un lieve miglioramento, otto riportano una sostanziale stabilità, mentre cinque presentano un peggioramento”, si legge nel documento presentato a fine dello scorso anno e ripreso di recente nella relazione della Corte dei conti sulla gestione finanziaria da parte delle Regioni e delle Province Autonome.
L’indice in cui la Sicilia segna un miglioramento è quello riguardante “consumo e produzione responsabile”. Va detto che il dato dell’isola resta comunque inferiore alla media nazionale, ma cresce rispetto al passato. Nello specifico è frutto di un miglioramento della raccolta differenziata e la riduzione della produzione di rifiuti per abitanti, tenendo in considerazione i dati del 2010 e del 2022.
Per quanto riguarda gli indici che restano sostanzialmente stabili c’è la povertà: quella relativa, che descrive la condizione di chi non può accedere a beni e servizi considerati standard in una società, è diminuita dell’8,3 per cento tra il 2014 e il 2022, mentre il numero di persone che vive in abitazioni problemi strutturali è sceso del 4,7 per cento. È aumentata però la povertà assoluta (+4,6%), ovvero la condizione di chi non riesce a soddisfare i bisogni fondamentali per la sopravvivenza.
Stabili anche gli indicatori riguardanti la salute: se è aumentato del 51,5 per cento l’indice di vecchiaia, sono diminuiti tra il 2013 e il 2022 i numeri di medici di medicina generale (-0,4 ogni mille abitanti). Aumentati di 1,3 ogni mille abitanti gli infermieri e gli ostetrici. Scesa, invece, dell’1,3 per cento la probabilità di morire per malattie non trasmissibili.
Sul fronte dell’istruzione, il giudizio di stabilità poggia sulla riduzione del 4,9 per cento – tra il 2018 e il 2023 – dell’indice di uscita precoce dal sistema d’istruzione e dell’aumento del dato (+1,8%) di partecipazione ad attività di istruzione e formazione. Diminuita del 6,8 per cento la lettura di libri e quotidiani. Lievi miglioramenti per il consumo di energia in rapporto alla produzione, mentre sul fronte del lavoro i Neet, coloro che non lavorano e non studiano, si sono ridotti del 10,5 per cento.
Per ciò che concerne le imprese, l’innovazione e le infrastrutture, tra il 2018 e il 2023 è aumentata del 41,6 per cento la copertura della rete fissa ultraveloce e del 2,4 il numero di lavoratori della conoscenza; sono calati però i prestiti a società non finanziarie e famiglie produttrici e gli utenti del trasporto pubblico locale. Stabile anche la voce sulle disuguaglianze: è aumentata quella strutturale, diminuita quella legata al reddito.
I dati che sono invece peggiorati riguardano il settore “agricoltura e alimentazione” – con una riduzione del 5,1 per cento dell’indice che descrive “l’adeguata alimentazione” – e la parità di genere: tra il 2010 e il 2022 si è ridotto dell’1,4 per cento il rapporto di femminilizzazione della retribuzione media annua e del 2,5 per cento il rapporto tra i tassi di occupazione delle donne con o senza figli.
Negativi i dati sulla distribuzione dell’acqua, che come risaputo risente di criticità nelle reti idriche e l’impermeabilizzazione del suolo dovuta a copertura artificiale cresciuta dello 0,2 per cento tra il 2012 e il 2022. Notizie non positive neanche dal fronte giustizia e istituzioni: sono aumentate in Sicilia le truffe e le frodi informatiche (+ 2,6 casi per mille abitanti nel 2022) e la durata dei procedimenti civili (19 giorni in più rispetto al 2012); diminuita, infine, la partecipazione sociale.

