Home » L’agguato travestiti da carabinieri per vendicare il figlio: dall’acquisto su eBay alla finta relazione amorosa

L’agguato travestiti da carabinieri per vendicare il figlio: dall’acquisto su eBay alla finta relazione amorosa

L’agguato travestiti da carabinieri per vendicare il figlio: dall’acquisto su eBay alla finta relazione amorosa
Operazione Clan Scalisi 1

Ideatore – stoppato dall’arresto nell’ambito dell’ultimo blitz contro il gruppo Scalisi – sarebbe stato il 48enne Pietro Lucifora.

“Dovevamo fare una festa”. Un carnevale fuori stagione. Sarebbe stato questo l’alibi approntato alla meno peggio da una donna residente a Chieti, in Abruzzo, per distogliere da sé le attenzioni della polizia che l’aveva convocata, dopo avere ricevuto dal sito eBay una segnalazione riguardante uno strano acquisto: la signora, originaria della Sicilia, aveva ordinato divise da carabinieri.

Per i magistrati della procura di Catania, dietro quella consegna ci sarebbe stato il primo pezzo di un puzzle che, una volta completato, avrebbe dovuto portare alla commissione di un omicidio o forse addirittura a una strage. Ideatore dell’intero progetto – stoppato dall’arresto eseguito dalla polizia nell’ambito dell’ultimo blitz contro il gruppo Scalisi, articolazione che ad Adrano fa riferimento al clan Laudani – sarebbe stato il 48enne Pietro Lucifora.

La sete di vendetta e l’agguato del clan Scalisi per vendicare il figlio di Pietro Lucifora

Conosciuto come Pietro Diecimila e in passato già condannato per associazione mafiosa, Lucifora avrebbe voluto placare il dolore per la perdita del figlio 17enne, morto dopo essere stato accoltellato ad aprile scorso in una rissa a Francofonte.

Per riuscirci, l’uomo avrebbe coinvolto il fratello e alcuni parenti residenti nel centro Italia. Il piano in sintesi sarebbe stato questo: recuperare delle armi per poi partire da Chieti a bordo di un furgone privo di sistemi satellitari e arrivare nella località del Siracusano, dove sarebbe partita la caccia al fratello dell’omicida – quest’ultimo era irraggiungibile essendo rinchiuso in carcere – e a persone a lui vicine.

Per agevolare la riuscita dell’agguato, Lucifora e i complici si sarebbero dovuti presentare vestiti da carabinieri. Dopodiché, date alle fiamme le divise, sarebbero ritornati a Chieti, lì dove sin dal primo momento sarebbero rimasti i cellulari nell’intento di simulare la propria costante permanenza in Abruzzo.

Lucifora avrebbe anche pensato a un alibi: per settimane avrebbe scambiato messaggi romantici con la figliastra dello zio, fingendo un rapporto extra-coniugale che in qualche modo avrebbe dovuto giustificare la trasferta fuori dalla Sicilia.

Mani di sarta

“Però non ti ingrassare più, Pietro”. Due mesi fa, quando il progetto omicidiario di Lucifora aveva iniziato a strutturarsi, l’uomo chiacchiera con lo zio Salvatore Schilirò, originario di Catania ma da tempo residente a Chieti.

Lucifora non sospetta di avere un trojan nel proprio cellulare e al parente che gli suggerisce di non prendere peso, dato il recente arrivo delle divise da carabiniere, risponde: “No, zio, anzi forse qualche chilo lo perdo”.

Oltre a dovere entrare nei vestiti, sarebbe stato necessario prendere anche altri accorgimenti. Come fare in modo che le divise fossero quanto più simili alle versioni originali indossate dai militari dell’Arma. “Ma qua gli dobbiamo fare le righe pure. I due stemmi vanno qua sopra”, rifletteva lo zio. Il compito di realizzare gli interventi era stato affidato a una sarta, probabilmente ignara dell’utilizzo che sarebbe stato poi fatto di quegli indumenti.

Il messaggio in chat

Con il passare delle settimane, Lucifora e il fratello Mario, anche lui arrestato, avrebbero ragionato su come recuperare le armi necessarie per compiere gli omicidi. Lucifora avrebbe voluto non intaccare né coinvolgere il clan. I due fanno riferimento a un possibile acquisto da effettuare a Linguaglossa, poi a un soggetto di Maniace. Per gli inquirenti, la volontà di uccidere sarebbe stata chiara. Non un mero sfogo davanti all’incapacità di accettare la perdita del figlio.

A far propendere verso questa lettura sono stati anche due episodi accaduti nei giorni e nelle settimane successive all’accoltellamento: la madre dell’autore del delitto, Francesco Milici, e il fratello hanno denunciato di essere stati minacciati.

Nel secondo caso, il giovane ha raccontato ai carabinieri che mentre stava effettuando una diretta su Instagram qualcuno gli aveva scritto in chat – in modo da essere letto da tutti – una frase inquietante: “Goditi i giorni di pace, che appena arriva la guerra non ti piacerà”. Stando a quanto ricostruito dagli investigatori, Lucifora pensava di poter entrare in azione il giorno in cui il fratello dell’assassino di suo figlio andava a giocare a calcetto con gli amici.

Iscriviti gratis al canale WhatsApp di QdS.it, news e aggiornamenti CLICCA QUI