Agricoltura tra siccità e alluvioni, così la Sicilia diventerà una steppa - QdS

Agricoltura tra siccità e alluvioni, così la Sicilia diventerà una steppa

Gabriele DAmico

Agricoltura tra siccità e alluvioni, così la Sicilia diventerà una steppa

sabato 18 Dicembre 2021

La tropicalizzazione del clima, con poche e violente precipitazioni, sta già provocando ingenti danni alle campagne. Il 70% del territorio è a rischio desertificazione

PALERMO – Immense distese di sabbia, carenza di acqua e temperature estremamente elevate. Non si tratta dell’ambientazione di un film distopico di una società futura come “Mad Max”. Ma di quello che da qui a qualche decennio potrebbe accadere al territorio siciliano a causa della galoppante desertificazione. Fenomeno che si sta già verificando in alcune parti dell’Isola. “In Sicilia – spiega al QdS il presidente di Confagricoltura Sicilia, Rosario Marchese Ragona – purtroppo questo fenomeno è già comparso nella fascia sud-orientale e ben presto si potrebbero aggiungere altre porzioni di territorio che a causa dell’abbandono hanno perso la fertilità che è una componente importante contro la desertificazione. Degrado forestale e disboscamento, erosione, impermeabilizzazione e dissesto idrogeologico si traducono in un impoverimento dei terreni e in un avanzamento del fenomeno a cui fin da subito occorre porre rimedio”.

I numeri del deserto che avanza in Sicilia

Di fronte al cambiamento climatico, la Sicilia è indicata da tutti gli studi come uno dei territori italiani ed europei a maggior rischio di desertificazione e siccità. Secondo le ultime stime della Commissione europea, risalenti al 2018, oltre il 70% dei suoli siciliani è a rischio di perdere la propria capacità di produrre risorse e biomassa. Una percentuale confermata anche da uno studio del Cnr (Consiglio nazionale delle ricerche) risalente al 2019 e da uno dell’Osservatorio risorse idriche del 2020. In quest’ultimo studio, inoltre, è stato evidenziato come la causa di questo fenomeno non sia da individuare soltanto nella siccità e nei cambiamenti climatici, che comunque sono di notevole importanza: secondo un recente rapporto dell’Ispra, nel 2020 la Sicilia è stata uno dei territori italiani più colpiti da anomalie negative di precipitazione che hanno raggiunto picchi del -80% e con l’inverno più “asciutto” dal 1921.

Ma oltre alla scarsa quantità di piogge, il problema centrale consisterebbe nella scarsa capacità di raccolta delle acque piovane e nello spreco delle risorse idriche stesse. Spreco attestato dalle perdite delle reti idriche, che arrivano fino al 50% dell’acqua trasportata: solamente metà dell’acqua erogata arriverebbe a destinazione. La problematica delle reti colabrodo, secondo il presidente di Confagricoltura Sicilia, pesa “molto” sul rischio di desertificazione e, di conseguenza, anche sulle imprese agricole. “Confidiamo in un riesame dei progetti che non hanno trovato accoglimento all’interno del Pnrr. Sarebbe un paradosso escludere una delle Regioni più assetate d’Europa da questi finanziamenti. Da agricoltore della provincia più assetata della Sicilia spero che presto possa giungere a conclusione la lunga e tormentata vicenda dei Consorzi di bonifica attraverso l’approvazione del disegno di legge governativo che da più di tre anni è rimasto incagliato nelle sale del Parlamento siciliano”.

Conseguenze sull’agricoltura

Le conseguenze di una desertificazione del 70% del territorio siciliano sarebbero disastrose. “Lo scenario – spiega Ragona – sarebbe quello di un territorio arido ed invivibile che determinerebbe il conseguente arretramento della popolazione verso le zone costiere già oggi alle prese con gravi problemi di ordine sociale ed economico”. Una situazione insostenibile che, tuttavia, si sta già verificando in alcune zone della Sicilia. Soprattutto quelle a forte vocazione agricola, dove la sempre più prolungata siccità da un lato e le piogge sempre più intense e brevi dall’altro stanno causando enormi danni ambientali ed economici.

Secondo Coldiretti, infatti, il recente maltempo che ha flagellato la Sicilia dopo un’estate arida ha trasformato i terreni in vere e proprie paludi, mettendo a rischio la semina per il prossimo anno. Secondo quanto emerge dal monitoraggio della Coldiretti, inoltre, il maltempo ha bloccato la raccolta delle olive e si contano campi allagati, fiumi esondati e problemi alla viabilità nelle strade rurali. Una situazione che ha fatto salire il bilancio dei danni nelle campagne ad oltre 2 miliardi di euro.

“Mai come quest’anno – continua il presidente di Confagricoltura Sicilia – abbiamo toccato con mano ciò che significano, per il settore agricolo, i mutamenti climatici e gli effetti devastanti che questi possono provocare su un territorio fragile ed in progressivo abbandono come si è dimostrato quello siciliano. Ad una stagione estiva caratterizzata da eccessi termici che sono stati causa di incendi che hanno interessato i territori di oltre 250 comuni è seguito un autunno caratterizzato da piogge torrenziali, cicloni e trombe d’aria. A fare i danni maggiori è stata l’intensità delle precipitazioni laddove nell’arco di poche ore si sono riversati millimetri di acqua molto superiori di quanto mediamente registrati nell’arco di un’intera stagione invernale. Oltre ai danni immediati come frane, smottamenti e allagamenti, perdita di bestiame e di produzioni in pieno campo per finire con la cascola di frutti pendenti, in particolare di olive ed agrumi, il ristagno di acqua rischia di causare danni irreparabili all’apparato radicale delle coltivazioni arboree esponendole anche ad attacchi fungini e marciume. Per questa ragione saranno i prossimi mesi a darci l’esatta entità dei danni provocati dalle recenti alluvioni, tenendo presente che già adesso prevediamo concrete possibilità di rischio anche per il settore cerealicolo e foraggero per la materiale impossibilità ad effettuare le semine autunnali”.

Deputata Palmeri (Verdi) lavora a ddl:
“Incompleta la strategia della Regione”

PALERMO – La desertificazione è un rischio che la Sicilia, già fragile dal punto di vista economico e sociale, non si può permettere. E le zone che stanno già soffrendo a causa di questo fenomeno dovrebbero cominciare a essere bonificate. A farlo, ci dovrebbe pensare la Regione che con una dettagliata strategia di 119 pagine, presentata in pompa magna nel giugno del 2019 dall’Autorità di bacino, si è impegnata a compiere numerose azioni per contrastare la desertificazione. Azioni che in gran parte sono in capo a vari dipartimenti della Regione: da quello dell’Agricoltura a quello dell’Acqua e rifiuti.

“Quando fu presentata questa strategia – spiega in esclusiva al QdS la deputata Ars dei Verdi Valentina Palmeri – chiesi proprio un’audizione per capire che cosa stessero facendo. Ebbi modo di segnalare come all’interno di questa strategia dell’autorità di bacino mancassero alcuni obiettivi principali che sono fondamentali per il contrasto alla desertificazione come, per esempio, tutti gli aspetti vegetazionali. Loro entravano nel merito soprattutto delle dighe e quindi della raccolta delle acque. Ma ad oggi sappiamo che ci sono molti aspetti problematici legati alle dighe: una manutenzione che spesso stenta ad essere portata a compimento, un problema di perdite idriche ancora molto presente, un problema di dighe che spesso devono essere svuotate perché rischiano di riempirsi troppo e quindi purtroppo lasciano defluire le acque. Io credo che la Regione sia lontana da questi obiettivi che aveva delineato nel 2019”.

I suggerimenti per rendere questa strategia completa ed efficiente dovrebbero essere ascoltati da chi tocca con mano tutti i giorni gli effetti della desertificazione: gli agricoltori. Per questo abbiamo chiesto al presidente di Confagricoltura Sicilia quali sono le loro proposte per contrastare questo fenomeno. “Oltre al completamento della rete infrastrutturale per la raccolta e la distribuzione delle acque – dichiara Ragona – proponiamo il potenziamento dei canali della ricerca applicata e dell’innovazione tecnologica dei processi produttivi, sul modello israeliano, ed un potenziamento di tutti gli strumenti a garanzia del reddito. Da sempre abbiamo sostenuto che l’agricoltura è una fabbrica a cielo aperto, ma ora più che mai si rende necessaria una maggiore copertura. Come organizzazione stiamo lavorando per mettere a disposizione dei nostri associati forme di assicurazione agevolata in grado di contenere i rischi ed accelerare, in caso di danni, la ripresa produttiva: un suolo fertile contribuisce in modo importante a mitigare il cambiamento climatico, preservando la biodiversità e gli ecosistemi”.

Tutti suggerimenti che potrebbero trovare riscontro nella strategia della Regione se non fosse che, come dice Valentina Palmeri, si tratta di un “una strategia che effettivamente era incompleta e in cui mancavano alcuni pilastri”. Proprio per questo la deputata dei Verdi, sta lavorando ad un Ddl che entro dicembre potrebbe già essere presentato in commissione Ambiente all’Ars. “Questa proposta di legge vuole delineare una prima strategia con obiettivi ampi e numerosi per contrastare la desertificazione partendo dalle aree pubbliche e non da quelle agricole. L’istituzione di una strategia che parta da una corretta gestione delle acque, per fare un esempio: il riutilizzo delle acque reflue puntando al potenziamento dei depuratori che potrebbero riutilizzare le acque reflue al posto di buttarle in mare, la raccolta delle acque piovane e l’utilizzo del compost, che è una risorsa fondamentale che potrebbe consentire, utilizzandolo nei suoli a maggior rischio desertificazione, il trattamento di questi terreni”.

Altre strategie importanti da mettere all’interno di questo piano di contrasto alla desertificazione sono quelle della riforestazione e del contrasto agli incendi. “All’interno di questo Ddl – continua Palmeri – ci saranno anche alcune modifiche normative che entrano nel merito dei catasti. Nella maggior parte dei comuni tutte le aree bruciate non vengono vincolate e quindi si continua a distruggerle e sfruttarle. Un problema che è legato anche alle aree demaniali. Sono tanti gli aspetti che stiamo cercando di inserire all’interno del Ddl e mi sto confrontando con alcuni specialisti delle università, con figure istituzionali degli assessorati competenti, con le autorità di bacino”. Insomma, le intenzioni ci sono. Bisogna vedere se la volontà ci sarà e se questo Ddl riuscirà ad uscire dalla labirintica commissione Ambiente dell’Ars o farà la fine di riforme come quella dei forestali o quella dei rifiuti.

“Sto cercando di coinvolgere più deputati possibili, quelli che hanno sensibilità e competenze nell’ambito delle acque e della depurazione. Fra l’altro anche il presidente della commissione Cambiamenti climatici, Nello Di Pasquale, vuole firmare il Ddl. Non penso che qualche partito si metta di traverso. Però non si può mettere mai la mano sul fuoco perché andando verso fine legislatura, ci potrebbero essere delle problematiche legate alle campagne elettorali e più si va verso la fine, più è difficile effettivamente essere sempre propositivi e guardare solo al bene della Sicilia per alcuni partiti. Mi auguro che in questo caso la regola sia smentita”.

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