AGRIGENTO – Il tema biologico riveste un aspetto sempre più importante in un’ottica di salvaguardia della natura, in un’epoca come la nostra che ha fatto venir meno i principi base di un vivere in armonia tra uomo e ambiente. In tale direzione parte da Agrigento la creazione di una rete delle “Città bio-slow”, che uniscono il biologico ai principi dello slow food, il cibo “lento”. L’annuncio è arrivato al termine del convegno “Agricoltura, cibo e Territorio”, tenutosi allo spazio Temenos, patrocinato dall’Ordine degli Agronomi e dei dottori forestali della provincia, dal Distretto del cibo bio slow Pane e olio e dalla rete dei distretti Bio slow.
Per capirne di più, abbiamo contattato Maria Mangione, presidente dell’Ordine dottori agronomi e forestali di Agrigento: “Abbiamo una sola certezza oggi nel dire che così come si è fatto non si deve più fare. Cambiamo quindi paradigma basandoci sulla sostenibilità ambientale, economica e sociale e questo può avvenire solo rispettando l’orologio biologico della natura”.
Ciò che deve cambiare è “il modo di rispettare il proprio territorio. Deve iniziare una riflessione profonda e fattiva, questo stile sfrenato dell’avere tutto e subito, con un domani che già diventa ieri, pone in essere non solo il problema dello sfruttamento della natura ma anche lo sfruttamento del lavoro”.
Una battaglia etica, come ha sottolineato Mangione: “È ancora perseguibile questo modello di sviluppo? È ancora perseguibile l’enorme disuguaglianza tra Paesi più o meno sviluppati? E ancora, dov’è l’etica?”.
Viene solo una riflessione: fin quando tutto girerà attorno al denaro tutti questi cardini fondamentali del vivere passeranno in secondo piano. “Esprimeva bene questo concetto il grande capo di una Tribù indiana dicendo che quando l’ultimo pesce sarà pescato, l’ultimo albero abbattuto, l’ultimo animale cacciato ci renderemo conto che i soldi non si possono mangiare”.
Per portare avanti questa battaglia, però, occorre fare di più. “La categoria professionale che rappresento deve necessariamente coadiuvarsi con chi il territorio lo governa. In tale direzione andremo ad interloquire con gli enti locali, facendo delle tavole rotonde. Noi possiamo dare lo strumento tecnico, ma la gestione del territorio è degli amministratori. Ma c’è da considerare un altro aspetto primario, la politica che deve davvero essere inclusiva: le persone devono realmente comprendere e fare la loro parte, bisogna imparare a comprare frutti non perfetti perché Bio significa imperfezione nella forma ma significa anche alta qualità”.
Questo risultato si può raggiungere soltanto “con la formazione degli Enti Locali e con l’informazione e la formazione nelle scuole, dove lì risiede il sapere delle future generazioni ed a loro va data la giusta consapevolezza del vivere. Punteremo ad intensificare il Bio nella nostra società. L’economia non deve essere vista in maniera lineare ‘produco il bene e il conseguente rifiuto’, ma deve essere circolare dove ogni elemento diventa risorsa, anche lo scarto”.