CATANIA – Deborda di sentimenti e umori, liberando una leggerezza della quale anche i figli della contemporaneità nostra, dominata dall’ottusa ferocia dei social, sentono un enorme bisogno. Così, a più di trent’anni dal debutto, “Piccolo grande varietà”, in scena al Brancati di Catania e illuminato dalla luce di un giovanotto novantunenne, raccoglie ancora uragani d’applausi. E, soprattutto, riesce a far uscire dal teatro tutti gli spettatori con volti sorridenti e sereni, guariti dallo spleen dei giorni che viviamo, dopo aver trangugiato un’effervescente pozione che mescola le facce sbilenche dei comici, le eccellenti voci dei cantanti, la maestria della piccola orchestra e naturalmente quella dei ballerini. Perché di questo era – ed è ancora – fatto il varietà: di battute e indimenticabili canzoni, di lustrini e paillettes e di… gambe, gambe, gambe.
Che importa se il palcoscenico è sempre troppo piccolo e le ballerine s’attaccano alle adesive tende argentate della scenografia di Carmelo Miano: è davvero stupefacente come questa rappresentazione – nata dalla fantasia di Mario e Ottavio (Marot’s) Sangani della Brigata d’arte, che ne firmano anche la regia -, riesca a narrare in due ore e mezza centotrent’anni di un mondo in perenne mutazione, trascinato anche in due conflitti mondiali. E la colonna sonora – con indimenticabili brani, che hanno accarezzato almeno sei generazioni – viene percepita come un’unica canzone.
Da Orazio Torrisi, anima del Teatro della Città, ho appreso che la selezione di quei motivi musicali si deve a un artista scomparso cinque anni addietro e pilastro della Catania dello spettacolo. A cominciare da quella radiofonica di Mario Giusti, che, nel dopoguerra, aveva prodotto per la Rai trasmissioni di grande successo grazie alla verve di Turi Ferro e Nuccio Costa, ai testi di Gerardo Farkas e a un grande pianista. Di Nino Lombardo parliamo, primo direttore d’orchestra di “Piccolo grande Varietà”. Era stato lui, quand’era un divo “della Rai tv”, a lanciare la coppia formata dall’irresistibile Tuccio Musumeci e da Pippo Baudo, creatore della moderna tv. Se poi vi state chiedendo cosa avessero fatto insieme, quei tre, la risposta è: il varietà! Sul palcoscenico del Brancati, dunque, Emanuele Puglia – da trent’anni nella parte del Virgilio che accompagna il pubblico – è tornato a narrare il viaggio in questo rilucente mondo, segnato dai mitici costumi delle Sorelle Rinaldi. Una storia che parte qualche decennio prima di quella “Grande guerra, venuta a spazzar via i sogni e le illusioni di un’epoca felicemente chiamata bella”.
Così, dalla Belle Époque e dai Cafè chantat, anche napoletani, si passa ai Tabarin, all’Operetta, ai Cabaret, all’Avanspettacolo, alla Rivista, per concludersi con il Musical dopo una fugace incursione nella Lirica. A qualunque genere appartenessero, quelle canzoni, rappresentarono sempre un balsamo, capace di lenire, in qualche modo, i lutti e gli orrori, riconsegnando speranze e dignità a una razza umana sconfitta da sé stessa.
In quest’ultima versione del Piccolo grande Varietà, la cantante Alessia Moio: commuove tutti con una lacerante versione de ‘O surdato ‘nnammurato. Bravissima anche il soprano Cosetta Gigli, in particolare con New York, New York e irresistibile, nel Vincerò dalla Turandot, il tenore Massimiliano Costantino. Grandi applausi anche al crooner Claudio Musumeci con The lady is tramp. Poi, come spiega il rilucente Virgilio, “Irrompono sulla scena comici e macchiettisti, a suscitare l’entusiasmo”. E, signore incontrastato diventa l’irraggiungibile commendator Concetto Musumeci in arte Tuccio. Ben più che un semplice interprete: una Maschera. Come Pulcinella, Nofriu, Peppininu.
È la liscia catanese che si fa carne e per far sganasciare gli spettatori a lui non serve parlare o gesticolare: gli basta fissarli con i suoi mobilissimi occhi. Gli attori che gli fanno da corona sono tutti davvero bravi, da Enrico Manna a Vincenzo Volo. E Alberto Abbadessa, Alessandro Caramma, Lorenza Denaro, Andrea Grasso, Barbara Gutkowski, Fausto Monteforte, Lara Marta Russo. Applausi anche per i ballerini – Cecilia Blanciforti, Alessandra Cardello, Alessandro Caruso, Martina Luca, Rosy Magrì, Mario Mannino, Gaetano Messana, Finuccia Pistorio, Giorgia Terrasi – che, esibendosi in valzer, fox trot e charleston, eseguono i movimenti coreografici di Carmelita Mazza. E naturalmente per l’orchestra: Domenico Longo, Diego Cristofaro, Vincenzo Adorna, Franco Costanzo, Orazio Pulvirenti. Scorrendo il programma di sala ci si rende conto che sul palcoscenico si avvicendano trenta persone. E, per questa produzione del Teatro della Città, altre quindici hanno dato il proprio apporto dietro le quinte. Gli scroscianti applausi, dunque, sono anche il risultato di uno straordinario lavoro di squadra.

