Pulizzi: "La pesca un comparto fondamentale ma che può crescere ancora" - QdS

Pulizzi: “La pesca un comparto fondamentale ma che può crescere ancora”

Francesco Sanfilippo

Pulizzi: “La pesca un comparto fondamentale ma che può crescere ancora”

venerdì 17 Marzo 2023

Forum con Alberto Pulizzi, dirigente generale Dipartimento Pesca mediterranea

Intervistato dal vice presidente Filippo Anastasi, il dirigente generale del Dipartimento Pesca mediterranea, Alberto Pulizzi, risponde alle domande del QdS.

Com’è strutturato il vostro Dipartimento in rapporto con l’assessorato all’Agricoltura?
“Prima di passare all’Agricoltura apparteneva all’assessorato alle Attività produttive. Con il passaggio ci siamo trovati in difficoltà per motivi organizzativi e logistici. Adesso il nostro trasferimento a piazza Marina, nel Palazzo della Zecca, i cui due piani superiori appartengono alla Regione, ci consente di poter interagire meglio con la Capitaneria di Porto, con le associazioni di categoria e con l’Autorità di Sistema portuale. D’altronde, la pesca siciliana costituisce il 20% del potenziale economico della pesca nazionale ed è la prima in Italia, seguita dal Veneto, dalle Marche e dalla Puglia. Un comparto che vale un miliardo e cento milioni di euro. Riguardo alla pesca del tonno, invece, la prima marineria è la Campania”.

Proprio sulla questione tonni: come mai la Sicilia ha una quota bassa rispetto alle sue potenzialità?
“Prima che l’Unione europea desse delle indicazioni sulle quote dei tonni, la pesca di questo pesce era libera. Poi, l’Ue chiese per iscritto quanti tonni pescassero gli operatori, tenendo conto della dichiarazione fatta su cui basarono la quota assegnata. In realtà, l’Ue non vuole togliere il sostentamento ai pescatori, ma l’Ue ha basato l’assegnazione delle quote sui dati comunicati dal Ministero, perciò i campani, che ne dichiararono di più, ottennero le quote maggiori. Inoltre, le quote di pesca assegnate possono essere vendute, per cui molti pescatori del salentino si sono accaparrati quelle altrui”.

Qual è il principale punto critico del mondo della pesca siciliano?
“Il mondo della pesca va dalla produzione, tra pescato e acquacoltura, alla commercializzazione. Del miliardo di euro, 220 milioni sono prodotti dalle imprese di pesca, mentre degli 800 milioni restanti, 300 milioni vanno alla lavorazione, 500 milioni alla commercializzazione. Siamo bravissimi a vendere il nostro prodotto, che è trainante, ma le nostre imprese di trasformazione utilizzano l’80% del pescato estero, contro solo il 20% recuperato dalle nostre coste. Questo perché la domanda è talmente elevata che il nostro prodotto non è sufficiente. Vero è che nelle etichette la provenienza estera o locale è specificata, ma il consumatore comune, magari distratto, non dà importanza a quest’aspetto. L’impresa che deve garantire la fornitura de prodotti, devono agire in questo modo per continuare a sopravvivere, altrimenti il mercato arretra. Poi, noi scontiamo la nostra insularità: il nostro prodotto non arriva facilmente ai mercati internazionali e paghiamo anche la mancanza di sconti e l’importazione di materie prime da lavorare ne risente”.

Quante sono le imprese siciliane nel settore della pesca?
“Ci sono oltre 2.600 barche, 1.100 imprese circa e 5.500 marittimi impiegati, ma il lavoro del pescatore è usurante, peggio dei metalmeccanici, poiché gli spazi sono angusti e si maneggiano attrezzi pericolosi. Attualmente, le prime marinerie siciliane sono Mazzara, Sciacca, Porticello e Scoglitti”.

Tra i problemi che affliggono il comparto c’è quello del ricambio generazionale. I giovani non sono attratti da questo lavoro…
“Calare le reti è un impegno che dura tutto il giorno e così fino a quando le stive non sono piene. Oggi il valore del pescato è tale da non indurre i giovani a intraprendere questo mestiere, poiché i margini di profitto non sono redditizi. Per questo motivo, i nostri equipaggi sono costituiti in maggioranza da stranieri. Molti giovani lo fanno, perché sono figli d’arte e non se la sentono di far demolire le barche. Oggi è necessario che il pescatore abbia un prodotto ben pagato al giorno, garantendo un adeguato sostegno alla sua famiglia. Per ottenere questo, occorre offrire un prodotto che copra più mesi l’anno, poiché anche i pesci hanno i loro cicli annuali di nuove nascite e questi periodi sono diversi da specie a specie. Perciò, per i pescatori occorre fare il modo che la gestione del pescato sia più lunga possibile e quello che prendono non deve essere congelato, ma va venduto con un prezzo adeguato. È un fatto di mercato, non di leggi poiché su queste si può intervenire. Il pescato è venduto subito e questo deprezza il prodotto. Alcuni produttori hanno creato delle Op, Organizzazioni di produttori, che garantiscono la gestione del prodotto di maggiore nicchia come il gambero, ma altre specie non ottengono la stessa attenzione. Abbiamo per esempio il tonno allitterato che ha delle carni pregiate ma è meno conosciuto. Occorre organizzare degustazioni, trovare le ricette per promuoverle e valorizzare le loro qualità”.

Valorizzazione e promozione essenziali per far conoscere i prodotti della Sicilia

Quali sono le azioni che la Regione ha intrapreso per sostenere il settore della pesca?
“La Regione ha preso due provvedimenti cercando di intervenire finanziariamente con aiuti concreti, come nel caso del Covid e del caro gasolio cui daremo 14 milioni di euro. In realtà, stiamo cerando di fargli capire che i pescatori devono diventare imprenditori di sé stessi, attuando delle misure per le quali stiamo cercando di dare valore al loro prodotto. Noi lavoriamo in modo che i pesci negletti dimenticati siano valorizzati. I pesci negletti sono tutte quelle specie consumate, dalle carni ottime, ma che sono poco conosciute, per cui non ottengono al valorizzazione che meritano. Così, stiamo organizzando eventi e manifestazioni per promuovere il pescato locale e le specie meno importanti. Il prodotto diviene importante non solo per la qualità che ci deve essere, ma anche se si conosce come cucinarlo. Purtroppo, i pescatori sono abituati ad agire da soli e non sanno fare squadra. Ora, le nuove generazioni cominciano a collaborare”.

Molto dipende dall’assenza di comunicazione: spesso è per questo che non si conoscono tutte le iniziative promosse…
“Stiamo cercando di aumentare la comunicazione, che dipende dalla disponibilità di fondi che sono europei. Quest’anno dobbiamo chiudere il programma Feamp (Fondo europeo affari marittimi), per aprire quello del Feampa, la cui a aggiunta in finale indica l’acquacoltura. Qualunque bando sia fatto, deve essere finito entro dieci/dodici mesi, per cui sono delle cifre ridotte e ritagliate su quello che vogliamo. Con l’assessore, per esempio, abbiamo pensato già dall’anno prossimo di attivare con il Feampa un bando di gara sovrasoglia che ci permetta di individuare quell’azienda europea che disponga un’attività programmata quantomeno a livello nazionale. Si tratta di un’attività composta da pubblicità e organizzazione di eventi per valorizzare i prodotti ittici negletti. Un’altra iniziativa riguarda l’individuazione di un’azienda che operi negli aeroporti per mettere in onda spot pubblicitari televisivi”.

Sostegno per i pescatori e tutela della biodiversità

Quali sono le altre criticità della pesca?
“Una criticità è di non avere un mercato stabile, perché è condizionato dal periodo. I pescatori che sono attrezzati per lavorare con specie ben precise non ce la fanno a sopravvivere. Per questo hanno autorizzazioni specifiche per specie mirate. Un’altra criticità è nella necessità di dare un maggiore sviluppo alle imprese di produzione. Le aziende che hanno il 70% della trasformazione sono concentrate in cinque-sei attività, le altre si dividono il resto. Occorre delocalizzare la trasformazione, per cui serve un’impresa di trasformazione vicino al luogo di produzione”.

Ci sono misure per sostenere le attività dei pescatori?
“Sì, ci sono varie misure che servono a finanziare attrezzi da pesca e interventi sulle barche per il 70%-80%. L’acquisto delle barche non è previsto dalla legislazione europea, che mira a diminuire lo sforzo di pesca mediterraneo, conservando quello che è l’attuale quantità. Però, nel Mediterraneo si affacciano Paesi africani e asiatici che non hanno le regole europee, perciò le loro marinerie, i cui marittimi hanno lavorato per anni nelle nostre barche, hanno mano libera nelle catture”.

Quali provvedimenti avete preso per tutelare la biodiversità marina?
“La Sicilia è la prima regione d’Italia per riserve marine protette. In più, abbiamo i nostri piani di pesca che impediscono l’attività in determinati periodi dell’anno e in alcune aree ben precise che attiviamo con le associazioni dei produttori o del Cogepa, oltre al piano di pesca nazionale. Inoltre, dall’Europa è stata vietata la pesca nei tre grandi golfi della Sicilia: Patti, Castellamare del Golfo e Catania”.

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