Matteo Messina Denaro e il medico che gli avrebbe permesso di curarsi nascondendo la sua identità: i dettagli del rapporto tra i due.
Manette per il dottor Alfonso Tumbarello e per Andrea Bonafede, cugino e omonimo dell’Andrea Bonafede che ha prestato la sua identità a Matteo Messina Denaro, arrestato lo scorso 16 gennaio dal ROS dell’Arma dei carabinieri.
Le indagini che hanno fatto seguito all’arresto del latitante si sono indirizzate, innanzitutto, verso coloro che, quanto meno nel periodo più recente caratterizzato dalla grave patologia di cui Messina Denaro è risultato affetto, sono stati più vicini al boss, prestandogli i supporti necessari per l’ulteriore
prosecuzione dello stato di latitanza e, quindi, anche per il mantenimento del riconosciutogli ruolo direttivo ricoperto nell’ambito dell’associazione mafiosa.
Il ruolo di Andrea Bonafede e Alfonso Tumbarello nella latitanza di Messina Denaro
È stato, quindi, per primo individuato Andrea Bonafede, classe 1963, cui era risultata intestata la carta d’identità utilizzata dal latitante ancora al momento del suo arresto. Nei suoi confronti, le autorità giudiziarie hanno emesso – lo scorso 23 gennaio 2023 – un’ordinanza applicativa della misura cautelare in carcere per il reato di partecipazione all’associazione mafiosa denominata “Cosa nostra”.
Le indagini si sono poi indirizzate nei confronti del dottor Alfonso Tumbarello, medico che risultava avere seguito il percorso terapeutico di Matteo Messina Denaro con la falsa identità di Andrea Bonafede, e nei confronti del cugino omonimo di quest’ultimo, Andrea Bonafede, classe 1969. Le indagini, informano gli inquirenti, sono ancora in fase di svolgimento.
Chi è il medico Alfonso Tumbarello
L’ordinanza nei confronti di Alfonso Tumbarello è stata spiccata “per avere concorso, senza prendervi parte, nell’associazione mafiosa Cosa nostra, assicurando al sodalizio le proprie competenze mediche e i propri poteri derivanti dalla qualità di medico di medicina generale convenzionato con il Servizio Sanitario Nazionale.
In particolare, “compilando e redigendo numerosissimi falsi documentali a nome del suo assistito ‘Andrea Bonafede’, garantiva all’esponente di vertice dell’intera associazione Matteo Messina Denaro, durante la sua latitanza, l’assistenza sanitaria, l’accesso alle cure pubbliche e un intero percorso terapeutico sotto falsa identità, con ciò consentendo all’associazione mafiosa di continuare a essere gestita, diretta e organizzata dal predetto Messina Denaro” e per avere “in concorso con Andrea Bonafede e altri in corso di identificazione, con più atti esecutivi di un medesimo disegno criminoso, nell’esercizio delle funzioni di medico di medicina generale convenzionato con il Servizio Sanitario Nazionale e dunque di pubblico ufficiale, formato falsamente atti pubblici (anche informatici), e segnatamente in numero di almeno 95 per la somministrazione farmaci e di almeno 42 per lo svolgimento di analisi ed esami diagnostici, tutti formalmente prescritti a “Bonafede Andrea nato a Campobello di Mazara il 23.10.1963”, ma in realtà prescritti a Matteo Messina Denaro. Con l’aggravante della “falsità concernente atti o parti di esso fide facenti”.
Andrea Bonafede, il cugino del prestanome
L’ordinanza nei confronti di Andrea Bonafede è scattata “per avere, in concorso con altri in corso d’identificazione, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, aiutato Matteo Messina Denaro – latitante da 30 anni ed al vertice dell’associazione mafiosa Cosa Nostra – a sottrarsi all’esecuzione delle pene comminate nei suoi confronti (…), ritirando e consegnando per suo conto presso lo studio medico del dott. Tumbarello le prescrizioni di farmaci e visite specialistiche nonché più in generale documentazione sanitaria intestate al cugino Andrea Bonafede ma riferibili in realtà a Matteo Messina Denaro”.
Lo sviluppo delle indagini
Ad entrambi viene riconosciuta “l’aggravante dei fatti commessi al fine di agevolare le attività dell’associazione criminale Cosa nostra”.
Nell’OCC è riportato anche lo sviluppo delle indagini. Prima la scoperta della falsa identità e, subito dopo l’arresto del latitante, che aveva con sé un falso documento di identità̀ a nome proprio di Andrea Bonafede, si è acquisita la confessione del “vero” Bonafede, che ha ammesso di aver ceduto, anni prima, il suo documento e la propria identità a Messina Denaro.
Le dichiarazioni e altri elementi acquisiti durante le indagini hanno permesso di ricostruire come Matteo Messina Denaro abbia utilizzato il nome di Bonafede per l’intero iter sanitario, iniziato almeno dal luglio 2020.
Un percorso sanitario accompagnato da numerosissime prescrizioni mediche e di analisi e durato, come detto, oltre due anni, con una presenza costante: quella del medico di base – l’odierno indagato Tumbarello – che ha prescritto i farmaci e le prestazioni in favore dell’assistito. Fino allo scorso 9 dicembre, il medico lavorava, convenzionato con il Servizio Sanitario Nazionale, in uno studio a Campobello di Mazara, in via Umberto I n.140.
Tra i suoi assistiti vi erano, a far data dall’ottobre 2018, il “vero” Andrea Bonafede e il suo nucleo familiare. Nei confronti del vero Bonafede (in realtà in buona salute), Tumbarello ha prescritto ben 95 ricette di farmaci per “gravi patologie tumorali, gran parte dei quali prescrivibili e somministrabili dalle farmacie solo su prescrizione del medico di base”. Nei confronti di Messina Denaro, sotto falsa identità, ha invece disposto 42 prescrizioni di esami e analisi.
Gli interventi chirurgici sotto falso nome grazie ad Alfonso Tumbarello
Le prescrizioni di Tumbarello avrebbero consentito al latitante di curarsi ed essere sottoposto ai seguenti interventi chirurgici sotto falso nome:
- Rimozione di un tumore maligno del sigma all’ospedale “Abele Ajello” di Mazara del Vallo (13 novembre 2020);
- Operazione di epatoctomia parziale alla clinica “La Maddalena” di Palermo (4 maggio 2021);
Tumbarello avrebbe anche eseguito personalmente un’accurata anamnesi e valutazione clinica del paziente Bonafede/Messina Denaro, sollecitandone il ricovero a causa della “neoformazione stenosante del giunto retto-sigma”, ricovero cui faceva seguito, a distanza di pochi giorni, l’intervento chirurgico del 13 novembre 2020. Il medico avrebbe poi chiesto in calce alla “scheda” di essere informato – attraverso una “esauriente relazione clinica” – delle condizioni di salute del paziente.
Tumbarello ha seguito Bonafede/Messina Denaro per i successivi 2 anni, continuando a prescrivergli delicatissimi e costosissimi esami diagnostici. Un esempio è la timoscintigrafia globale corporea (PET) eseguita a Mazara del Vallo l’11 gennaio 2021, un altro l’analisi di mutazione DNA e l’estrazione di DNA/RNA e l’analisi di i-nutazione DNA con reazione polimerasica a catena eseguite alla clinica “La Maddalena” il 28 gennaio e l’1 febbraio 2021.
Gli ultimi accertamenti clinici prescritti dal dottore, sulla base degli attuali approfondimenti investigativi ancora non ultimati, risalgono alla fine del novembre 2022, prima del pensionamento del medico.
Andrea Bonafede (prestanome) ha riferito di essersi recato di volta in volta nello studio di Tumbarello per avere ricette destinate a Messina Denaro, dichiarando (in modo palesemente inverosimile) che il medico era convinto che fossero per lui (sebbene egli riferisse di non soffrire di alcuna patologia oncologica).
Il giorno dell’arresto di Messina Denaro
La segretaria ha riferito, inoltre, che proprio il 16 gennaio scorso, giorno della cattura di Messina Denaro, alle ore 9.30 della stessa mattina si era presentato all’ambulatorio il cugino omonimo di Andrea Bonafede per chiedere un farmaco per conto del parente.
Dunque, le dichiarazioni rese nell’interrogatorio da Andrea Bonafede (all’evidenza finalizzate a non coinvolgere oltre che il medico compiacente anche il cugino omonimo) sono decisamente smentite da ben due fonti dichiarative.
Alla stregua di quanto rassegnato può̀ ribadirsi, ancora una volta, che “il dottor Tumbarello ha governato per oltre due anni il percorso sanitario di Matteo Messina Denaro senza che il nome del latitante emergesse mai perché́ occultato dalle false generalità̀ di Andrea Bonafede, escamotage che ha permesso al latitante di continuare a sottrarsi alle ricerche e restare al vertice di Cosa Nostra trapanese”.