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Alimenti e microplastiche, quando il veleno è “invisibile agli occhi”

Alimenti e microplastiche, quando il veleno è “invisibile agli occhi”

Dal cibo fino al sangue: ci sono sempre più evidenze scientifiche sulla presenza di piccole particelle nell’organismo umano con gravissime ripercussioni. Tumori, infertilità e obesità tra le patologie “correlate”. Gli alimenti imballati sul banco degli imputati…

Le nanoplastiche contribuiranno, insieme ad altri fattori, a una lenta e inesorabile estinzione del genere umano che, chissà, in futuro sarà in parte sostituito da umanoidi che di plastica ne sono composti. Lo temono ricercatori e scienziati che in questi ultimi anni hanno avviato una serie di studi e ricerche per appurare quali sono le concause dell’inquinamento da plastiche nel corpo umano e nell’atmosfera e i risultati sono a dir poco agghiaccianti. Si fa strada la certezza di un inquinamento di buona parte di tutte le specie viventi, con una netta percentuale del genere umano. Non è ormai un mistero che le plastiche e i suoi derivati siano all’origine di profondi sconvolgimenti nella natura e nel corpo umano in cui vengono veicolati soprattutto attraverso l’alimentazione.

Le microplastiche nella carne e nel pesce

Mangiamo un pesce prelibato? In buona parte questo è inquinato da microplastiche che poi noi assimiliamo attraverso l’ingestione; oltre a contenere, in certe specie, anche metalli pesanti come il mercurio. Compriamo delle fettine di carne? Sono confezionate in plastica. Qualsiasi prodotto si trovi sui banchi dei supermercati per il 90% dei casi è confezionato da prodotti di plastica e suoi derivati. Gli studiosi si sono accorti di questo enorme inquinamento attraverso un deterioramento del corpo umano.

Dalle microplastiche problemi anche per la procreazione

Da un lato oggi l’aspettativa di vita è più alta, ma dall’altro lato le infiammazioni dovute ad agenti esterni, inquinanti come le plastiche e i prodotti chimici, stanno contribuendo in primis a ridurre nei giovani la possibilità di procreare, già messa a dura prova da cambiamenti sociali con le coppie che decidono di avere un figlio in età molto adulta. Oggi nella donna riuscire a portare a termine una gravidanza dopo i 36 anni è impresa altamente difficile, ma in percentuale anche se dovesse decidere di avere un figlio al di sotto di questa soglia di età molti agenti inquinanti si metterebbero di traverso. Inoltre anche nell’uomo l’inquinamento da nano plastiche e ambientale sta riducendo la carica riproduttiva degli spermatozoi.

Recentemente alcuni ricercatori dell’Università di Catania hanno certificato che a contribuire alle culle vuote ci si mettono anche le micro plastiche. È ancora in corso al Dipartimento di Scienze mediche, chirurgiche e tecnologie avanzate dell’Università d Catania uno studio approfondito, diretto dalla prof.ssa Margherita Ferrante (leggi intervista più in basso), ordinaria di Igiene generale ed applicata, su alcune donne della provincia di Siracusa andate precocemente in menopausa senza alcuna apparente causa scatenante. Ad accorgersi dell’anomalia sono stati i ginecologi della sede distaccata di Siracusa del centro di riproduzione assistita Hera di Catania, il cui direttore è il dott. Nino Guglielmino. Da un attento esame i medici hanno riscontrato una percentuale alta di donne in menopausa prima della conclusione del ciclo naturale ed hanno chiesto il sostegno dell’Università per risalire alle cause. Da un approfondito esame è stato appurato dai ricercatori universitari che gli organi riproduttivi di queste donne, abitanti soprattutto nel triangolo del Petrolchimico Priolo-Augusta-Melilli – ma casi sono stati riscontrati anche in altre aree della Sicilia orientale – presentavano un’alta concentrazione di nano plastiche che avevano innescato una infiammazione cronica dei tessuti impedendo alla donna di essere feconda. Un dato preoccupante che ha spinto l’Università ad andare ancora più a fondo del problema, con una serie di altri studi correlati che sono ancora in corso.

Le microplastiche influirebbero anche nel sistema metabolico delle persone obese

Ma non è solo questo lo studio campione a far preoccupare. Da una recente ricerca effettuata sempre da un team guidato dalla professoressa Ferrante – che dirige anche l’Unità operativa complessa Igiene ospedaliera del Policlinico di Catania – in collaborazione con i colleghi dell’Università di Napoli, è stato certificato che le microplastiche influirebbero anche nel sistema metabolico delle persone obese trasformando parte delle cellule in tessuto adiposo e contribuendo alla diffusione dell’obesità. Inoltre due anni fa la comunità scientifica ha cominciato a concentrare la sua attenzione sugli ambienti terrestri scoprendo che, come negli ambienti acquatici, anche tra le coltivazioni le microplatiche si sono diffuse dappertutto. È stato scoperto che le colture possono assorbire particelle di plastica ed entrare nella catena alimentare, provocando effetti tossicologici ancora in fase di studio. C’è infine un’altra ricerca che ha portato a risultati molto preoccupanti e sorprendenti e si riferisce all’esame di numerosi carcinomi del colon retto, una delle neoplasie più mortali in tutta la penisola. Anche in questo caso nei tessuti cancerosi i ricercatori avrebbero trovato minuscole particelle di plastica e si sta cercando di capire se possano avere influito alla formazione del carcinoma.

Tra i prodotti più dannosi c’è l’acqua imbottigliata

Ormai siamo talmente infestati da micro, nano plastiche e suoi derivati che qualsiasi cosa tocchiamo e soprattutto mangiamo, ci contamina. Tra i prodotti più dannosi c’è l’acqua imbottigliata. Se nelle sorgenti i ricercatori hanno trovato presenze anche molto scarse di particelle di plastica, nelle acque confezionate in bottiglie di plastica le percentuali spiccherebbero in alto, ma con una aggravante: queste confezioni dovrebbero stare lontano dalle fonti di calore, proprio per impedire che le minuscole particelle di plastica si sciolgano e si diffondano nel liquido. Invece molti spedizionieri trasportano l’acqua su gomma, con scarsissime protezioni e queste confezioni rischiano di restare per ore ed ore sotto il sole.

In Italia c’è una associazione che sta facendo sempre più proseliti. Si chiama: “Spesa sballata” che promuove l’acquisto di prodotti sfusi e senza alcuni imballo di plastica. Insomma un ritorno al passato, alla classica busta di carta perché è stato appurato che qualsiasi prodotto che viene confezionato con plastiche o polistirolo in poco tempo sprigiona nanoplastiche che finiscono sulla nostra tavola. Se il mondo continuerà con questi ritmi di produzione di plastiche la via della estinzione è soltanto questione di tempo.

Parla la professoressa Margherita Ferrante, ordinaria di Igiene applicata all’Università di Catania

Dai tumori fino all’infertilità e all’obesità. “Riscontrata correlazione con plastiche”

Non è una novità la notizia che ormai tutto il mondo è invaso dalla plastica che addirittura in alcune aree degli oceani ha già formato immense isole di questo materiale indistruttibile. Ma adesso la diffusione di questo prodotto che negli anni Sessanta venne salutato come una delle più importanti invenzioni della storia umana si sta rivoltando contro il nostro mondo. Ne abbiamo parlato con la professoressa Margherita Ferrante, ordinaria di Igiene generale ed applicata all’Università di Catania che, oltre a confermare la correlazione tra donne in menopausa precoce e presenza di nano plastiche nel liquido follicolare, espone anche i risultati di una altra recente ricerca che mostra legami con l’aumento delle persone obese.

“C’è una correlazione ormai scientificamente provata – spiega la docente -. In un nostro studio recentemente pubblicato su cellule in vitro è stato appurato che le cellule parzialmente differenziate per diventare cartilagini, esposte alle plastiche diventavano invece adipociti, cioè cellule del tessuto grasso. Successivamente all’esperimento in vitro le analisi in loco hanno confermato questo sorprendente risultato”.

Quindi l’essere umano è messo a rischio dalle micro plastiche a 360 gradi, dalla diminuzione delle donne fertili sino alla presenza di nano pastiche in ogni parte del nostro corpo…
“Certo. è stato riscontrato da una ricerca che la diffusione delle nano plastiche può generare infertilità nella popolazione. Ma genera altre problematiche, come l’obesità ed altre malattie. Ci sono tanti studi che stanno dimostrando che le micro plastiche hanno capacità di generare tumori. Noi al momento abbiamo in corso uno studio e che stiamo completando sul cancro del colon retto. è stato certificato che nei tessuti intorno al carcinoma ci sono molte particelle di plastica”.

Non esiste un modo per difendersi da questo terribile inquinamento?
“Restare ai margini di questo inquinamento è molto difficile. C’è gente comunque, che nel corpo ha maggiori quantità di nano particelle di plastica, mentre altre persone ne hanno di meno. Dipende tutto dalle abitudini di vita. Ad esempio chi beve acqua di rubinetto, non usa contenitori in plastica per conservare i cibi, non usa cosmetici non controllati perché anche in questi prodotti ci sono micro plastiche, presenta a un controllo minori quantità di plastica nel corpo rispetto a chi beve solo acqua confezionata in bottiglie di plastica, chi acquista prodotti confezionati in plastica etc… Quella di acquistare prodotti confezionati in plastica è una usanza che deve cambiare. Esiste un movimento nazionale che si chiama ‘Spesa sballata’, dove per sballata non significa sballata in senso di pazza, ma spesa fatta senza imballaggio di plastica. è un movimento sorto già in tante regioni”.

Che percentuali di nano plastiche ci sono nelle acque confezionate?
“Alte. Mentre nelle acque potabili che sgorgano dai rubinetti al massimo troviamo 8-10 particelle, purtroppo le acque minerali ne contengono quantità nell’ordine delle migliaia”.

Bisognerebbe forse munirsi di depuratori domestici…
“Ma a che servono i depuratori? L’acqua potabile è buonissima, io la bevo da quarant’anni, come tutta la mia famiglia. È controllata e quindi perché preoccuparsi?”.

Senta, del caso Siracusa cosa può dirmi. Avete già trovato nano plastica in utero e ovaie…
“Tra un paio di mesi cominceremo ad avere i primi risultati concreti della ricerca. Stiamo raccogliendo i dati. Ancora è presto per esprimerci anche se la presenza di micro plastiche nel liquido follicolare è stato già assodato”.

Matteo Bassetti: “Acqua in bottiglia? Come ingerire una carta di credito”. Le imprese: “Falso”

“Non bevete acqua dalle bottiglie di plastica. è come ingerire una carta di credito a settimana”. A dirlo è l’infettivologo prof. Matteo Bassetti, direttore della clinica dell’ospedale San Martino di Genova, che recentemente in un video sui social invita i cittadini a bere acqua dal rubinetto oppure attraverso dei filtri. L’infettivologo ha aggiunto che queste microplastiche ingerite in continuazione creano infiammazioni nel corpo umano. “Sapete che acqua ci va nelle bottiglie di plastica? – ha aggiunto il professore genovese -. Nel 64% dei casi è la stessa acqua del rubinetto che potete avere a casa vostra, magari con un piccolo filtro che permetta di renderla più buona”. Secondo l’infettivologo il problema non risiede nelle acque che vengono imbottigliate, ma nel suo stato di conservazione, in bottiglie di plastica spesso stoccate per anni magari in depositi o in piazzali rimanendo per tempo al sole. Proprio questo lungo stoccaggio i raggi del sole sprigionerebbero le microplastiche che poi vanno ad inquinare il corpo umano.

L’uscita dell’infettivologo è stata accolta con forte disappunto da Mineracqua, la federazione che riunisce le imprese italiane che producono acque imbottigliate. In un comunicato la federazione definisce le parole del prof. Bassetti “Gravi e risibili” sottolineando che sono “del tutto prive di fondamento scientifico e potenzialmente generatrici di allarme ingiustificato nei consumatori. Ad oggi – conclude Mineracqua – non esistono basi scientifiche sufficienti per stimare un rischio commesso al consumo di acqua minerale in bottiglia”.

Dal Polo petrolchimico siracusano alla tavola: il menù degli inquinanti

Tutto prese il via alcuni anni fa quando lo staff della succursale siracusana del centro di riproduzione Hera di Catania si accorse che una alta percentuale di donne della provincia aretusea, che si rivolgeva al centro, era andata in menopausa troppo precocemente. Da un attento esame dei casi i ginecologi si accorsero che queste donne avevano all’interno del liquido follicolare un’alta percentuale di microplastiche che contribuivano a creare nell’apparato riproduttivo una infiammazione perenne. Quindi i medici diedero l’allarme raccolto dal Dipartimento di Igiene e Medicina preventiva dell’Unict che ha ancora in corso uno studio molto accurato. Ma il centro Hera, nel frattempo, allargò le sue indagini anche alle donne di mezza Sicilia orientale che in età fertile avevano difficoltà a restare incinte e per questo chiedevano aiuto al centro di riproduzione assistita.

I dati anche in altre zone della Sicilia risultano sconfortanti. “Oggi – spiega il dott. Nino Guglielmino, responsabile del centro Hera – siamo perfettamente consapevoli dei danni che la plastica riesce ad infliggere anche al sistema riproduttivo delle donne. E questo ci lascia propendere per la tesi che l’inquinamento da plastica sta contribuendo, anche se sembra in minima parte, a incrementare le culle vuote in tutta la Sicilia”.

Ma nell’area siracusana, che riguarda anche il famoso triangolo del petrolchimico compreso tra Priolo-Melilli e Augusta, non c’è soltanto un inquinamento da microplastiche, ma una percentuale aggiuntiva di agenti inquinanti che comprendono anche metalli pesanti e fanghi non depurati nei fondali marini. Questa miscela esplosiva ha fatto salire agli onori della cronaca queste aree soprattutto per un aumento delle neoplasie e delle malattie correlate a prodotti come idrocarburi, benzene e mercurio.

“Purtroppo nel triangolo del Petrolchimico le contaminazioni da agenti inquinanti sono da anni a un livello molto preoccupante. Dal punto di vista dell’inquinamento da microplastiche i dati in nostro possesso non si discostano dalle percentuali riscontrate in altre parti della Sicilia e del nostro Paese. Ma se ci concentriamo su altri prodotti nocivi questa risulta una delle aree più inquinate d’Italia – spiega Enzo Parisi, di Legambiente Siracusa -. Nei paesi di Priolo, Melilli e Augusta le popolazioni che vi risiedono subiscono gli effetti delle ricadute di tutti gli inquinanti. In queste aree sono state riscontrate alte percentuali di emissioni di idrocarburi aromatici come il benzene, considerato un cancerogeno, ed inoltre una presenza di metalli pesanti depositati nei suoli. Inoltre abbiamo un’alta percentuale nei fondali marini di Mercurio, in un’area che comprende tutto il porto di Augusta ed arriva fino alle porte di Siracusa. Ovviamente questi fanghi contaminati contribuiscono ad inquinare anche la fauna marina e poi attraverso la pesca questi prodotti finiscono attraverso la catena alimentare sulle tavole delle persone”.