Un fenomeno preoccupante, che coinvolge anche le giovani generazioni (il 37% dei ragazzi tra i 14 e i 19 anni ha fatto giochi d’azzardo) e si diffonde in particolare nelle regioni del Sud
ROMA – Dimentichiamo le immagini, oramai retaggio cinematografico, delle salette fumose in cui piccoli gruppi di persone sedevano a un tavolo per giocare d’azzardo con comportamenti da “carbonari”. E dimentichiamo pure le atmosfere sfavillanti dei casinò, quei luoghi in cui, invece, il gioco d’azzardo ha spesso goduto di impunità.
Oggi il livello di diffusione del gioco d’azzardo si misura nelle file che vediamo nelle tabaccherie e nel traffico online derivante dall’accesso ai siti specializzati. I dati ufficiali che ci consegna l’Agenzia dei Monopoli, sia pure esposti in forma aggregata, sono numeri sconcertanti anche perché, al di là del volume del denaro, rivelano la continua estensione dei comportamenti sociali e individuali correlati alle scommesse, alle lotterie e agli altri richiami a tentare la sorte.
Il dato è valutabile da due punti di vista, quello puramente economico, che indica un totale di giocate pari a 136 miliardi di euro nell’anno 2022, superato dal balzo in avanti sino a 150 miliardi nel 2023, e quello, non sottovalutabile, del tempo sociale di vita assorbito dai vari canali in cui si punta denaro: dalla sala slot all’abitazione privata. Il dato allarmante ci restituisce il cosiddetto “tempo biologico” che per l’insieme della popolazione giocatrice corrispondeva, quattro anni fa, a circa 90 milioni di giornate lavorative e ne ha oggi sfiora i 140 milioni.
Gioco d’azzardo, i dati
Nell’anno appena concluso il tempo equivalente a giornate che gli italiani utilizzano per giocare d’azzardo è stato pari a un terzo di quello trascorso nelle vacanze estive. Questo dato è calcolabile in base alla somma dei miliardi di operazioni fisiche, ossia di giocate, che contrassegnano la pratica concreta: dai sei secondi per ogni singola “girata” della slot machine, ai due minuti per l’acquisto e l’abrasione del gratta e vinci; dalla frazione di tempo per scommettere online, cioè decimali di minuto secondo, alle accelerazioni delle roulette digitali dei casinò sul web, e così via.
Nonostante durante la pandemia ci sia stato, inevitabilmente, un forte sviluppo del gioco online, i dati ci restituiscono oggi un nuovo balzo in avanti del gioco d’azzardo consumato nei locali nelle città, che sembrava dovesse essere sostituito dal gambling da postazione remota, con smartphone, tablet o computer generando un più 48,5 per cento sull’anno 2020. Oggi le due forme di accesso all’azzardo, dopo la pandemia, non sono in concorrenza tra loro, ma realizzano una sinergia rendendo duplice, o duale, la dipendenza da gioco d’azzardo scommettendo per molte ore nelle sale sul territorio e poi proseguendo a casa propria durante la notte attraverso il web. Si tratta di un effetto cumulativo ben registrato dai dati ufficiali.
Notevole, inoltre, l’incremento dei “conti di gioco online”, che sono arrivati, nel giro di pochi anni, a passare da tre milioni e mezzo di persone registrate nelle anagrafi dei concessionari a oltre cinque milioni. Pesa, inoltre, il fatto che, poiché una singola persona può essere titolare di più account, alla fine del 2022 è risultato uno stock complessivo di 17 milioni e 300 mila euro, di cui tre milioni e 600mila affluiti nell’ultimo periodo considerato.
I numeri dimostrano quindi, come accennato, che l’online non sostituisce il gioco d’azzardo nelle postazioni fisiche delle città ma, anzi, le due forme si potenziano a vicenda in una dinamica che li mostra complementari grazie a una comune risorsa, la dipendenza patologica sempre più diffusa nella popolazione giocatrice.
I giovani e il gioco d’azzardo
L’ultima indagine condotta da Nomisma, circa il comportamento delle nuove generazioni in relazione al gioco d’azzardo, rivela che nel 2023 è aumentata la percentuale di giocatori assidui e che il 37% dei ragazzi tra i 14 e i 19 anni ha fatto giochi d’azzardo o di fortuna. Nonostante il numero di giovani coinvolti in questo tipo di pratica sia diminuito nel tempo, resta tristemente alto in un target che non dovrebbe avere accesso al gioco.
L’indagine si inserisce nell’ambito di “Young Factor Monitor”, l’osservatorio di Nomisma che consente di monitorare, conoscere e comprendere le abitudini, gli stili di vita e i valori di ragazzi e ragazze di età compresa tra i 14 e i 19 anni. L’analisi, rilevando la diffusione del gioco d’azzardo in Italia tra i più giovani, riscontra un più 9% rispetto al 2021, con il 14% di “frequent user” cioè ragazzi che giocano almeno una volta a settimana.
Anche il dato riguardante l’ammontare degli introiti provenienti dal gioco d’azzardo è allarmante, perché solo nel primo trimestre del 2023 in Italia sono stati spesi 35.026,47 milioni di euro per tentare la fortuna, con un 14% in più rispetto allo stesso periodo del 2022, anno in cui già c’era stato un incremento totale del 23% rispetto al 2019. I ricavi complessivi del gioco d’azzardo nel 2022 sono stati pari a 135.934,55 milioni di euro. Il canale preferito dalla “Gen Z” per il gioco d’azzardo è il web e il 64% sceglie internet per giocare e scommettere, con un aumento del 18% rispetto al 2021. È invece in diminuzione del 17% rispetto al 2021 il numero di ragazzi che si reca in locali fisici per giocare, dove il 40% acquista “gratta e vinci” mentre il 29% punta su scommesse. Tra i giochi online più frequenti spiccano le scommesse: sportive (31%), su eventi (26%) e ippiche (16%). Diminuiscono del 12% i giocatori di poker online.
La situazione in Sicilia
L’Italia ha diversi record negativi in Europa: siamo agli ultimi posti per connessioni internet, abbiamo la minore diffusione del wi-fi pubblico, i maggiori buchi nella copertura della Rete, siamo sotto al 50% per copertura Internet ad alta velocità. Incredibilmente, nonostante questi numeri, il nostro Paese è nelle primissime posizioni nella classifica mondiale per diffusione dell’azzardo online, a partire dalle aree subnazionali dove i problemi citati sono maggiori.
Dalla “visuale dell’azzardo” del report di Federconsumatori, Calabria, Campania e Sicilia vedrebbero prevalere i “cittadini tecnologici”. Un fenomeno che riguarderebbe soprattutto i centri medi e medio piccoli, proprio quelli che evidenziano le maggiori criticità in termini di occupazione e con problematiche significative nel tessuto civile. Sembra evidente, dunque, una relazione inversa tra la situazione socioeconomica finanziaria e l’incremento della raccolta complessiva dei giochi d’azzardo. All’acutizzarsi della crisi (reale o percepita) corrisponde una crescita della propensione al gioco e una conseguente contrazione dei consumi. Motore di questa dinamica, alimentata dalla crescente pubblicizzazione dei giochi d’azzardo legali, è l’idea illusoria di una vincita in grado di garantire la risoluzione “in un colpo solo” dei problemi economici correlati alla crisi.
In Sicilia, nel 2022, c’è stata una raccolta di 8.672,75 milioni di euro che, a fronte di 8.229,70 milioni di euro di vincite, ha generato una perdita di 443,06 milioni di euro. In Italia, gli euro giocati pro capite, neonati compresi, nei format online nel 2022 sono 1.242, un dato in crescita in tutte le regioni rispetto al 2021 quando la media nazionale era pari a 1.138 euro per abitante. Sono due le regioni che si contendono la maglia nera della classifica, la Campania, con 1.874 euro procapite, e la Sicilia, con 1.806 euro procapite. Nella “top ten” nazionale delle città italiane, Palermo si posiziona al quarto posto, con una spesa in gioco d’azzardo pari a poco meno di 1,4 milioni di euro annui, il doppio di Catania, che “conquista” il sesto posto. Il motore della raccolta da remoto nazionale è territorialmente collocato al Sud, in particolare in Campania (Caserta, Napoli, Avellino, Salerno, Benevento), in Sicilia (Messina, Palermo, Siracusa, Catania), in Calabria (Reggio Calabria, Vibo Valentia, Crotone, Catanzaro, Cosenza, Potenza) e in Puglia (Lecce, Taranto, Brindisi).
Torrigiani (Commissione nazionale Antimafia): “Alla fine vince sempre il banco. E attenzione alla criminalità organizzata”
ROMA – Per comprendere meglio i contorni del fenomeno ludopatia e delle conseguenze che esso produce all’interno della società italiana e dell’economia abbiamo sentito Filippo Torrigiani, consulente della Commissione nazionale Antimafia, cavaliere e ufficiale della Repubblica.
Oltre al dato economico, l’allarme preoccupante della ludopatia è relativo al tempo che le persone dedicano al gioco d’azzardo…
“Sì, è tempo sottratto alla vita reale, alle passioni, all’impegno e alla cultura. Si tratta, purtroppo di un fenomeno degenerativo che non crea socialità ma anzi, crea disperazione. I dati relativi al 2023, pur non essendo definitivi, ci raccontano che sono stati veicolati nei canali del gioco d’azzardo ben 150 miliardi di euro. In un contesto sociale sempre più difficile in cui il lavoro è sempre povero”.
Questo flusso di denaro, da dove proviene?
“Dalle tasche degli italiani, degli avventori e dei giocatori. Complice anche la difficoltà economica, si tenta la fortuna ma, in realtà, vince sempre il banco. Siamo figli di quella stagione in cui ci è stato raccontato, anche da una pubblicità priva di contraddittorio, che è ‘semplice vincere facile’. Troppo tardi abbiamo capito che non è così perché le possibilità di poter realizzare una vincita, una di quelle che ti cambia la vita, è risibile e il poco che si vince viene immediatamente rimesso nel circolo vizioso del gioco”.
Dalla politica sta arrivando un segnale confuso…
“Concordo. Il diavolo sta nei dettagli e c’è un fatto preoccupante che genererà riverberi nei confronti dei giocatori”.
Di cosa si tratta?
“Le province e le regioni italiane, in sede di riordino in audizione alle Commissioni Finanza di Camera e Senato, hanno avanzato la richiesta di compartecipare al gettito del gioco d’azzardo. Si tratta di una questione che avevamo, negli ultimi quindici anni, cercato di evitare. Tutti gli Enti locali che hanno generato provvedimenti per contrastare il gioco d’azzardo, in realtà ne possono trarre vantaggio e si prevede un vero e proprio allentamento del freno che, negli anni, si era posto alla ludopatia”.
È inevitabile che, spesso, il gioco compulsivo generi una perdita di denaro e i giocatori non sempre hanno la disponibilità necessaria per continuare a giocare. Questo porta a ricorrere all’usura per ottenere prestiti. Dietro questo flusso di denaro, lo avete accertato in Commissione Antimafia, c’è la lunga mano del crimine organizzato…
“Sì. Siamo ben oltre le ipotesi perché è stato accertato che l’equazione gioco legale uguale gioco sicuro è stata superata dal corso degli eventi. Anzi, proprio dal gioco lecito le consorterie criminali, in maniera più semplice, traggono profitti avendolo trasformato in un’ottima lavatrice per il riciclaggio e per l’usura”.
Al tempo della Commissione Antimafia con presidenza Bindi avevate approvato una Relazione sulle infiltrazioni mafiose e criminali nel gioco d’azzardo lecito e illecito. Che fine ha fatto?
“La Relazione, a suo tempo, fu approvata da entrambi i rami del Parlamento ma, da allora a oggi, la politica ha deciso di non trasformarla in una norma. Lo si evince anche dal recente Dl con riferimento al limite del contante per la ricarica perché, in realtà, non tiene conto che basta cambiare ‘punto vendita e ricarica’ e ricaricare più volte 100 euro, eludendo quindi il controllo previsto. Ricordo che in Italia sono attivi quasi 15 milioni di conti online dedicati al gioco d’azzardo online, oltre il 50% da persone comprese nella fascia d’età tra i 18 e i 34 anni. Alla fine del 2017, in conto deposito c’erano oltre 3 miliardi di euro. Questo significa che l’economia reale s’impoverisce. In realtà siamo in presenza di un sistema che potremmo definire predatorio’”.
Cosa intende?
“Spesso gli istituti di credito non erogano denaro in caso di bisogno. Le persone sono così costrette a ricorrere ai Banchi di pegno, di proprietà delle stesse banche che non ti hanno erogato il denaro, oppure alle finanziarie. I dati Istat relativi alla fine del 2023 danno un tasso d’interesse sul conto corrente pari al 0,11%. Le finanziarie che erogano denaro chiedono un tasso d’interesse che è tra l’8 e il 9%. È chiaro che è disatteso l’articolo 47 della Costituzione che sancisce che ‘La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito’”.
Gaetana D’Agostino, presidente dell’Ordine degli psicologi di Sicilia: “Il disturbo ossessivo-compulsivo incide sulla qualità della vita”
PALERMO – La ludopatia, o meglio l’azzardopatia, quindi il gioco d’azzardo, è una patologia che rientra nella categoria delle dipendenze comportamentali. Il giocatore d’azzardo patologico mostra una crescente perdita di controllo nei confronti del gioco d’azzardo, aumentando la frequenza delle giocate, il tempo passato a giocare, la somma spesa nell’apparente tentativo di recuperare le perdite, investendo più delle proprie possibilità economiche. Oltre agli aspetti compulsivi, il disturbo da gioco d’azzardo è caratterizzato da tipiche distorsioni cognitive. Per meglio spiegare di che cosa si tratti, interviene al QdS la dottoressa Gaetana D’Agostino, presidente dell’Ordine degli psicologi della Sicilia.
Dottoressa, che cosa sono i disturbi ossessivo-compulsivi?
“Si caratterizzano per la presenza di ossessioni, compulsioni o entrambe. Le ossessioni sono pensieri persistenti e intrusivi di cui la persona non riesce a liberarsi, mentre le compulsioni sono dei comportamenti ritualistici e ripetitivi che sono messi in atto rigidamente per ‘rispondere’ alle proprie ossessioni. Questi comportamenti e pensieri possono diventare così invadenti da causare disagio significativo e interferire con il funzionamento quotidiano della persona. Il lavoro, lo studio, le relazioni sociali e la vita affettiva ne risentono pesantemente, compromettendo la qualità della vita della persona”.
Si parla spesso di “ruminazione mentale”. Di cosa si tratta?
“È un fenomeno cognitivo che può essere associato ai disturbi ossessivo-compulsivi ed è caratterizzato a processo di pensiero ripetitivo e persistente su determinati argomenti, spesso negativi o ansiosi. È come se la mente rimanesse bloccata su un certo pensiero, intrappolata in un circolo vizioso senza riuscire a liberarsene. In un primo momento la persona può mettere in atto la ruminazione come strategia efficace per gestire una serie di eventi negativi, percependola come un modo per controllare il proprio stato d’animo. Tuttavia, nel corso del tempo, questo processo aggrava ulteriormente lo stato d’animo negativo, causando un crescente senso di malessere”.
Quali sono le cause che generano questo disturbo?
“Le cause del disturbo ossessivo-compulsivo non sono completamente chiare, ma la comunità scientifica concorda sul fatto che sia il risultato di una complessa interazione tra fattori genetici e ambientali. Alcuni studi indicano che il Doc potrebbe rappresentare la modalità con cui il cervello risponde a una serie di problematiche multiple, coinvolgendo alterazioni neurologiche e neurochimiche. Molti fattori di rischio possono contribuire alla genesi del disturbo, inclusa la familiarità, ovvero la presenza di altri membri della famiglia affetti da Doc, l’esposizione a eventi traumatici che possono innescare o esacerbare i sintomi, e alterazioni del sistema neurologico che influenzano la regolazione dell’ansia e dei comportamenti ritualistici. Tuttavia, è importante sottolineare che la comprensione delle cause del disturbo ossessivo compulsivo è ancora in fase di approfondimento e che ulteriori ricerche sono necessarie per chiarire appieno i meccanismi sottostanti a questo disturbo”.
Quali sono i sintomi che ci permettono di capire che una persona è vittima di un disturbo ossessivo-compulsivo?
“Variano da persona a persona in termini di gravità e tipologia. È importante notare che durante periodi di elevato stress o in situazioni difficili, possono verificarsi pensieri ripetitivi, talvolta intrusivi. Tuttavia, ciò non implica necessariamente la presenza di un disturbo ossessivo-compulsivo. In queste circostanze, spesso i pensieri diminuiscono o scompaiono una volta che la causa del stress è risolta. Inoltre, è comune avere occasionalmente pensieri che suscitano preoccupazione. Per esempio, potremmo sentirci ansiosi per la possibilità di perdere il controllo dell’automobile o di non aver chiuso correttamente la porta di casa prima di partire. Questi pensieri, di per sé, non sono considerati ossessivi. Tuttavia, se interpretiamo questi stessi pensieri come segnali di un pericolo reale da evitare a ogni costo, generando un ampio malessere, possono trasformarsi da una preoccupazione normale in un pensiero ossessivo. Nel caso del disturbo ossessivo-compulsivo vero e proprio, i sintomi possono includere ossessioni che sono pensieri persistenti, intrusivi e indesiderati che causano ansia significativa o angoscia, e compulsioni che sono comportamenti ritualistici e ripetitivi messi in atto per ridurre l’ansia associata alle ossessioni. Una persona potrebbe essere ossessionata dal timore dei germi e compiere rituali di pulizia e lavaggio delle mani in modo eccessivo e irrazionale. È importante sottolineare che, affinché sia diagnosticato un disturbo ossessivo-compulsivo, i sintomi devono essere persistenti, causare notevole disagio e interferire significativamente con le normali attività quotidiane, come il lavoro, lo studio e le relazioni personali”.
Si tratta di un disturbo curabile? In quali termini e in quanto tempo? È necessario fare ricorso ai farmaci?
“La risposta è senza dubbio affermativa: è possibile guarire dal disturbo ossessivo-compulsivo. Attualmente, i trattamenti disponibili si sono dimostrati efficaci, soprattutto se iniziati precocemente. Come in ogni tipo di disturbo, individuare precocemente i segnali d’allarme permette un intervento più incisivo e breve, riducendo il rischio di cronicizzazione del disturbo. Pertanto, è fondamentale essere consapevoli dei sintomi e cercare assistenza professionale non appena si manifestano segni di un possibile disturbo ossessivo-compulsivo. Con un trattamento adeguato e tempestivo, molte persone possono raggiungere una remissione completa dei sintomi e migliorare significativamente la loro qualità di vita. I trattamenti d’elezione includono sicuramente la psicoterapia e nei casi più gravi è necessario anche un trattamento farmacologico. Tuttavia, la scelta del trattamento dipende dalle esigenze individuali della persona e deve essere valutata da un professionista della salute mentale”.