Amleto e la politica italiana

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Amleto e la politica italiana

Giovanni Pizzo  |
domenica 04 Settembre 2022

Il nostro Amleto passeggia in preda ai dubbi sui camminatoi merlati del Castello, e si arrovella su chi deve votare. È indubbio che se c’è del marcio in Danimarca in Italia ce n’è di più

Il dubbio attanaglia gli Amleto di cui l’Italia è piena. Chi sono? Gli indecisi, indeterminati, i delusi ed incerti italiani, il partito più grosso mai esistito in Occidente. Sono il 40% dell’elettorato, sono mutevoli d’umore e di coscienza, alcuni ragionano di pancia altri di testa, altri ancora con organi differenti. E si portano i dubbi fino alla fine, trasformando i sondaggisti in auruspici sul volo degli uccelli o negromanti con i fondi del caffè. Il nostro Amleto italico ha un sentimento rancoroso di fondo nei confronti della politica, mi piace pensarlo sulla torre del Castello di Donnafugata, più che a Elsinore, che osserva il labirinto sottostante, sembra disegnato da Escher, assimilandolo alla cabina elettorale. Sai come entri, ma non sai come esci.

Chi sarà il primo partito? Pensa lui, abituato secolarmente a salire sui carri vincenti, la Meloni o il PD? E tra i populisti, destabilizzati e destabilizzanti, amici del giaguaro siberiano, chi vincerà Conte o Salvini?

E soprattutto al centro, che dovrebbe determinare il contrappeso degli schieramenti, chi vincerà la partita, Renzi o Berlusconi? In particolare questo duello minore, sul piano elettorale, determinerà in futuro un evolvere dello scenario. Ai tempi del pentapartito era indubbio che la DC fosse la forza di maggioranza relativa, ma fu il Psi e Craxi a influenzare in maniera determinante lo scenario politico. Di fatto se guardiamo alle forze in campo a grandi linee riconosciamo il quadro della prima Repubblica. Anche nella prima Repubblica c’era una coalizione. Solo che si realizzava con maggiore concretezza dopo il voto e non prima. La differenza è che c’era una forza di opposizione quasi unica, se non si conteggiavano le forze extraparlamentari come il Pdup di Magri o simili. Oggi quello che era il PCI è diviso in due forze, una fantomatico progressista, che vuol difendere a parole gli esclusi o i deboli, ed una social-democratico/liberale che vuol rappresentare gli inclusi di un certo tipo.

È ovvio che la posizione non identitaria e confusa del PD ne determina la sua probabile sconfitta più politica che elettorale. Come è altrettanto lapalissiano che la netta identità della contendente Meloni ne produrrà la probabile vittoria più elettorale che politica.

Il nostro Amleto passeggia in preda ai dubbi sui camminatoi merlati del Castello, e si arrovella su chi deve votare. È indubbio che se c’è del marcio in Danimarca in Italia ce n’è di più. Si orienta tra paure e rivalse, tra bollette non pagate e diritti negati. Spesso pensa a tutto, e sui social diventa tuttologo a fasi alterne. L’unica scelta che gli toccherebbe fare la scansa per pigrizia e astenia. Il buonsenso.

Cosi è se vi pare.

Giovanni Pizzo

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