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Amm. Munsch: deterrenza non finisce mai, serve massima integrazione

Amm. Munsch: deterrenza non finisce mai, serve massima integrazione

“In Ucraina difficilmente ci sarà una pace completa”

Napoli, 17 nov. (askanews) – (di Cristina Giuliano) ‘Il lavoro non è mai finito quando si tratta di deterrenza e difesa’. Stuart Benjamin Munsch è un ammiraglio a quattro stelle della Marina degli Stati Uniti d’America che guida le forze navali Usa in Europa e in Africa, nonché dal 27 giugno 2022 il comando alleato congiunto delle forze Nato a Napoli (Jfc Naples). Quando arrivò, l’Italia era sconvolta dal Coronavirus, c’era tanto da fare a più livelli e come dice lui stesso, fu un ‘bootstrapping’, ovvero quello che in italiano chiamiamo ‘arte dell’arrangiarsi’. Comunque un grande lavoro. Ora che dovrà lasciare il comando di Napoli, cedendolo al suo successore, l’alto ufficiale ammette che gli mancherà molto, sia dal punto di vista internazionale ‘il contatto con persone provenienti da 24 nazioni che mandano qui i loro migliori talenti’, sia ‘l’atmosfera di Napoli’, ovvero ‘un ambiente così ricco di storia, cibo, vino, moda, sport e attività all’aperto’.

Non è un segreto che Munsch tifi Napoli, che la domenica – lavoro permettendo – ami andare allo stadio per sostenere la squadra. Non solo. Diversi napoletani hanno notato che dall’arrivo dell’ammiraglio, il team partenopeo ha portato a casa due dei tre scudetti vinti nella sua storia. E scaramantici come sono, forse non lo vorrebbero veder ripartire. Ma oltre al fattore umano, c’è il dovere, la strategia militare, la deterrenza e la difesa del mondo libero e l’integrazione delle forze dell’Alleanza che Munsch durante il suo mandato ha perseguito con grande scrupolosità.

‘Sono arrivato – ci racconta in un’intervista rilasciata in esclusiva ad askanews – una settimana dopo la revoca delle restrizioni per il Covid in Italia, ed è stato un cambiamento davvero notevole. Poi uscirne per ristrutturare il nostro quartier generale, e farlo in un periodo come quello che abbiamo affrontato: non semplice. Abbiamo riorientato il quartier generale verso la difesa territoriale, elaborato piani difensivi,riorganizzato le nostre esercitazioni, modificato i processi interni, il tutto dedicato alla difesa del territorio Nato. E tutto questo si è aggiunto all’uscita dal Covid, dove diverse cose erano rimaste in silenzio per molto tempo’.

Munsch è noto per la serenità olimpica con la quale affronta le crisi, che in questi anni non sono mancate nella sua area di competenza. In particolare l’aggressività della Russia, oltre al conflitto in Medio Oriente, ha sconvolto tutto. Qualcuno sostiene che il vero problema inizierà quando la guerra tra Russia e Ucraina sarà finita, gli diciamo: ‘Non so se la guerra finirà nel senso che ci sarà una vera pace completa, come la gente potrebbe pensare’, dice Munsch. ‘Continuerà, forse a un livello più basso, ma continuerà a esserci conflitto, perché è ciò che la Russia cerca’.

Lei cederà a breve il comando di Jfc Naples: cosa lascia in sospeso per il prossimo comandante e come prevede che cambieranno le priorità strategiche della NATO negli anni a venire?

‘Il lavoro non finisce mai quando si tratta di deterrenza e difesa, quindi ci sono sempre cose da rivedere’, commenta Munsch. ‘Abbiamo fatto molti progressi con i piani di difesa, riorientando le nostre esercitazioni militari per provare parti di quei piani, trasformando il nostro quartier generale in quartier generale operativo ed elaborando una roadmap strutturata per modificare le condizioni del teatro operativo e renderle più favorevoli a noi. Alla base di tutto c’è una crescente integrazione di tutte le forze della NATO. Sia per le nazioni che collaborano, sia per le diverse forze armate, gli eserciti, le marine e le aeronautiche’.

C’è poi, quello che viene chiamato ‘all domain warfare’. ‘L’apice dell’integrazione’ afferma Munsch. ‘Si tratta di unire navale, aereo, terrestre, informatico, spaziale, elettronico e le forze operative speciali, ed essere in grado di gestirle come un’unità integrata contro l’avversario. È molto difficile da realizzare. Ma mentre studio ciò che è accaduto nella guerra tra Russia e Ucraina e nel Levante, è molto chiaro che questo è il futuro, e quindi noi della NATO dovremo continuare a lavorare in merito’.

Dunque tra i consigli per il suo successore, Munsch annovera: ‘Perseguire quell’integrazione all’interno della Nato, continuare a promuoverla anche in questo contesto internazionale; è molto importante saper ascoltare. Per alcuni che lavorano in questa sede, l’inglese non è la prima lingua; può suonareintimidatorio quando molti leader parlano inglese come prima lingua; dobbiamo saper ascoltare per dare spazio a tutti, e sfruttare al meglio ciò che ogni persona porta in questa sede. Questo è ciò che ritengo sia davvero importante nel contesto internazionale’.

Poi l’ammiraglio decide di aggiungere un altro suggerimento: ‘Mi ha chiesto un consiglio per il mio successore? Io ho parlato di cosa è importante sul lavoro. Ma voglio dargli anche un buon consiglio fuori dal posto di lavoro, e cioè di abbracciare l’Italia. Di sicuro gli piacerà’.

L’Italia ha anche una posizione strategica, impossibile da ignorare, facciamo notare durante l’intervista. E sulla sicurezza e la pace nel Mediterraneo ‘l’Italia e la Nato stanno lavorando insieme’, sottolinea Munsch. ‘Non si può separare l’Italia dal Mediterraneo. Sono due mondi che vanno di pari passo, ed è sempre stato così. Quindi è perfettamente normale che abbiate un profondo interesse per il Mediterraneo e la Nato è un’Alleanza a 360 gradi, il che significa che guardiamo, fisicamente ma anche metaforicamente, in tutte le direzioni e a ogni tipo di minacce’.

Per secoli dice l’ammiraglio, il Mediterraneo è stato la chiave per questa parte di mondo. ‘Da moltissimo tempo, è così. E se il Mediterraneo era la chiave, Napoli lo era a sua volta per il Mediterraneo. Aveva perfettamente senso che un quartier generale della NATO fosse qui in Italia fin dalla istituzione dell’Alleanza nel 1951, e il Mare Nostrum resta vitale per l’influenza economica che esercita, così come per l’accesso che rappresenta in Europa, Africa e Medio Oriente. Lo possiamo vedere proprio ora, con i conflitti in corso nella regione, con la Russia che combatte contro l’Ucraina, e con ciò che accade nella regione del Levante e nel Mediterraneo orientale. I conflitti non mancano e c’è una reale preoccupazione, se questi dovessero confluire e diventare un unico grande conflitto. Fortunatamente, finora siamo riusciti a impedire che ciò accadesse, ma questo è solo un esempio di quanto sia importante il Mediterraneo per il resto del mondo’.

Come si mantiene la pace in questo bacino, nei secoli sconvolto dalle guerre? ‘Per l’Italia, data la vostra posizione, ci sono minacce provenienti dal mare, alcune delle quali anche nell’ambiente sottomarino. Alla luce di quanto accaduto nel Baltico, dove si sono verificati danni a oleodotti e cavi di comunicazione, è normale che la posizione dell’Italia nel mezzo del Mediterraneo desti preoccupazioni. Anche data l’attività economica che si svolge tra l’Italia e gli altri Paesi affacciati sul Mediterraneo, incluso il Nord Africa, il traffico che passa attraverso il canale di Suez e per l’Italia. Ci sono inoltre preoccupazioni in materia di immigrazione: le persone migrano da e verso l’Italia da sempre, e nell’era moderna, l’Italia vorrebbe che ciò avvenisse in modo controllato, ovviamente. Vogliamo che le persone siano protette in mare, evitando grandi perdite di vite umane. Tutte cose su cui Italia e NATO stanno lavorando insieme’.

La Marina Militare italiana partecipa attivamente alle missioni NATO nel Mediterraneo orientale. Missioni spesso destinate anche a monitorare l’aumento delle navi russe nel bacino: situazione allarmante e senza precedenti. Lei che, nel corso della sua lunga carriera, ha anche comandato la quinta Submarine Development Squadron (DEVRON) come valuta la situazione? La minaccia russa si sta moltiplicando solo in superficie? Siamo preparati a tutto questo?

‘La Marina russa si è trasformata’, spiega Munsch. ‘Hanno perso il 40% delle loro navi nel Mar Nero, distrutte dagli ucraini, ma hanno continuato a costruirne di nuove. Hanno costruito più navi nuove di quante ne abbiano perse. Non solo: rimangono operativi, soprattutto in ambiente subacqueo, con i loro sottomarini. Stanno passando da navi di grandi dimensioni a navi più piccole, per lo più lanciamissili. Questo è a loro favore, ma hanno avuto molti problemi con manutenzione, oltre al mantenimento dei loro equipaggi. La presenza dei russi nel Mediterraneo è effettivamente diminuita negli ultimi anni a causa di questa perdita di prontezza e della capacità di mantenere le loro navi. Ora vogliamo contenerli il più a Est possibile, per ridurre al minimo la loro influenza. La Marina Militare italiana sta lavorando diligentemente su questo, con altre marine militari che fanno parte della NATO, ma i russi torneranno quando questa guerra con l’Ucraina sarà finita. Persevereranno nel cercare di espandere la loro influenza, e quindi dobbiamo continuare a rendere la NATO sempre più forte per poter contrastare questo fenomeno in futuro’.

Quanto è stato efficace Jfc Naples nell’affrontare l’instabilità nei Balcani, in Medio Oriente e in Nord Africa? In che modo il quartier generale ha supportato la risposta della NATO alle pressioni migratorie e alla disinformazione legate alle minacce ibride?

‘Questo quartier generale è responsabile – ci spiega l’ammiraglio -, per conto della NATO, della regione dei Balcani. Il nostro impegno principale lì è la nostra forza in Kosovo, la Kosovo Force (KFOR) di circa 4500 uomini. Siamo lì per mantenere un ambiente sicuro e protetto e la libertà di movimento per tutti i popoli, indipendentemente dalla comunità in cui vivono, all’interno del Kosovo. Quella parte dei Balcani è particolarmente difficile a causa delle profonde divisioni etniche. A questo aspetto presto attenzione ogni singolo giorno nel mio lavoro, monitorando le condizioni sul posto, confrontandomi con il nostro comandante in Kosovo, e collaborando con le nazioni limitrofe per migliorare la stabilità. Altra instabilità può derivare da minacce ibride come gli attacchi informatici e i sabotaggi in Europa. Questi provengono principalmente, ancora una volta, dai russi. Da qui l’importanza dell’intelligence e della condivisione delle informazioni tra le nazioni della NATO, per individuare quando il problema potrebbe aggravarsi e come affrontarlo per prevenirlo: lavoriamo in questo quartier generale con tutte le nazioni nella nostra area per rafforzare queste difese’.

Un altro aspetto è la difesa aerea e missilistica, ci dice. ‘Sono certo che l’opinione pubblica capisca quanto sia facile oggigiorno lanciare un drone a lunga distanza e colpire obiettivi. In tutta l’Alleanza, dobbiamo lavorare per migliorare la nostra difesa aerea e missilistica per contrastare queste minacce in futuro, e questo sarà un elemento significativo negli anni a venire per la NATO’.