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Anci e Uepe: accordo imminente sul tema della “messa alla prova”

redazione

Anci e Uepe: accordo imminente sul tema della “messa alla prova”

mercoledì 10 Luglio 2019

La possibilità, per chi ha commesso un reato, di estinguerlo mantenendo la fedina penale pulita

Nel Sud Italia si è registrato un incremento del 43% nel 2018, una evoluzione positiva che attesta un numero crescente di soggetti che chiedono di ricorrere alla “messa alla prova”. Nella nostra regione, nel primo semestre del 2019, tale istituto, molto apprezzato dalla Magistratura per la sua valenza sociale e rieducativa, ha coinvolto 148 Comuni e 365 Enti privati. Attualmente nell’Isola sono attive 1.816 “messe alla prova” mentre 2.376 sono le istanze pendenti.

Sono questi alcuni dei dati emersi durante il seminario dal titolo “La messa alla prova e l’Ente locale, opportunità e prospettive”, organizzato da AnciSicilia in collaborazione con il Dipartimento di Giustizia minorile e di comunità del ministero della Giustizia e con l’Ufficio interdistrettuale di Esecuzione penale esterna per la Sicilia.

Un incontro che ha stabilito le premesse per un accordo che verrà sottoscritto nelle prossime settimane tra l’Associazione dei Comuni siciliani e l’Ufficio interdistrettuale di Esecuzione penale esterna per la Sicilia (Uepe)

Di cosa si tratta:

Con la “messa alla prova”, viene offerta la possibilità a chi ha commesso un reato di estinguerlo completamente senza andare in carcere e mantenendo la fedina penale pulita. In prima battuta bisogna concordare un percorso di riabilitazione con il giudice, tramite studio o lavoro. Se al termine del periodo di prova il giudice sarà soddisfatto, il reato verrà estinto.

La “messa alla prova” esiste dal 1988 per i minorenni e nel 2014 è stata estesa ai maggiorenni, anche se con alcuni limiti. Il reato che hanno commesso, solo per fare un esempio, non deve prevedere una condanna superiore a quattro anni e possono farne richiesta una sola volta nella vita.

La normativa vigente prevede che, su richiesta dell’imputato, il giudice possa procedere, durante la fase decisoria di primo grado e per reati di minore allarme sociale, alla “sospensione del procedimento con messa alla prova”. La sospensione è subordinata all’espletamento di una prestazione non retribuita in favore della collettività, da svolgere sulla base di una convenzione e di un programma di trattamento predisposto dall’Ufficio di Esecuzione penale esterna, presso lo Stato, le Regioni, i Comuni e altri enti pubblici e privati che ne facciano richiesta.

Nello specifico, per ciò che attiene le amministrazioni locali, l’istituto consente, senza costi a carico dell’ente, di poter beneficiare del contributo lavorativo di cittadini che, in alcuni casi, possono avere alle spalle un percorso professionale di particolare interesse.

Le dichiarazioni:

“L’incontro che si è svolto nei giorni scorsi – ha spiegato Leoluca Orlando, presidente AnciSicilia – ha confermato la volontà di collaborazione tra il sistema delle Autonomie locali e il ministero della Giustizia ed è servito per smentire tutti coloro che, in maniera del tutto miope, pensano che un soggetto che ha sbagliato non possa recuperare e tornare indietro sui propri passi per fare meglio e bene. Dobbiamo tenere a mente che il soggetto destinatario di provvedimenti giudiziari è anche titolare di diritti umani e, in questo caso, avrà la possibilità di reinserirsi e recuperare attraverso il lavoro inteso non come atto finalizzato alla retribuzione ma come funzione sociale”.

“L’AnciSicilia – ha concluso Orlando – ha organizzato questo seminario con l’obiettivo di favorire un cambiamento culturale delle comunità e, nel caso degli enti locali, parlando a nome di tutti i sindaci dell’Isola, ritengo utile la definizione di un “ordinamento quadro” a cui attenersi tenendo conto anche delle diverse esigenze territoriali”.

“L’istituto della ‘messa alla prova’ – ha aggiunto il segretario generale dell’Associazione dei Comuni siciliani, Mario Emanuele Alvano – per i maggiorenni esiste dal 2014 ed è sempre più utilizzato, tant’è che sono diverse migliaia i cittadini che in Sicilia ne stanno usufruendo e che sono utilizzati in prestazioni gratuite per attività di pubblico interesse. In questa prospettiva riteniamo che i comuni possano essere protagonisti richiedendo il contributo di questi soggetti i quali, spesso, sono portatori di significative competenze. Va sottolineato, infine, che anche gli obblighi assicurativi in capo ai comuni, e attivabili attraverso la piattaforma Inail, possono essere interamente finanziati dalle risorse previste da un apposito fondo nazionale”.

Al convegno hanno partecipato: Lucia Castellano, direttore generale Uepe, Salvatore Di Vitale, presidente del Tribunale di Palermo, Giuseppe Graceffa, presidente Ordine professionale degli Assistenti sociali della Regione Sicilia, Antonella Di Spena, dipartimento Giustizia minorile e di Comunità–Direzione generale dell’Esecuzione penale esterna e di Messa alla prova, Marina Altavilla, Ufficio Esecuzione penale esterna per la Sicilia, Andrea Innocenti, giudice della IV Sezione penale del Tribunale di Palermo, Angelina De Luca, sindaco del Comune di Altofonte, e Diana Artuso, dirigente Inail–sede territoriale Palermo-Trapani.

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