Forum con con Paolo Amenta e Mario Emanuele Alvano, presidente e segretario generale Anci Sicilia
Intervistati dal vice presidente Filippo Anastasi, il presidente e il segretario generale di Anci Sicilia, rispettivamente Paolo Amenta e Mario Emanuele Alvano, rispondono alle domande del QdS.
Più volte l’Anci Sicilia ha denunciato la crisi strutturale dei Comuni siciliani. Qual è la situazione a oggi?
Amenta – “L’attuale Governo regionale ha fatto saltare l’accordo tra la stessa regione e l’Anci, poiché noi avevamo chiesto di portare il Fondo per i comuni da 326 milioni a 340 milioni. Invece, il Governo Schifani non lo ha fatto, sfruttando i finanziamenti per altri scopi e lasciando in difficoltà gli Enti locali. È stato approvato, al contrario, l’aumento dell’indennità dei sindaci che non era all’Ordine del giorno, ma ha dato attuazione a una norma approvata dal Governo Draghi senza spiegarlo, lasciando i sindaci in balia delle ire dell’opinione pubblica. Questo ha incrinato i rapporti al momento, ma, poi, abbiamo scelto la via del dialogo chiedendo di far parte del tavolo di confronto con lo Stato”.
L’Associazione ha rinnovato i propri vertici proprio nei giorni scorsi. Quali saranno i punti principali della vostra attività a breve e lungo termine?
Amenta – “Il primo punto riguarda i Bilanci di previsione non approvati da trecento Comuni nel 2022 e la mancata approvazione dei Bilanci consuntivi 2021 da parte di 320 Municipi. Dobbiamo interrogarci su come mettere in equilibrio i bilanci dei Comuni, perché la questione finanziaria è il primo tema. Lo Stato ci offre di armonizzare i documenti finanziari con l’articolo 118 della normativa in vigore, abolendo l’obbligo di finanziare le spese con residui che non si incassavano. Tuttavia, ci lascia il Fondo crediti di dubbia esigibilità che è un fondo rischi, diretto a evitare l’utilizzo di entrate di dubbia e difficile riscossione. L’ammontare è stabilito dalla dimensione degli stanziamenti relativi ai crediti che si prevede si formeranno nell’esercizio finanziario, dalla loro natura e dall’andamento del fenomeno negli ultimi cinque esercizi precedenti. Il Fondo di accantonamento è previsto al 36%, quando i Comuni siciliani superano i parametri previsti. Se devo incassare la Tassa sui rifiuti per un milione di euro, per questo fondo, ne incasso 600 mila e 400 vanno al Fondo, sottraendo risorse per i servizi e impedendo l’assunzione di personale. Quest’ultimo problema si lega all’altro tema: la sfida del Pnrr e della nuova Programmazione europea da cinque miliardi di euro che si affronteranno con personale precario e la territorializzazione delle risorse. Perciò, un miliardo se ne andrà in organismi altrettanto problematici. Un altro problema è dato dalla questione dei rifiuti, per cui paghiamo 400 euro a tonnellata per lo smaltimento dell’indifferenziata perché non c’è impiantistica di prossimità e la capienza delle discariche è ai limiti. Il risultato è che portiamo i rifiuti in Olanda con costi mostruosi”.
Sui sistemi idrici integrati, che cosa potete dirci?
Amenta – “Si parla di transizione ecologica ma su 413 depuratori in Sicilia, solo il 15% è autorizzato allo scarico e siamo tutti in infrazione europea. Sono impianti vecchi e il 10% non è neanche realizzato o collegato alla rete fognaria. Inoltre, il sindaco in carica è ritenuto penalmente responsabile, per cui occorre completare interi comparti. Sulla rete idrica c’è il problema delle perdite che arrivano al 60%, richiedendo investimenti notevoli anche in questo caso”.
A questi problemi, si aggiungono i costi dell’energia, è così?
Amenta – “Sì, è spaventoso quello che sta accadendo con i costi dell’energia: i Comuni devono garantire i servizi essenziali per le loro comunità come la captazione delle acque e l’illuminazione pubblica e delle strutture pubbliche. L’aumento è già notevole, ma, in Sicilia, l’agenzia Arera ha messo i Comuni in salvaguardia, attivando il parametro Omega che si attua quando l’Ente non paga entro venti giorni. Il parametro Omega prevede che i costi siano venti volte di più di un grande Comune del Nord Italia. Dopo venti giorni, poi, il debito viene ceduto a un’agenzia di riscossione, perciò il cittadino si troverà a pagare per dieci volte il costo dell’energia. Il Governo ha trovato 48 milioni per attenuare i danni, ma questa somma corrisponde al 25% del costo totale del 2022 che è di quasi 200 milioni di euro, senza contare la maturazione dei costi del 2023. Nessun Comune è immune, ma nei grandi è peggio, perché un grande Ente ha costi maggiori rispetto a quello più piccolo”.

Le criticità legate al Pnrr
Cosa potete dirci sulla questione dell’Autonomia differenziata?
Amenta – “Stiamo affrontando, come Anci, questo determinante tema, poiché il Federalismo fiscale è entrato in vigore con la Legge 42 del 2009 e prevedeva il Federalismo municipale. Perciò, siamo stati chiamati ad armonizzare i Bilanci e a trovare una soluzione su come ridurre il gap con i Comuni del Nord a livello di qualità e quantità dei servizi. Questo si può fare solo se si fa un’analisi precisa dei fabbisogni. Quest’analisi è già in corso dall’ottobre 2021, non è stata ancora ultimata, ma il gap è enorme”.
Come si fa a ridurre questo gap?
Amenta – “La soluzione è nell’individuazione dei fabbisogni standard, come quanti asili sono necessari, quanto serve per all’amministrazione generale, quanti trasporti servono, ecc… Per poi giungere a costruire i Livelli essenziali delle prestazioni. Tuttavia, per raggiungere questa fase, è necessario sapere quanto costa, di quali fondi dispongo, come attivare i servizi, ecc… Per finanziare questi Livelli essenziali delle prestazioni, occorre utilizzare i tributi locali o attraverso un Fondo nazionale che esiste, ma è finanziato dai Comuni stessi? Ci stiamo ragionando, provando a tirare dentro la Regione, per trasformare questo Fondo delle autonomie in uno perequativo per finanziare i servizi”.
La mancanza di tecnici adeguati costituisce un limite in questo contesto così complesso, è corretto?
Alvano – “Certamente. Quando non possiamo assumere personale e chiediamo una norma che ce lo permetta, è proprio per le esigenze del Pnrr. Con questi parametri di bilancio non potremo mai fare un bando pubblico per assumere personale. Occorre crearne uno che accompagni il Pnrr con idee chiare, poiché i fondi sono tanti, ma chi li gestisce manca. Per legge, i sindaci hanno dei servizi essenziali che devo garantire come le scuole e la polizia locale, ma per garantire questi servizi o si ricorre alle tasse locali o esse sono garantite da un altro Ente. Se il sindaco non adempie, deve risponderne, ma deve anche sapere come trovare i fondi”.

Occorre stimolare la politica a non abbandonare i Comuni
Quali sono le azioni che si devono compiere per mettere in sicurezza finanziariamente e strutturalmente gli Enti locali dell’Isola?
Amenta – “I Livelli essenziali di prestazione dipendono anche dalla capacità di riscossione dei tributi locali, ma se i Comuni sono spopolati e il gettito fiscale ricavabile è poco, è chiaro che occorre ricorrere a un Fondo nazionale. La nuova normativa sull’equilibrio finanziario prevede che, di fronte a una previsione d’incasso, solo il 50% delle entrate locali è incamerato e il sindaco adempie per tale cifra, non oltre. I Lep sono obiettivi di servizio, ma per conseguirli occorre valutare la capacità fiscale del Comune. L’autonomia differenziale è stata trattata in Sicilia dopo dodici anni e questo tema va spiegato al cittadino. Se non c’è sviluppo in un territorio, non si pagano i tributi e non si può sviluppare il Comune. Va fatto un lavoro di base di crescita e occupazione in grado di equiparare i nostri centri a quelli del Nord. D’accordo che non si arriverà allo stesso numero di asili nido del 50% di Bologna, ma non si può tenere solo l’8% attuale in Sicilia. Però, un asilo-nido costa 200 mila euro annui tra operatori, manutenzioni e costi fissi, perciò come si recupera un gap simile? Da qui il Pnrr finanzia il contenitore, ma deve essere l’Amministrazione comunale a gestirlo. Quindi, occorre aiuto per garantire questi servizi. Oggi abbiamo la possibilità di costruire le case e ospedali di comunità, ma dentro quelle strutture ci devono operare medici, infermieri, inservienti di cui c’è già carenza. Il problema è far dialogare Bilancio dello Stato e i contenitori”.
Come procede il dialogo con i nuovi Governi regionale e nazionale?
Amenta – “Abbiamo iniziato a dialogare, ma se la Regione non affronterà questi temi seriamente, il Pnrr non ci aiuterà. Abbiamo elencato dieci problemi che stanno tramortendo il nostro territorio, ma abbiamo trovato difficoltà a farci capire. Un esempio è dato dai cambiamenti climatici, che richiedono di ripensare il territorio con nuovi piani urbanistici. Perciò o c’è una nuova visione e una strategia o non andremo avanti. I vecchi schemi non funzionano più e questo vale per le Città metropolitane che sono fuori controllo, così come per i piccoli centri che si spopolano. Fare il presidente dell’Anci, oggi, significa stimolare la politica a fare nuove norme che ci permettano di andare avanti, poiché non si possono lasciare soli i Comuni che non hanno personale, garanzie e sostegno giuridico. I temi sono enormi e vedremo i risultati tra cinque anni, avendo una visione chiara del futuro”.
Stabilire le funzioni da attribuire alle ex Province
In che modo i Comuni siciliani possono migliorare il proprio organico in termini più di qualità che di quantità?
Alvano – “Oggi ci troviamo in una fase storica in cui gli investimenti non mancano tra Pnrr, nuova Programmazione e i fondi residui. Il problema non è la mancanza d’investimenti per le infrastrutture, ma la capacità del sistema Sicilia di essere all’altezza della sfida. Questo dipende dalle politiche che sono state o che non sono state messe in campo per operare bene. Il primo problema è la carenza di tecnici, che sono assenti anche a livello nazionale, quindi sia nei Comuni, sia negli assessorati, sia nei Ministeri. Il secondo riguarda le risorse ordinarie che sono insufficienti, perché c’è un Sud debole che richiede che lo Stato attivi canali specifici per far giungere le risorse dove servono. Poi, una parte delle risorse deve venire dalla Sicilia per far ripartire l’economia, oppure non sarà sufficiente la perequazione. O noi siamo capaci di mettere in campo iniziative di politica economica in grado di sviluppare l’economia, introducendo anche una cultura d’impresa che è carente nel nostro territorio, o non ripartirà il sistema economico e declineremo lentamente”.
Qual è la vostra posizione sulle ex Province siciliane? Credete che il ritorno al passato auspicato sia a livello siciliano che nazionale possa rappresentare una soluzione per la crisi che da anni stanno vivendo gli Enti intermedi?
Amenta – “Ci sarebbe un disegno di legge per riattivarle, ma ho sempre sostenuto che un Ente deve svolgere determinate funzioni, altrimenti sparisce. Un Ente esiste se fornici dei compiti da svolgere e dei tributi, anche locali, che gli permettono di finanziarsi. Questo vale sia per le Città metropolitane così come per i Liberi consorzi di Comuni. Si parla di restituire le Provincie alla politica, ma per otto anni le Provincie sono state commissariate, per cui ora si sostituirebbe il commissario straordinario con un presidente senza chiarire il ruolo dell’Ente in un mondo che è cambiato”.
Quindi non credete che il ritorno a un’elezione diretta degli organi politici possa rappresentare una soluzione adatta?
Amenta – “Dubito che questo possa risolvere tutto. Non si tratta, quindi, di scegliere elezioni di primo o secondo livello, ma di cosa si vuole fare delle Provincie”.