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Anziani e sanità, al Nord ci sono il triplo dei posti letto della Sicilia: l’Isola tra i fanalini di coda

Anziani e sanità, al Nord ci sono il triplo dei posti letto della Sicilia: l’Isola tra i fanalini di coda
ospedale sanita

Un divario che con l’Autonomia differenziata sarebbe stato destinato ad ampliarsi.

Tre posti letto ogni 1.000 residenti. È questo l’incredibile dato che emerge dall’ultimo Rapporto Istat relativo alle strutture residenziali socio-assistenziali in Italia pubblicato lo scorso 6 febbraio. In pratica, chi vive al Nord ha a disposizione più del triplo dei posti letto concessi a chi vive al Sud: un divario che con l’Autonomia differenziata sarebbe stato destinato ad ampliarsi.

Sicilia tra le ultime

Tra i fanalini di coda per numero di posti letto, c’è proprio la Sicilia. Le famiglie che hanno malati terminali o anziani da badare, sono così costrette dalle carenze della sanità pubblica a rivolgersi a strutture private, con rette da capogiro. Per chi può permettersele. In questo approfondimento del Quotidiano di Sicilia proveremo a conosceremo meglio la situazione nell’Isola. E i perché di questo cortocircuito.

Interessanti alcune delle statistiche evidenziate da Istat: La quota di stranieri tra il personale retribuito e messo in regola è del 12%: due su tre sono cittadini extraeuropei. Una quota parte che continua a crescere nel corso degli anni, a testimonianza di come sempre meno italiani siano disposti a svolgere un lavoro di grande fatica e umanità, spesso non riconosciuta in busta paga.

Circa il 36% degli ospiti con meno di 18 anni sono accolti per problemi economici, incapacità educativa o problemi psico-fisici dei genitori. C’è poi un ulteriore dato che riguarda la quota degli ospiti anziani non autosufficienti presenti: circa 174mila anziani sono ultraottantenni, l’81% del totale. E quasi 8 su 10 è la media italiana dei posti letto destinati all’assistenza socio-sanitaria.

Il sistema

Il sistema residenziale socio-assistenziale in Italia è caratterizzato da una crescente domanda di servizi, trainata dall’invecchiamento della popolazione e da nuove esigenze sociali, come racconta Istat. Il divario tra Nord e Sud evidenzia la necessità di politiche mirate per equilibrare l’offerta territoriale e garantire un accesso equo ai servizi essenziali, che come evidenzia il Rapporto a oggi non esiste.

Interventi strategici e una maggiore attenzione alle specifiche esigenze delle diverse categorie di utenti, potrebbero contribuire a rendere il sistema più inclusivo ed efficiente. Garanzia di efficienza che, con un colpo di spugna, la politica dei tagli al pubblico imposta dal governo centrale ha posto in una condizione di ulteriore agonia. Ma rivolgiamoci ai numeri: quelli non mentono mai.

Un panorama complesso

Al 1° gennaio 2023, in Italia si contano 12.363 presidi residenziali attivi, con un totale di 14.977 unità di servizio. Questi presidi offrono complessivamente 407.957 posti letto, equivalenti a circa sette posti ogni 1.000 residenti. Nonostante l’incremento dell’1,8% degli ospiti rispetto all’anno precedente, che ha portato il numero complessivo a 362.850, permangono forti differenze territoriali nell’offerta e nell’accesso ai servizi per l’utenza.

In questo contesto si innestano le disparità tra Nord e Sud del Paese nell’offerta residenziale. Basti pensare che nel Nord-est si registra una media di 10 posti letto ogni 1.000 residenti; al Sud questa disponibilità crolla a una media di soli 3 posti letto ogni 1.000 residenti. Il divario si riflette anche nella tipologia di servizi offerti: mentre nelle regioni settentrionali prevalgono i servizi dedicati agli anziani non autosufficienti (71,3% nel Nord-ovest e 74,5% nel Nord-est), al Sud si evidenzia una maggiore presenza di posti letto destinati ad anziani autosufficienti, persone con disabilità e immigrati.

Non soltanto servizi più scadenti, dunque, ma anche a fronte di costi gestionali, per intenderci, molto più esigui rispetto a quelli di cui necessiterebbe un paziente non autosufficiente. Come disciplinato dalla Regione Siciliana con decreto pubblicato su Gazzetta Ufficiale il primo marzo 2013.

“Alle RSA va riconosciuta una retta giornaliera determinata in euro 111,80 comprensiva di tutte le prestazioni socio-sanitarie e riabilitative erogate dalla struttura fatta eccezione per le prestazioni di cui al precedente punto 8. La retta va corrisposta con onere a totale carico del SSR per i ricoveri della durata massima di giorni 60 e per l’intera durata dei ricoveri di persone con malattia di Alzheimer, maggiorata della quota di € 56,46, effettuati negli specifici moduli assistenziali”, spiega la Regione.

Un regolamento che è stato aggiornato dopo l’accordo dello scorso novembre giunto su insistenza delle amministrazioni delle RSA presenti in Sicilia. Con l’approvazione dell’articolo 28, comma 16, della nuova legge regionale, a partire dal 2024 è stato disposto l’adeguamento tariffario per le strutture riabilitative dedicate a soggetti con disabilità psico-fisico-sensoriali, comunità terapeutiche assistite, residenze sanitarie assistite e centri diurni per soggetti autistici. Un accordo che prevede un incremento delle tariffe del 7%, finanziato attraverso i fondi del servizio sanitario regionale.

Gli ospiti, la loro distribuzione e il futuro tracciato da Istat

I dati proposti dal rapporto Istat fanno riferimento al primo gennaio 2023, con un totale di 362.850 ospiti presenti nelle strutture residenziali e suddivisi in una quota del 75% di ultra-sessantacinquenni, principalmente anziani non autosufficienti; 19% utenti tra i 18 e i 64 anni, con differenti esigenze assistenziali; 5% rappresentato da minori, accolti principalmente in strutture socio-educative.

Nelle regioni del Centro e nel Mezzogiorno, la maggioranza delle strutture ha una dimensione media compresa tra i 16 e i 45 posti letto: il 43,3% nel Centro, il 51,2% nel Sud e il 55,8% nelle Isole. La dotazione di posti letto per anziani non autosufficienti è molto elevata nelle regioni del Nord, con valori che si attestano nel Nord-oves a 28 posti letto ogni 1.000 residenti anziani e nel Nord-est ad addirittura 31 posti letto ogni 1.000 residenti.

“Nelle altre ripartizioni la quota di posti letto destinata a questo target di utenza risulta nettamente inferiore, e raggiunge il suo valore minimo al Sud con appena sei posti letto ogni 1.000 residenti”, spiega l’Istat. L’incremento degli ospiti rispetto agli anni precedenti è in linea con la tendenza osservata prima della pandemia da Covid-19 e segnala una crescente domanda di servizi residenziali, complice anche l’invecchiamento della popolazione. Come evidenziato sempre da Istat, stavolta nel Rapporto Annuale 2024, il futuro non è affatto roseo.

“Nell’arco di venti anni, l’età media della popolazione è aumentata da 42,3 anni al 1° gennaio 2004 a 46,6 anni al 1° gennaio 2024; l’indice di vecchiaia è pari al 199,8 per cento, con un aumento di oltre 64 punti percentuali negli ultimi due decenni”, scrive Istat.

Inevitabilmente critiche le conseguenze. “Gli adulti e i giovani, complessivamente, sono diminuiti di poco meno di 2 milioni di individui: al 1° gennaio 2024 si contano 36 milioni 866 mila residenti con un’età compresa tra 16 e 64 anni (il 62,5 per cento del totale della popolazione), il 2,5 per cento in meno rispetto al 2004, mentre i bambini e i ragazzi fino a 15 anni sono oggi 7 milioni 766 mila (il 13,2 per cento del totale della popolazione), con una perdita di quasi un milione di individui rispetto al 2004”.

A crescere è dunque la popolazione degli over 65 anni, con un boom di oltre 3 milioni di italiani. Dato che porta a toccare quota 14 milioni 358 mila individui (il 24,3 per cento, in aumento di 5,1 punti percentuali rispetto al 2004). “Di questi, oltre la metà sono oggi di 75 anni e oltre: 7 milioni 439 mila individui (il 12,6 per cento della popolazione totale), con un aumento di 3,8 punti percentuali in venti anni”. Tradotto: ci saranno sempre più anziani in prospettiva a fronte di un sistema sanitario che non regge e di un sistema socio assistenziale con evidenti squilibri tra Nord e Sud del Paese.

Strutture e posti letto

Le unità di servizio ospedaliero si suddividono principalmente in due categorie: strutture socio-sanitarie e strutture socio-assistenziali. Le prime constano di 8.924 unità per 319.000 posti letto (78% del totale). Queste strutture assistono prevalentemente anziani non autosufficienti (77% dei posti letto), ma offrono anche supporto a persone con disabilità (7%), anziani autosufficienti (8%) e adulti con patologie psichiatriche (5%). Una piccola percentuale è destinata a minori (1%) e persone con dipendenze patologiche (2%).

Le strutture socio-assistenziali attive risultano invece 6.053 in tutta Italia, con 89.195 posti letto (22% del totale). Questi presidi si focalizzano sull’accoglienza abitativa (41%), sull’educazione e tutela di minori (41%), sul supporto all’autonomia degli ospiti (12%) e sull’accoglienza in emergenza (6%).

La titolarità delle strutture è in carico ad enti non profit nel 45% dei casi, agli enti privati nel 24%, agli enti pubblici nel 19% e agli enti religiosi nel 12%. Nell’88% delle residenze i titolari gestiscono direttamente il presidio, nel 9% i titolari danno in gestione le loro strutture ad altri enti, nei restanti casi (2%) il presidio viene gestito in forma mista. Se al Nord la percentuale di strutture gestite da enti non profit è del 26%, al Sud supera quota 36%.

Nelle residenze del Nord-est il tasso di ricovero si attesta ai livelli più alti con 29 ospiti per 1.000 anziani residenti e raggiunge valori massimi nelle Province Autonome di Trento e Bolzano/Bozen (rispettivamente 40 e 37 per 1.000 abitanti di pari età). Di contro le regioni del Sud presentano un livello di istituzionalizzazione più basso: in quest’area del Paese, su 1.000 anziani residenti, solo otto sono ospiti delle strutture residenziali; il valore minimo si registra in Campania, dove risultano ricoverati soltanto cinque anziani per 1.000 residenti, contro i 19 registrati a livello nazionale.

Le differenze territoriali si riscontrano anche osservando la distribuzione degli anziani non autosufficienti e risultano ancora più marcate tra le donne. Per le donne i tassi di ricovero sono molto alti nelle residenze del Nord, con oltre 33 anziane non autosufficienti per 1.000 residenti della stessa età. Nelle altre ripartizioni il tasso di ricovero diminuisce sensibilmente passando da 13 per 1.000 nelle regioni del Centro, a sette per 1.000 nel Sud e nelle Isole.

Alcune sigle sindacali, contattate dal QdS in concomitanza con questo approfondimento, non hanno potuto fornire, perché non a disposizione, i dati relativi al costo al quale vanno incontro le famiglie siciliane a causa di questa disfunzione del sistema sanitario.

Chi ci lavora

Le strutture socio-assistenziali e socio-sanitarie italiane impiegano poi circa 337.000 lavoratori regolarmente dichiarati, senza considerare i margini di personale non in regola spesso individuato durante le ispezioni dei NAS. A questo numero si aggiungono quasi 33.000 volontari e poco più di 3.700 operatori del servizio civile. A questi si aggiunge una componente di quasi 33.000 volontari.

Le principali figure professionali occupate nelle strutture residenziali si concentrano in ambito sanitario, circa 195.000 sono rappresentate da tre professioni: operatori socio-sanitari (34,6%), infermieri e addetti all’assistenza alla persona (entrambi all’11%). Personale che rappresenta una risorsa fondamentale per garantire un’assistenza adeguata agli ospiti, nonostante le difficoltà legate alle disparità territoriali e all’aumento della domanda che porterà i siciliani a pagare di tasca propria il gap territoriale con il resto del Paese.