Asu, stop integrazione oraria: già “bruciati” 14 milioni di euro - QdS

Asu, stop integrazione oraria: già “bruciati” 14 milioni di euro

Asu, stop integrazione oraria: già “bruciati” 14 milioni di euro

mercoledì 25 Ottobre 2023

L’assessorato al Lavoro blocca gli Enti: nessun aumento di ore dal primo novembre. Fondi esauriti con due mesi d’anticipo: stabilizzazione sempre più lontana

PALERMO – Un fine anno di magra per gli Asu che lavorano in vari enti pubblici su tutto il territorio regionale. I 14 milioni di euro, autorizzati per l’esercizio finanziario 2023 per l’integrazione oraria di tali lavoratori sono già finiti, per cui, come si legge nella nota del dipartimento regionale del Lavoro, a firma del dirigente generale Ettore Foti e il dirigente del servizio Pippo Ricciardo, “in considerazione del raggiungimento del suddetto limite di spesa, non si potranno far effettuare ulteriori ore integrative a far data dal primo novembre 2023”.

Sono oltre 4 mila gli Asu siciliani

In caso contrario, tali spese non autorizzate preventivamente resteranno a carico esclusivo degli Enti. È immediatamente scattata la polemica, visto che la mancata integrazione si traduce in una riduzione importante delle entrate mensili: per gli oltre 4 mila Asu siciliani si parla di circa 600 euro in meno al mese. Si ritorna, infatti, alle “vecchie” 20 ore, per un importo di circa 600 euro al mese, mentre l’integrazione aveva permesso di portare l’orario lavorativo a 36 ore settimanali, raddoppiando o quasi lo stipendio. Una grave perdita economica per i lavoratori, e un disservizio per gli enti, che si ritrovano a non poter utilizzare a pieno questi lavoratori almeno fino al termine di dicembre, in attesa di nuove disposizione per il prossimo anno. L’integrazione oraria sembrava essere un primo passo verso quello che è il percorso della stabilizzazione, soprattutto dopo il decreto Pa bis, emesso lo scorso 15 giugno dal governo Meloni. Con questo decreto, infatti, si riconosce finalmente l’importante ruolo svolto nella Pubblica amministrazione e negli Enti locali dei lavoratori precari. Dal primo novembre, invece, si fa un passo indietro.

Le proteste di Nuccio Di Paola e Antonio De Luca

E non potevano mancare le voci di protesta: “Altro che stabilizzazione per gli Asu, di cui tanto si parlava dopo lo spiraglio aperto a Roma quest’estate con l’approvazione del decreto Pa bis – hanno detto il referente regionale M5S Nuccio Di Paola e il capogruppo del M5S all’Ars Antonio De Luca – il governo regionale tutto chiacchiere e zero fatti, a quanto pare, marcia in direzione diametralmente opposta, se è vero, come è vero, che per questi lavoratori dietro l’angolo non c’è la tranquillità occupazionale, ma una nuova batosta sotto forma di stop all’integrazione oraria a partire dal 1 novembre”. Di Paola e De Luca hanno dichiarato di voler immediatamente chiedere conto e ragione di tale situazione con un’interrogazione urgente all’Ars, oltre a richiedere con forza lo stanziamento delle somme per garantire il proseguimento dell’integrazione oraria per questi lavoratori che, dicono ancora i due rappresentanti politici “sono indispensabili in tanti uffici pubblici, musei ed aziende sanitarie”.

Gli Asu, infatti, sono distribuiti su diversi “enti utilizzatori”: la maggioranza, circa tremila, lavorano nei Comuni, svolgendo in buona parte mansioni a basso profilo; altri 700 circa lavorano nel comparto privato-sociale, mentre in 300 dipendono dall’assessorato ai Beni culturali e lavorano nei parchi e nei musei regionali. Lavoratori nella Pubblica amministrazione da decenni, ancora in attesa di una stabilizzazione. L’integrazione oraria avrebbe dovuto essere un passo in questa direzione, così come il decreto del governo Meloni. Manca però il passaggio fondamentale, e cioè la copertura finanziaria. I Comuni, infatti, necessitano di un intervento della Regione in termini economici, che permetta di far uscire dalla precarietà questi che sono lavoratori dipendenti nella pratica ormai da anni.

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