Parlamento declassa capi partito
Non avevamo la sfera di cristallo, ma ragionando sul futuro dello scenario politico, il 27 luglio (piena estate) abbiamo scritto: “Squadra che vince non si tocca. Confermare la coppia Mattarella-Draghi”.
Sapevamo della contrarietà dell’uscente Capo dello Stato a una rielezione, ma sapevamo anche (conoscendolo bene) come essa non sarebbe stata rifiutata per il dovere fortemente sentito dal Sergio siciliano.
La previsione era di difficile attuazione, però fondata, perché il quadro politico così frazionato sia fra i partiti che all’interno degli stessi, non permetteva di vedere una soluzione condivisa, come hanno cercato di fare per quasi una settimana tutti i capi politici, non riuscendovi.
Cosicché, dopo sette votazioni, i predetti si sono convinti che la migliore soluzione – si badi, non residuale – era quella di eleggere ancora Mattarella, non con un mandato parziale, ma pieno, come prevede la Costituzione, e con esso la ovvia conferma di Mario Draghi, presidente del Consiglio, che assicura stabilità e sicurezza per le riforme e la realizzazione del Pnrr.
Il Presidente, che giurerà giovedì 3 febbraio, riceverà probabilmente il presidente del Consiglio che gli presenterà le dimissioni, per prassi. Dimissioni che saranno respinte – anche qui probabilmente – ipso facto, a meno che qualche partito non voglia cambiare ministri, viceministri o sottosegretari.
La nostra opinione, espressa con il citato editoriale del 27 luglio 2021, è stata ulteriormente confermata con un altro editoriale di martedì 4 gennaio di quest’anno, in quanto abbiamo visto il consolidarsi della precedente previsione, senza alcuna novità nel quadro politico, con la conseguenza che la soluzione non poteva che essere la rielezione di Mattarella e la conseguente conferma di Draghi.
Il Presidente confermato, siamo convinti, resterà in carica fino al 3 febbraio 2029 e quindi gestirà due elezioni politiche: quelle del prossimo anno e le altre del 2028. Finirà a ottantotto anni – la stessa età di Giorgio Napolitano quando venne rieletto – in quanto ne ha compiuti ottanta lo scorso 23 luglio.
Questo fatto conferma che Mattarella resterà per tutto il secondo settennato.
I 759 voti riportati da Mattarella sono secondi solo a quelli che nel 1978 riportò Sandro Pertini (832), che ho avuto il piacere di incontrare nel 1983. Pertini era un sanguigno e un irruento, non aveva alcun timore delle forme e parlava quasi sempre a braccio perché la sua vista non era buona. L’esatto contrario nel modo di fare è quello del Presidente confermato, il quale parla poco, esprime concetti in modo limpido, ma ha un carattere fermo e le idee chiare su come debba gestire il primo incarico dello Stato, che è quello di Presidente della Repubblica.
Alcuni elementi confermano quanto precede: insieme ai presidenti di Senato e Camera – Casellati e Fico – ha voluto ricevere solo i presidenti dei gruppi parlamentari e non i capi partito, dando così all’incontro un’impronta istituzionale.
E poi, nel suo breve saluto, ha confermato quello che sapevamo: “Il dovere prevale sulle attese personali”.
Anche se nessuno l’ha scritto né detto, dobbiamo dare atto all’intuito di Matteo Renzi, ormai caduto in disgrazia, il quale, da presidente del Consiglio, nel 2015 tirò fuori all’ultimo momento la candidatura di Mattarella, che poi risultò vincente. Successivamente è stato determinante nella caduta del Governo Conte e, quindi, nella nomina di Mario Draghi. Riteniamo che vi sia un suo contributo non indifferente nella vicenda che vi stiamo raccontando.
Si può riprendere con fiducia l’attività politica, fin da oggi, perché è urgente affrontare la grave crisi economica e sociale e completare la sconfitta della pandemia.
Dopo la prima Riforma della Giustizia, però da eseguire mediante i decreti attuativi, è urgente quella della Concorrenza, del Fisco e della Pubblica amministrazione.
Non sappiamo se il Governo resterà nella sua compagine così com’è, però auspichiamo che non si perda alcun tempo nelle eventuali sostituzioni.
“Avanti tutta”, direbbe Renzo Arbore fra il serio e il faceto. Noi però lo scriviamo seriamente. “Avanti tutta”.