Mattarella-Draghi, squadra che vince non si tocca - QdS

Mattarella-Draghi, squadra che vince non si tocca

Carlo Alberto Tregua

Mattarella-Draghi, squadra che vince non si tocca

mercoledì 28 Luglio 2021

L’accoppiata fra il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e il presidente del Consiglio, Mario Draghi, è il meglio che l’Italia possa esprimere nei massimi vertici istituzionali.
Vogliamo augurarci vivamente che il Capo dello Stato voglia sacrificarsi per qualche anno ancora, in modo da consentire a Draghi di completare il suo progetto che mira a fare risollevare l’Italia dal baratro in cui l’ha cacciata l’epidemia.

Va comunque precisato, per l’ennesima volta, che prima di questo maledetto Covid ci sono stati anni oscuri in cui l’Italia non solo non è cresciuta ma si è anche indebitata in maniera mostruosa, senza però i benefici che indicava il grande John Maynard Keynes, perché l’indebitamento non è stato mirato alla crescita bensì all’assistenzialismo.
Il difetto più grosso di questo ceto partitocratico è la mancanza di competenze con conseguente assenza di strategie e l’incapacità di formulare piani pluriennali senza i quali è impossibile fare crescere il Paese in termini economici e sociali.

Tutto questo è accaduto perché la Costituzione non prevede che i candidati ai vertici istituzionali, nazionali, regionali e locali, debbano dimostrare conoscenze, competenze e capacità per andare a gestire branche amministrative erogatrici di servizi.

Come è possibile che un bibitaro diventi ministro? Forse solo nelle commedie di Feydeau poteva essere descritto un fatto del genere; o come un insegnante di prima nomina possa diventare ministro dell’Istruzione e ancor prima una maestra giardiniera possa diventare ministra, e così via elencando.

La questione che indichiamo non riguarda questo o quel partito perché gli incompetenti sono la maggioranza.
Noi auspichiamo (ma questo non accadrà mai) che i candidati debbano possedere un curriculum eccellente, che dimostri senza ombra di dubbio la loro capacità per andare ad amministrare quella branca politica cui sono destinati.

È un fatto del tutto ridicolo che un ministro del precedente Governo, in occasioni delle dimissioni dello stesso, ebbe a dichiarare: “Non sapevo tante cose che ho imparato”.
Ma un ministro deve dirigere, non imparare; e per dirigere deve sapere. Sovvertire l’ordine è un comportamento incivile.

Il Pnrr potrà dare sollievo alle iniziative economiche e strutturali del Paese a condizione che venga utilizzato bene, con una burocrazia funzionante e capace di evadere le richieste di imprese e cittadini in tempo reale.

Ma, alla vista, questo rinnovamento, basato sulla totale digitalizzazione dei processi di ogni tipo, non sembra posta all’ordine del giorno. È vero che è stato costituito il ministero dell’Innovazione tecnologica e della Transizione digitale (Mitd) ma è anche vero che fino ad oggi non si vedono i progetti necessari per attuarli.

Ripetiamo ancora due fatti inequivocabili: il primo riguarda le condizioni poste dalla Commissione europea, che riguardano l’approvazione di quattro riforme prima di qualunque erogazione o anticipazione. Esse sono Giustizia, Concorrenza , Fisco e Pubblica amministrazione.

Il secondo riguarda una bufala che viene accreditata da tutti i mass media e cioè che i finanziamenti stanno per arrivare. Non è vero perché i finanziamenti verranno erogati da Bruxelles alla presentazione di progetti di beni e servizi.

Per guidare un’auto bisogna essere autisti, per guidare un ministero basta saper vendere le bibite. E torniamo alla questione delle competenze. Draghi ha scelto i ministri più importanti fra i tecnici di sua fiducia. Tutto il resto del Governo, formato da ben 62 componenti, si considera successivo alle decisioni primarie.

Draghi è uno che decide, per fortuna; i suoi Ddl approvati nei Consigli dei ministri vengono poi confermati dalle Camere, anche con la fiducia.
Certo, non possiamo passare sotto silenzio il monito di Mattarella sull’ultimo decreto omnibus (Sostegni bis), col quale ha avvertito il Parlamento che rinvierà eventuali testi troppo variegati.

La fiducia sulla riforma della Giustizia precede quella sulla Concorrenza, che dovrà abbattere un sistema clientelare che ha fatto prosperare le cosiddette nomine di sottogoverno. Vediamo se Draghi riuscirà anche in questa titanica impresa.
Abbiamo fiducia in un risultato positivo.

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