Gli studenti delle classi terza, quarta e quinta dell’Istituto Tecnico Biotecnologie Ambientali “R. L. Montalcini” di Gagliano Castelferrato, nell’ambito delle attività di PCTO hanno avuto l’opportunità di intervistare Dr. Guido Bonfedi, responsabile Innovazione tecnologica, coordinamento tecnico e servizi di laboratorio di Eni Rewind. La sua formazione scientifica, la sua laurea in Chimica Industriale, lo studio e l’approfondimento continuo sono interamente dedicati alla “mission” in Eni: trovare quelle soluzioni tecnologiche sostenibili allo scopo di minimizzare l’impatto nella gestione delle bonifiche.
Quali difficoltà ha riscontrato nella sua carriera prima di essere il Responsabile di Ricerca e Sviluppo in Eni Rewind?
“Non parlerei di difficoltà, ma di prove da superare. Ogni giorno bisogna mettersi in discussione. Le difficoltà che ho riscontrato all’inizio sono state quelle di vedere qualcosa sulla carta e non sapere esattamente nella realtà a cosa corrispondesse. Eni è una società che aiuta e forma, investe nei giovani e non solo sulla formazione teorica ma soprattutto sulla formazione in campo. A tal proposito, i giovani che entrano a far parte della nostra società da subito hanno modo di confrontarsi direttamente con le diverse realtà industriali e i differenti processi lavorativi”.
Quali requisiti deve possedere un tecnico per potersi fare carico delle sue mansioni?
“Deve essere preparato dal punto di vista professionale e possedere una buona preparazione di base […]. In un’attività come la nostra sono fondamentali anche quelle che vengono definiti soft skills poiché il nostro lavoro non si svolge in una camera chiusa davanti un pc, ma è un lavoro di interazione, di squadra. Per portare avanti le nostre attività abbiamo bisogno di teams allargati: dall’idrogeologo al tecnico che progetta gli impianti, dal chimico al modellista che riproduce in un modello i complessi andamenti delle falde. Fondamentale è allenarsi a lavorare in gruppo, perché il futuro è questo. Ci sarà sempre un’interazione collaborativa nella vostra vita”.
Come è avvenuta la trasformazione di Eni in un laboratorio di ricerca come quello di Gela? Cosa ha spinto l’azienda a questa conversione e quali difficoltà sono state riscontrate?
“Gela è un esempio virtuoso di ‘Laboratorio tecnologico’, ci sono numerose sinergie al suo interno, nel senso che ci sono più realtà che collaborano per un obiettivo comune. Criticità dal punto di vista operativo non ce ne sono state. Si sono create nei nostri laboratori delle eccellenze che vengono anche utilizzate dagli Enti pubblici come modello. Per noi è un’enorme soddisfazione che le nostre buone pratiche siano utili anche all’esterno. Tutto parte dalle analisi di laboratorio e da come vengono effettuate”.
Come avviene la bonifica di un suolo contaminato da idrocarburi? è possibile un ripristino al 100%?
“La normativa prevede dei passaggi molto chiari. Sui siti di interesse nazionale si procede con la caratterizzazione. Se si riscontrano contaminanti con valori al di sopra di quelli definiti come Concentrazioni Soglia di Contaminazione, esso viene definito potenzialmente contaminato. Il piano di caratterizzazione del terreno deve essere approvato dagli Enti e successivamente si procede con le analisi. Infine si produce il documento di ‘analisi di rischio’, definendo il vero obiettivo di bonifica del terreno in questione. Viene elaborato il progetto di bonifica che nel caso di idrocarburi deve anche prevedere la determinazione delle loro caratteristiche chimiche (es. lunghezza della catena), poiché da questo dipenderà la scelta della tecnologia da utilizzare. Ad esempio la metodologia e-limina, prevede la rottura delle catene idrocarburiche con specifici reagenti in modo da favorire la biodegradazione da parte dei batteri autoctoni. Per gli idrocarburi volatili si andranno ad utilizzare altri tipi di tecnologie in situ specifiche per tali contaminazioni.[…] In ogni caso la tempistica di raggiungimento degli obiettivi di bonifica è determinata da numerosi fattori, legati anche all’azione dei batteri ed al substrato in cui operiamo che non è sempre determinabile a priori, e per questo è necessario investigare prima di andare in campo”.
Quali sono le tecniche impiegate per il risanamento delle acque contaminate e qual è la più efficiente?
“La più utilizzata è il Pump&Treat in cui barriere e pozzi ai confini degli stabilimenti emungono l’acqua della falda contaminata e la portano in un impianto in cui viene trattata per il raggiungimento degli obiettivi di bonifica. Questa è una tecnologia passiva: emunge l’acqua, la tratta, la riemette in falda e la riutilizza, però ha tempi lunghi. Si sta investendo in tecnologie alternative, ad esempio nei pozzi di circolazione che intervengono direttamente sulla sorgente della contaminazione e non sulla falda. Una tecnologia più sostenibile è in realizzazione a Priolo: barriere permeabili reattive indirizzano la falda verso un “cancello” in cui reagenti, come ad esempio i carboni attivi, purificano l’acqua al suo passaggio”.
La tecnologia e-hyrec nasce da Eni?
“Il brevetto è Eni, che lo costruisce e commercializza. Per realizzarlo ci si appoggia a costruttori specializzati, nello specifico a una ditta di Gela, ma è Eni Rewind a commercializzarlo”.
Troviamo molto interessante il settore “Waste to fuel”,quali tecnologie di trasformazione utilizza Eni?
“La tecnologia ‘waste to fuel’ trasforma la sostanza organica contenuta nell’umido in biocarburante, facendo in un impianto quello che la natura ha fatto nel corso di decine di milioni di anni nel sottosuolo”.
In termini di sostenibilità ambientale, quali sono i progetti che Eni sta portando avanti e quali ancora in via di sviluppo?
“L’Eni sta portando avanti un percorso di transizione energetica, andando verso una maggiore decarbonizzazione dei processi. Si punta ad una riduzione della produzione di Co2 oltre che ad un recupero della stessa”.
Grazie all’intervento del Dr. Bonfedi, gli studenti hanno approfondito tematiche già trattate nel loro Istituto. Hanno compreso maggiormente l’importanza di affrontare le possibili “difficoltà” della vita, legate al lavoro e allo studio, con lo stimolo di non arrendersi al primo ostacolo. Un invito a mettersi in gioco sempre, e soprattutto a scegliere con consapevolezza e con passione il percorso formativo da intraprendere, tenendo presente la molteplicità delle figure professionali necessarie per affrontare le problematiche ambientali.
Gli studenti del “R. L. Montalcini” – Gagliano Castelferrato