Bonus psicologo, Aip: "Sbagliato stanziare solo 5 milioni" - QdS

Bonus psicologo, Aip: “Sbagliato stanziare solo 5 milioni”

Antonino Lo Re

Bonus psicologo, Aip: “Sbagliato stanziare solo 5 milioni”

Mario Catalano  |
sabato 18 Marzo 2023

Santo Di Nuovo, presidente Associazione Italiana di Psicologia, lancia l’allarme: “Quadro attuale potrebbe peggiorare”

ROMA – “Bene aumentare la soglia massima del bonus psicologo da 600 a 1.500 euro, ma diminuire drasticamente i fondi totali stanziati, da 25 milioni del 2022 ai 5 di quest’anno, rischiano di peggiorare il quadro attuale”. È quanto afferma Santo Di Nuovo, presidente dell’Aip (Associazione Italiana di Psicologia). “La soglia di 600 euro limitava troppo il numero delle sedute, dodici al massimo, che in molti casi erano davvero insufficienti per risolvere i problemi degli utenti.

Le condizioni previste (ansia, stress, depressione e fragilità psicologica, a causa dell’emergenza pandemica, ma non solo), possono essere meglio gestite nelle molte più sedute consentite dal nuovo tetto. Ma la diminuzione drastica del fondo totale rischia di peggiorare la situazione complessiva: più sedute ma per meno beneficiari. Un paradosso”.

Il Governo ha stanziato in totale 5 milioni di euro per l’anno corrente e 8 milioni per il 2024, saranno sufficienti?

“Nel 2022 erano stati stanziati 25 milioni di euro, e le richieste erano state 395mila, di cui appagate solo 41mila (il 10% circa). Adesso le minori somme stanziate basteranno per circa 3.300 interventi nel 2023 e 5.300 nel 2024. Sempre col criterio di ‘chi arriva prima’, che non tiene conto della gravità del problema, ma dalla velocità con cui si sbrigano le pratiche (complesse, basta vedere il sito Inps che dovrebbe accoglierle). Si può presumere, quindi, che si attivino prima e meglio quelli che stanno meno peggio. Un altro paradosso. Insomma, una norma giusta come principio ma, come al solito, inadeguata sul piano pratico”.

La Sinpf (Società Italiana di NeuroPsicoFarmacologia) ha lanciato l’allarme: ansia e depressione per un minore su quattro. Secondo la società di neuropsicofarmacologia servono unità di cura specifiche per la fascia 14-24 anni. Cosa dobbiamo aspettarci nei prossimi mesi?

“Ansia e depressione, specie dopo il Covid, sono aumentate nelle età infantili e adolescenziali, con comportamenti autolesionistici e anche suicidari. Il disagio porta anche alle dipendenze patologiche, da sostanze ma anche da internet e dai social, a disturbi dell’alimentazione (fino alla bulimia e anoressia), a comportamenti aggressivi, ad esempio nel bullismo, che diventa sempre più spesso cyberbullismo quando si diffonde nella rete. E, purtroppo, dobbiamo aspettarci che questi fenomeni aumentino nel tempo. È forte, spesso anche nelle famiglie, la tentazione di trattare il disagio mentale giovanile con psicofarmaci, come si fa per gli adulti”.

L’intervento più utile quale potrebbe essere?

“Quello preventivo, supportando bambini e adolescenti a “crescere bene”, a saper gestire le emozioni, e a sapersi relazionare con gli altri, coetanei e adulti.

Quanto può essere importante istituire la figura dello psicologo negli istituti scolastici?
“Molto, perché agisce là dove i ragazzi si trovano, la scuola appunto. E interviene non solo per affrontare situazioni di disagio già conclamate, ma anche per promuovere una condizione di benessere psicologico degli studenti, prevenendo quindi le patologie mentali e comportamentali. Inoltre, la sua competenza professionale può formare i docenti alla progettazione di percorsi scolastici per l’orientamento, per il trattamento dei disturbi di apprendimento, i bisogni educativi speciali e la disabilità, e per la promozione delle “life skills”, cioè le abilità per vivere bene, diverse dalle competenze cognitive (che la scuola pure deve promuovere)”.

In che “stato di salute” si trova la rete pubblica di assistenza mentale (Asl e consultori)? Quanto bisognerebbe investire per renderla più innovativa?

“Lo stato si assistenza mentale è di cattiva salute e il virus che la colpisce da tempo è il progressivo depotenziamento del sistema di sanità pubblica. I servizi salute mentale (specie dopo la pandemia) hanno sempre meno risorse umane, e gli psicologi più di tutti: in Italia gli psicologi nella salute mentale sono 1 su 26mila (contro 1 su 10.500 nei paesi del G7). Eppure gli psicologi si occupano non solo delle patologie mentali (insieme agli psichiatri) ma anche delle dipendenze patologiche, di minori e adulti con patologie croniche, di terapia del dolore e cure palliative, degli immigrati, e – nei consultori – di genitorialità responsabile e di supporto ai tribunali, per esempio, per le adozioni e gli affidamenti. Se consideriamo le statistiche sugli psicologi nei servizi sanitari in generale troviamo una situazione ancora peggiore: 1 su 12mila abitanti, mentre nei paesi del G7 sono 1 su 2.500. Queste cifre dimostrano quanto ancora siamo indietro rispetto agli standard “normali” di assistenza psicologica nei servizi pubblici. Su questi aspetti, oltre che su livelli adeguati di risorse nella salute mentale, bisognerebbe investire tanto”.

Il Pnrr sta incidendo positivamente?

“Il Piano nazionale di ripresa e resilienza affronta questi temi solo tangenzialmente, in quanto la missione 6 sulla Salute prevede interventi per le reti di prossimità, strutture e telemedicina per l’assistenza sanitaria territoriale, e per l’innovazione, ricerca e digitalizzazione del Servizio sanitario nazionale. Quindi aspetti prevalentemente tecnici, non strutturali sui servizi. E, comunque, i benefici sono ancora tutti da vedere”.
Il ministro della Salute, Orazio Schillaci, vuole introdurre la figura dello psicologo di base. L’Italia è pronta?
“Già un disegno di legge presentato al Senato nel settembre 2020 durante la pandemia, prevedeva l’istituzione dello “psicologo di cure primarie”, per intervenire, prevenire e diminuire il peso crescente dei disturbi psicologici della popolazione, organizzare l’assistenza psicologica domiciliare e realizzare l’integrazione con i servizi specialistici di ambito psicologico e della salute mentale di secondo livello e con i servizi sanitari più generali. Questa normativa andrebbe ripresa nella nuova legislatura. In Italia si sta già sperimentando questa figura, alcune regioni – come la Campania – hanno già previsto nel loro piano socio-sanitario lo psicologo di base che collabora con la medicina convenzionata (medici, pediatri e specialisti ambulatoriali) con funzioni di riduzione del rischio di disagio psichico, prevenzione, promozione alla salute e attivazione della rete sociale. Quindi, l’estensione a tutte le regioni potrebbe essere tentata con successo”.

Quali potrebbero essere le difficoltà da affrontare?

“Il problema sono i titoli formativi richiesti: oltre la laurea, anche specializzazioni, master, che qualificano lo psicologo nei diversi settori in cui dovrà operare; titoli che dovranno essere resi omogenei nel territorio nazionale, in accordo con l’Ordine e le Università che formano gli psicologi, assicurando le competenze di base nei diversi settori cui dovranno impegnarsi. Inoltre, chiunque abbia i titoli formali potrà essere ammesso? E come avverrà la selezione per l’accreditamento? Chi se ne farà carico? Questo è un problema delicato che va risolto a monte per non mettere in campo professionisti magari validi in certi settori, ma non adeguatamente formati per altri, mentre lo psicologo di base deve avere un raggio di azione molto ampio, come appunto il medico di base”.

Il servizio psicologi di base nell’ambito della rete dei medici e dei pediatri di famiglia – intervenendo tempestivamente su sintomi fisici legati a disturbi psicologici – potrebbe ridurre la spesa farmaceutica e l’eccessiva prescrizione di esami?

“Certamente, questo è possibile. Esiste ampia documentazione scientifica che dimostra come le attività psicologiche, nel loro potenziale di prevenzione, promozione delle risorse adattive e di ristrutturazione, siano in grado di generare una importante riduzione dei costi sanitari e sociali legati alla salute. Tra le ultime evidenze disponibili, uno studio internazionale del 2019 dimostra che l’intervento psicologico in cure primarie su soggetti con problemi fisici cronici ha generato un risparmio del 72% dei costi totali e del 111% dei costi del personale. Secondo un altro studio del 2020 gli interventi psicologici nelle cure primarie risultano in grado di generare un risparmio del 36% rispetto a quelli effettuati direttamente nei servizi specialistici, consentendo un invio più selezionato e mirato ai servizi di secondo livello. Per realizzare questi benefici si deve, però, intervenire a diversi livelli organizzativi e con la convergenza di diverse professionalità; è necessario, quindi, che anche medici e pediatri siano formati alla collaborazione multidisciplinare e questa cooperazione possa avvenire di fatto, in modo non puramente formale ma proficuo e utile per la salute delle persone e il benessere delle famiglie”.

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