Burocrazia sfasciata Sicilia a picco - QdS

Burocrazia sfasciata Sicilia a picco

Carlo Alberto Tregua

Burocrazia sfasciata Sicilia a picco

giovedì 10 Dicembre 2020

Dispiace ritornare continuamente sulla disfunzione della burocrazia regionale, ma vi siamo costretti perché questa in atto è la palla di piombo dell’economia siciliana, mentre dovrebbe essere la locomotiva.
Il Presidente della Regione, Nello Musumeci, è consapevole di questo stato di cose e più volte, anche pubblicamente, ha sottolineato come il settanta percento dei dipendenti regionali sia inutile, con la conseguenza che molte delle iniziative che egli prende per risolvere i problemi o non trovano esecuzione o, addirittura, vengono boicottate.
È uno stato di cose che non può continuare, anche perché, per accedere ai fondi europei ordinari del piano operativo (cioé il bilancio) 2021-27, nonché ai fondi straordinari come il Next Generation Ue (Recovery Fund), il Mes e il Sure, occorre una burocrazia che funzioni cronometricamente, con grande efficienza, senza ritardi di sorta.
La Sicilia perderà quest’anno tra gli otto e i dieci miliardi di Pil, per recuperare i quali occorreranno sette/otto anni, a meno che la burocrazia regionale non si metta a funzionare.

Sappiamo tutti cosa serve per ribaltare questo pernicioso stato di cose e cioè un Piano funzionale che stabilisca, assessorato per assessorato, area per area, servizio per servizio, nonché le partecipate, l’organizzazione, la programmazione, l’esecuzione ed il controllo. Nel predetto Piano devono trovare cardine i tre principi essenziali affinché un sistema funzioni: merito, responsabilità e produttività. Come si fa a rendere operativi tali principi?
Bisogna stabilire per ogni comparto quali siano gli obiettivi che deve raggiungere, quali siano i dipendenti che devono attuarlo, fissando i tempi di realizzazione. Il Piano deve stabilire un rigoroso controllo del raggiungimento degli obiettivi, cioè dei risultati, che vanno confrontati con i primi. Solo con questo metodo rigoroso e con l’ordine conseguente, la macchina regionale può cominciare ad avere un minimo di funzionalità.
Sorge subito la facile e becera obiezione: ma il personale è invecchiato, non è in possesso delle tecnologie digitali, con la conseguenza che un moderno ed efficiente Piano di funzionale non si può attuare.

Tali obiezioni si smontano facilmente, pensando ad alcune soluzioni. Per prima, fare un concorso interno, chiedendo a tutti i dipendenti e dirigenti (14 mila persone) chi voglia partecipare alla rinascita della burocrazia regionale. In due mesi, almeno il dieci percento (1400 persone) sarebbe disponibile ad aggiornarsi e ad immettersi nel nuovo percorso. Con successivi corsi, almeno metà del personale potrebbe essere aggiornato e funzionante.
Cinquemila dirigenti e dipendenti – che lavorino con tecnologie moderne e in base alle regole del piano cui prima accennavamo – sono più che sufficienti per fare funzionare la macchina regionale. Ciò non toglie che via via tutti gli altri volenterosi dipendenti possano essere addestrati mediante corsi di formazione interna e riportati alla luce, uscendo dalle attuali tenebre.
E del resto del personale cosa si dovrebbe fare? La risposta si trova nell’articolo 33 del Testo unico del Pubblico impiego (Decreto legislativo 165/01) e cioè metterli in cassa integrazione per sospensione dal lavoro, fino alla soglia della pensione.

Si obietterà ancora che per attuare il Piano indicato ci vogliono attributi mentali non indifferenti. Non sappiamo se gli attuali responsabili della Regione siano dotati al riguardo, riteniamo in buona parte sì, e in ogni caso, nell’era post Covid, col disperato bisogno di recuperare il Pil perduto e di creare nuova occupazione, non c’è scelta. O la Regione si mette a funzionare o la Sicilia va a picco.
È inutile chiedere la collaborazione dell’imprenditoria, dei professionisti e di altri soggetti, perché, purtroppo, l’economia regionale dipende dai meccanismi burocratici efficienti. Siccome non lo sono, l’economia regionale si è bloccata e questo non è più sopportabile perché ha generato povertà su povertà, cui il Reddito di cittadinanza dà un modesto sollievo.
È inutile parlare di tante riforme se non si parte dalla prima: quella della Regione, cioè della sua burocrazia.

Speriamo che i sordi si lavino le orecchie ed abbiano buon senso.

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