È ancora opportuno avere una giustizia sportiva che sia distinta e differente dalla giustizia ordinaria?
Quando percepisco stupore in certi illustri esperti del fenomeno calcistico, i quali “scoprono” che una certa parte di quel mondo, così popolare in tutta Italia e, segnatamente, certi tipi di tifoserie e certi tipi di società fanno intrallazzi di varia natura, magari per evitare che si scatenino tafferugli e conseguenti squalifiche di campo e multe, o per scatenarli nei campi altrui, la prima cosa che mi viene in mente è l’ipocrisia che aleggia in questo ambiente e della quale tutti, dico tutti, sono a conoscenza da sempre. Insisto su questo aspetto: ne sono a conoscenza, oltre ai protagonisti, cioè le società calcistiche e le varie tifoserie, comprese quelle che certe cose dovrebbero saperle per motivi istituzionali, che spesso fingono vergognosamente di stupirsi più degli altri.
Qualche volta la situazione diventa tanto palese e grave che però sono costretti ad accorgersene, pur continuando a stupirsi, come se non fosse sufficientemente chiaro quello che accade sugli spalti durante, prima e dopo i i vari incontri. Come se non fosse evidente che le trasferte di alcune tifoserie siano tutt’altro che spontanee e volontaristiche o come non lo siano anche certe invasioni di campo, certi striscioni palesemente offensivi o certi episodi di violenza.
A ogni modo, per non correre il rischio di non essere stato sufficientemente chiaro, proverò a fare, soprattutto per chi continua a stupirsi, un piccolo riepilogo. Nel mondo del calcio, ovviamente non in tutto e non sempre, si annidano ricattatori, estortori, scommettitori, spacciatori di ogni tipo di porcheria, speculatori, violenti, agitatori, e mafiosi, che travolgono persino le migliaia di persone perbene che amano il calcio e lo sport in genere. Nel mondo del calcio si commettono delitti, anche fiscali, si comprano e si vendono partite, si montano e si smontano campioni o brocchi, per modificarne il valore di mercato, talvolta con la complicità di qualche giornalista di comodo. Già, anche nel mondo dell’informazione calcistica non tutto è sport, non tutto è tecnica e competenza, dato che talvolta è anche altro, come mi ricorda un caro amico che, trovandosi a dirigere un giornale, fu costretto ad allontanare il giornalista che si occupava proprio del calcio in maniera davvero “originale”. Insomma, nel mondo del “pallone” si fa di tutto e di più, fingere che non se ne sappia nulla è una schifosa e vergognosa ipocrisia, soprattutto se lo stupore arriva da parte di chi dovrebbe impedire che certe cose avvengano.
Ciò premesso, mi viene spontanea una domanda, che rivolgo a coloro i quali, di simili questioni, dovrebbe essere esperto, e forse non lo è abbastanza o lo è a fasi alterne, per non ben chiare ragioni. La domanda è la seguente: che differenza c’è tra le imprese edili, industriali, agricole, commerciali, che pagano il pizzo in denaro, in forniture o in assunzioni, per evitare di veder esplodere la propria saracinesca o il proprio escavatore, o per non rischiare che il proprio campo di frumento venga incendiato, e chi paga il pizzo in soldi, in biglietti, in scommesse o altro, per non vedersi invaso, e poi squalificato, il campo durante una partita, per non veder minacciato qualche calciatore, o per impedire altri crimini collaterali? Che differenza c’è tra chi si vede sequestrare l’azienda perché, siccome ha pagato, viene giudicato colluso con chi lo ha ricattato e chi, almeno fino ad oggi, non si è visto sequestrare la società sportiva, ma al massimo ha subito qualche squalifica di campo e qualche multa, per la stessa ragione?
Siamo certi che, in una situazione come quella descritta, non si stiano facendo due pesi e due misure, magari per riceverne in cambio qualche ingresso di favore, qualche mazzetta o qualche soffiata sul risultato? O forse perché il calcio muove le masse molto più della politica e del sindacato? In ogni caso, appare sempre più chiaro che dove c’è lo Stato non c’è la criminalità e viceversa e come lo sport sia molto di più che pratica sportiva. Come direbbe il grande Renzo Arbore: riflettete gente, riflettete! E riflettete anche su queste altre domande: è ancora opportuno avere una giustizia sportiva che sia distinta e differente dalla giustizia ordinaria? Siamo sicuri che le caste siano soltanto quelle delle quali si parla ogni volta che si vuole aizzare l’invidia sociale?