Camporeale, giovane borgo agricolo in una terra che ha tanto da raccontare - QdS

Camporeale, giovane borgo agricolo in una terra che ha tanto da raccontare

Annalisa Di Stefano

Camporeale, giovane borgo agricolo in una terra che ha tanto da raccontare

martedì 11 Giugno 2019

A cavallo tra Trapani e Palermo un piccolo paese circondato dal verde

Camporeale è un piccolo centro agricolo posto tra colline, monti e pianure verdeggianti, a cavallo tra le province di Trapani e Palermo, che per oltre cent’anni si sono contese il suo territorio. Il comune fu infatti sotto le dipendenze di Trapani fino al 1954, anno in cui passò alla circoscrizione amministrativa del capoluogo siciliano.

Camporeale è un paese giovane in una terra che ha tanto da raccontare. In questo luogo un tempo sorgeva il feudo di Macellaro, il cui nome deriva probabilmente da Makella, fondata dai Sicani nell’VIII secolo e citata da Diodoro e Polibio. L’antica città, posta tra Segesta e Palermo a controllo della valle del fiume Eleuterio, fu distrutta dai Romani nel 260 a.C.. Ma tutto il territorio circostante risulta abitato fin dalla preistoria, come testimoniato dai numerosi reperti rinvenuti nelle varie contrade del paese.

Poco distante dalcentro abitato si erge il monte Jato, sulla cui cima sono stati portati alla luce i resti dell’antico insediamento di Ietas, attivo dall’età protostorica fino all’alto Medioevo. Sull’altura di monte Pietroso sono state individuate tracce di opere murarie, ricollegabili all’esistenza di un centro abitato risalente tra il VI al IV secolo a. C., necropoli e frammenti di bronzo e di ferro.

L’odierna Camporeale fu invece fondata nel 1779 per iniziativa di Giuseppe Beccadelli Bologna, marchese di Sambuca, che ottenne dal re Ferdinando di Borbone la concessione del feudo di Macellaro. All’epoca era già esistente il baglio, cui si accede da un grande arco in pietra, che i Gesuiti edificarono nel 1691, dotandolo di magazzini, laboratori artigianali, stalle, locali per la residenza e cortili per la vita comunitaria. È il monumento più imponente del paese e al suo interno venne pure inglobato il castello edificato intorno al 1500 dalla nobile famiglia dei Ventimiglia, nei secoli successivi trasformato in palazzo baronale.

La chiesa Madre si eleva nella piazza principale ed è consacrata a Sant’Antonio da Padova, patrono del paese, che in questi giorni viene celebrato da tutta la comunità. L’edificio religioso al suo interno conserva pregevoli opere d’arte, tra cui un bassorilievo in marmo raffigurante San Calcedonio attribuito alla scuola del Gagini ed un crocifisso ligneo, entrambi appartenuti ai Gesuiti.

Molto più recente è la chiesa che si innalza sulla collina che sovrasta il piccolo centro e da dove si scorge un meraviglioso panorama. Nel santuario si venera la Madonna sotto il titolo di “rifugio dei peccatori” e le sue origini sono legate ad una leggenda risalente al 1855. Si racconta che in quell’anno tre uomini di fede trovarono tra i giunchi una grossa pietra, datata 1622, sulla quale era raffigurata la Madonna con il manto aperto ad accogliere i peccatori. Il santuario fu costruito nel 1910 per custodire la sacra effigie ed ancora oggi è meta di continui pellegrinaggi, che raggiungono il culmine durante tutto il mese mariano, quando fedeli e devoti giungono da ogni parte della Sicilia per affidarsi alla protezione della Madonna dei Peccatori.

Il giorno dell’Ascensione per tradizione i fedeli vi si recano in pellegrinaggio ed accendono un fuoco con legna umida fuori dalla chiesa per simboleggiare la salita di Gesù al cielo.

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