Cannabis terapeutica tra scienza e proibizionismo - QdS

Cannabis terapeutica tra scienza e proibizionismo

Cannabis terapeutica tra scienza e proibizionismo

martedì 10 Ottobre 2023

A Catania incontro sulle cure palliative organizzato dalla cellula etnea dell’associazione Coscioni

CATANIA – La cannabis terapeutica si è scientificamente dimostrata efficace nel trattamento di pazienti affetti da una vasta gamma di patologie, ma resta ancora ostaggio della politica. A spiegarlo diversi professionisti provenienti dal mondo della scienza e della giustizia, nel corso dell’incontro “Cannabis terapeutica – Cure palliative” organizzato da La Cellula Coscioni di Catania. Le prime coltivazioni della cannabis risalgono a 10 mila anni fa, mentre il suo primo uso in medicina pare essere datato nel 2737 a.C. in Cina. Ma progressivamente la politica ha preteso di controllarne, e talvolta di inibirne, l’accesso da parte dei cittadini.

“Nel 1961 gli Usa decisero di proibirne l’uso per motivi ideologici e non certo scientifici – ha detto Matteo Mainardi, membro della giunta nazionale dell’associazione Luca Coscioni e responsabile della campagna sull’eutanasia legale –, riducendo in maniera drastica anche la ricerca scientifica sull’argomento. Dal 2020, anno in cui la cannabis ha smesso di essere considerata una sostanza pericolosa e l’FDA ha autorizzato il commercio di farmaci a base di cannabinoidi come l’Epidyolex per la cura dell’epilessia, sono state raccolte 12 mila pubblicazioni scientifiche nel merito. Tuttavia, dal 1833 a oggi, sono stati raccolti soltanto 33 mila studi sulla sostanza, a fronte degli 80 mila sulla morfina”.

Vantaggi possibili della liberalizzazione della cannabis

Oggi l’intera comunità scientifica riflette sui vantaggi possibili della liberalizzazione della cannabis, che andrebbero ben oltre il “semplice” trattamento di singole patologie: “Liberalizzare la cannabis significa anche sottrarre un redditizio business alle organizzazioni criminali – ha continuato Mainardi – e favorire nuove entrate per lo Stato, riorganizzandone la produzione. Perché oggi l’unica produzione italiana autorizzata è quella dello Stabilimento Militare di Firenze che riesce a produrre circa 300 kg di cannabis l’anno, a fronte di un fabbisogno stimato dalle associazioni di circa 30 tonnellate. La quantità mancante viene colmata con le richieste d’importazione da Paesi come l’Olanda, che purtroppo non vanno sempre a buon fine”.

Per invertire la rotta occorrono una riflessione politica profonda e la formazione continua dei medici sull’utilizzo della cannabis, come riconosciuto dallo stesso Ordine dei Medici: “Solo pochi giorni fa il Tar del Lazio ha bloccato il decreto del governo Meloni che equiparava i prodotti a uso orale di Cbd a sostanze stupefacenti, vietandone la vendita – ha concluso –. Magistratura e organismi sovranazionali cercano di mettere una toppa, ma bisogna fare di più”.

A cosa serve la cannabis e quali sono le controindicazioni?

“Secondo quanto stabilito dal decreto ministeriale n.94 del 1998, la cannabis a uso medico può essere richiesta per: l’analgesia in patologie che implicano spasticità associata a dolore; l’analgesia nel dolore cronico; il trattamento anticinetosico e antiemetico nella nausea e nel vomito causati da chemioterapia, radioterapia, terapie per Hiv; il trattamento di anoressia e cachessia; il glaucoma; la sindrome di Gilles de la Tourette. Ma è bene sottolineare che, anche in questi casi, l’uso è ammesso a condizione che i farmaci tradizionali non abbiano sortito alcun effetto”, ha fatto sapere Veronica Spoto, medico di base e responsabile scientifico di “Galenicaonline”. Inoltre, la cannabis si è dimostrata efficace anche nel trattamento di altre patologie, non tutte accompagnate da dolore: epilessia, rettocolite ulcerosa, autismo, adhd, morbo di Crohn, ansia, disturbi del sonno, patologie psichiatriche.

“Somministriamo fans, analgesici, farmaci contro effetti collaterali e adiuvanti senza problemi, nonostante le loro note controindicazioni, ma non consideriamo la cannabis come possibilità – ha spiegato Veronica Sapio, direttrice dell’U.O. Terapia Antalgica dell’ospedale Buccheri La Ferla FBF di Palermo –. Oggi si associa la sostanza soltanto alle cure palliative e queste ultime, a loro volta, vengono associate soltanto ai malati terminali; si somministra a ogni paziente un farmaco per ogni sua problematica, senza osservarlo nel suo complesso, senza capire che le sue problematiche sono spesso interconnesse e hanno bisogno di un trattamento d’insieme che la cannabis può offrire. Così stiamo davvero facendo il massimo per i nostri pazienti, come la nostra deontologia professionale richiederebbe? Credo proprio di no. Il dolore somatico, il dolore viscerale, il dolore misto, il dolore neuropatico e il dolore nociplastico sono diversi, ma devono poter ricevere pari attenzione. Dobbiamo allora cominciare a pensare al ‘dolore totale’ del paziente”.

Ma la cannabis ha controindicazioni?

“La somministrazione di cannabinoidi può interagire con altri farmaci ed essere sconsigliato nelle fasce di età più basse, così come a coloro che soffrono di patologie cardio-polmonari, di problemi di pressione – ha aggiunto Spoto –. In realtà, però, le controindicazioni riguardano il Thc e praticamente mai il Cbd”.

Thc e Cbd, le due sostanze presenti nella cannabis, vanno dosati insieme o separatamente e in proporzioni differenti in base alla patologia per cui la si intende somministrare. Oggi i pochi autorizzati all’accesso possono ritirare direttamente in farmacia il preparato, dietro prescrizione del medico di base o di qualsiasi altro medico. “La cannabis farmaceutica, a differenza di quella non farmaceutica, ha una bassissima carica batterica, ha una scheda tecnica precisa e un certificato di qualità”, ha fatto sapere Ottavio D’Urso, farmacista e responsabile del laboratorio galenico Farmacia Antonio D’Urso.

Attenzione, però, a presentare una prescrizione medica corretta in farmacia, pena l’impossibilità di ritirare il preparato. “Per essere valida, deve contenere: il codice numerico o alfanumerico associato al paziente, a tutela della sua privacy, in sostituzione a nome, cognome e codice fiscale; la data; la forma farmaceutica scelta; la posologia; la motivazione; il timbro e la firma del medico”, ha precisato il farmacista.

La libertà come percorso a ostacoli

Se la scienza ha dimostrato che non esistono motivazioni scientifiche, ma soltanto ideologiche, per vietare la cannabis, è ancora accettabile vedere limitata la propria libertà di scelta sul suo consumo? “Dal proibizionismo la guerra alla droga è stato un ammortizzatore sociale e un vero fallimento – ha sostenuto Valentina Lo Giudice, avvocata penalista –. Inizialmente con i protocolli internazionali sulla cannabis si era semplicemente chiesto di limitarne il traffico illecito, ma i singoli stati hanno pensato arbitrariamente di estendere la fattispecie di reato. Ancora adesso c’è chi finisce in carcere e ci muore per aver portato con sé un po’ di cannabis, magari in una dose leggermente superiore di quella ritenuta lecita per ‘uso personale’. Queste persone rischiano non solo l’immediata custodia cautelare in carcere, ma anche pene detentive importanti che non si riservano nemmeno a chi commette gravi crimini, sanzioni amministrative limitanti come la sospensione della patente, il ritiro del passaporto e del permesso di soggiorno per motivi turistici”.

Il dibattito sulla cannabis si inserisce allora in quello ben più ampio sulla libertà del cittadino e sulla libertà scientifica, promossa dall’associazione Luca Coscioni. “Le cure palliative migliorano la qualità della vita dei malati in stadio avanzato e per questo devono essere promosse e favorite, provvedendo anche a colmare le differenze tra Nord e Sud ancora troppo evidenti – ha detto Giorgio Trizzino, direttore del dipartimento Direzione sanitaria Arnas Civico e di Cristina di Palermo –. Ma in generale, le persone devono essere libere di scegliere della propria vita. Nel 2021, quando ero deputato alla Camera, ho presentato un disegno di legge sul suicidio assistito per i malati irreversibili o a prognosi infausta, passato alla Camera e non al Senato e rimasto nel cassetto a causa dello scioglimento del Governo. Ad oggi sono ancora le corti costituzionali a stabilire le libertà dei cittadini”.

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