Catania, incontro rete Ecodigital per affrontare il futuro dell’Isola

Catania, incontro nazionale della rete Ecodigital per affrontare il futuro dell’Isola

Marco Cavallaro

Catania, incontro nazionale della rete Ecodigital per affrontare il futuro dell’Isola

Ivana Zimbone  |
martedì 16 Luglio 2024

Una transizione ecologica e digitale per attrarre risorse e gestire le emergenze

Siccità, cervelli in fuga, incendi, disoccupazione, mancanza di competenze, la Sicilia rischia di svuotarsi e rimanere teatro di calamità per lo più antropiche. La transizione ecologica e la transizione digitale possono mitigare i danni, prevenire le emergenze e attrarre investimenti, a patto che non siano concepite come evenienze future e che seguano programmi atti a promuovere il territorio. Ne è convinta la rete Ecodigital, che a Catania ha unito attivisti, imprese e istituzioni per promuovere la sostenibilità.

“La transizione ecologica e digitale devono andare insieme e devono essere coordinate, eque, spiegate ai cittadini e partecipate. Perché sono una necessità e non una medicina”, ha spiegato Alfonso Pecoraro Scanio, presidente della fondazione UniVerde e promotore della rete Ecodigital che, quando era ministro dell’Ambiente nel 2007, decise di promuovere con un decreto ad hoc il fotovoltaico. “Avevamo previsto il suo impiego su coperture e in sostituzione dei tetti in amianto, facendo delle soluzioni a terra solo un’ipotesi residuale. Ma come spesso accade in Italia, le cose andarono diversamente”, ha precisato.

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Lo sfruttamento del suolo per la produzione di energia solare minaccerebbe di trasformare la Sicilia in una nuova “Silicon Valley”: “Una terra di sciacallaggio, di conquista, senza il mare, senza l’agricoltura e senza il turismo, dove non si è neppure capaci di trattenere l’acqua delle abbondanti precipitazioni per irrigare i campi”, ha sostenuto Dario Mazzola, vicedirettore di Federazione Coldiretti di Catania.

Il digitale per monitorare gli interventi e ripopolare le aree interne

I cambiamenti climatici, secondo l’ex ministro, potrebbero poi trasformare la Sicilia in una nuova Florida che, nel caldo mar dei Caraibi, è soggetta a uragani. “Il digitale può aiutarci a evitare i morti e limitare i danni – ha fatto sapere – e a monitorare in tempo reale le opere messe in atto per contrastare le emergenze, attraverso droni e intelligenza artificiale”.

L’ulteriore potenzialità della transizione digitale per la Sicilia consisterebbe nell’opportunità di ripopolare i centri a bassa densità di popolazione: “Coworking, smart rooms e smart working possono consentire di lavorare, almeno un terzo dell’anno, nei propri territori e di destagionalizzare il turismo – ha concluso –. Perché in dieci anni la Sicilia ha perso oltre 150 mila intelligenze”.

Far conoscere le nuove prospettive e promuovere l’innovazione

Per il sindaco etneo Enrico Trantino Catania può addirittura fungere da test pilota per la transizione digitale. A dimostrarlo, la sua capacità di attrarre gli ingenti investimenti di STMicroelectronics e Yokokawa, che ha di recente rilevato Baxenergy per sviluppare sistemi di telecontrollo di produzione energetica alternativa.

In questo contesto il digitale può essere un “mondo che ci aiuta a impedire le migrazione, soprattutto di giovani”: “Le scoperte scientifiche, le ricerche di fisica e vulcanologia dei nostri istituti, mi fanno immaginare Catania come capitale della scienza, dell’innovazione e della tecnologia – ha detto –. Basti pensare al telescopio in grado di catturare la materia oscura, i neutrini. Accanto a ciò, l’evidenza del fatto che più del 60% delle offerte di lavoro specialistiche vadano deserte per mancanza di competenze. Per questo occorre lavorare con l’università, colmare il gap tra domanda e offerta e trovare dei sistemi che facciano conoscere ai più giovani le straordinarie opportunità del territorio. Con eccellenze come ST, Greenpower e Isola ho incontrato i rappresentati dei licei catanesi, che dopo un momento di apparente disinteresse, sono rimasti strabiliati da ciò che il nostro territorio può offrire loro. Stiamo lavorando alla pianificazione di 21-27 incubatori per attrarre chi vuole investire e per connettere anche i quartieri più periferici”.

A confermare le potenzialità della provincia, l’apertura del primo Village del Sud Italia di Crédit Agricole: “In base ai nostri studi, la città più intraprendente, pronta a ricevere questo investimento”, ha precisato Annarita D’Urso, Managing Director de Le Village. E anche la presenza di eccellenze come Ohoskin, impresa che produce un’alternativa di qualità alla pelle animale per l’artigianato che risparmia vite, abbatte la CO2 e non disperde PFAS nell’ambiente: “Utilizziamo scarti di agrumi e pale di fico d’india – ha aggiunto Adriana Santonocito, CEO di Ohoskin –. In tre anni, 24 brand in tutto il mondo utilizzano il nostro prodotto”.

José Marano: “Migliorare la qualità dell’aria, tracciare gli alimenti e guardare ai droni”

Sui “temi che non conoscono colore politico” si è pronunciata anche José Marano, deputata all’Ars del M5s. “La politica deve accogliere l’innovazione per migliorare la qualità della vita dei cittadini, rendere il Paese competitivo e attrarre investimenti  – ha spiegato –. Per questo ho presentato già anni fa una norma sulla blockchain per la rete alimentare, ho proposto lo studio di fattibilità per la realizzazione di una rete di vertiporti che ha sortito l’interesse di diverse aziende disposte a investire in Sicilia, ho promosso l’uso dell’IA nell’ambito degli incendi e ho lavorato ai bonus per le auto elettriche e per il fotovoltaico in Sicilia, credendo che occorra migliorare la qualità dell’aria per ridurre i numeri altissimi dei morti per inquinamento ambientale che nessuno ci racconta”.

La formazione degli imprenditori per start up e PMI

Al netto degli straordinari propositi, la Sicilia sarebbe ancora molto indietro tanto nella transizione digitale, quanto in quella ecologica. A sostenerlo Giovanni Magni, fondatore di Crediamoci e presidente della VII commissione del Comune di Catania: “Non dobbiamo più pensare alla transizione come a qualcosa che avverrà in futuro, ma a ciò che sta già avvenendo oggi e per cui è necessario educare i giovani – ha detto –. Il primo passo da compiere è quello di mettere in atto strategie per ridurre il tasso di dispersione scolastica elevatissimo nella nostra città (22%), come l’apertura delle scuole full time, che trasformino gli istituti non in semplici centri nozionistici, ma in punti di riferimento per la vita dei più piccoli, dove si possano svolgere attività sportive e ricreative”.

Sulla formazione insiste pure Armando Palma, presidente di Arcadia Holding, che vede nelle start up un ponte di sviluppo: “Dobbiamo ridurre il gap tra mondo delle start up e istituzioni, se vogliamo ridurre quello tra Nord e Sud, attraverso l’equity – ha sostenuto –. Serve supporto consulenziale, persone che sul territorio sappiano supportare PMI e start up, sia nella fase di creazione che in quella della crescita, per lavorare su piani davvero sostenibili. Perché è bellissimo creare start up, ma è necessario che diventino PMI solide per creare posti di lavoro. Catania, invece, ha un’economia basata su un ecosistema di microimprese e necessità di cultura finanziaria e di avvicinare i giovani al mondo dell’economia reale, supportandoli nei progetti non solo con finanziamenti a fondo perduto, ma soprattutto con percorsi di formazione”.

I rischi delle carenze in gestione finanziaria

In assenza di competenze in materia finanziaria a rischio non c’è soltanto l’economia della regione, ma anche l’innovazione e la salute dei singoli. “Noi tecnici vediamo da un mondo appassionato, non vediamo gli utili ma il raggiungimento dell’obiettivo – ha raccontato Diego Lai, CEO di Autentico –. Questo può avere effetti pericolosi quando si hanno dei capitali a disposizione e quando questi vengono gestiti dagli stessi che creano le idee. L’Italia è lo Stato che forse ha più condizionato il mondo con le sue innovazioni e non è pensabile che improvvisamente gli innovatori si siano rincitrulliti. Il problema è che la loro verve crea loro problemi che si portano dietro tutta la vita, con stati debitori drammatici che il singolo, a differenza di un’azienda, non è in grado di pagare. Questo è il blocco principale nello sviluppo di start up e idee. Così come per guidare un’auto serve la patente, anche per l’imprenditore dovrebbe funzionare allo stesso modo, per mettersi al riparo da pericoli dei “soldi facili” che si possono ottenere con i consulenti”.

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