Cefalù, medico allergico sospeso perché non si vaccina, reintegrato - QdS

Cefalù, medico allergico sospeso perché non si vaccina, reintegrato

Cefalù, medico allergico sospeso perché non si vaccina, reintegrato

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giovedì 02 Dicembre 2021

La dottoressa, dipendente del Giglio, aveva rifiutato di esporsi al vaccino per motivi legati a problemi di salute. Era stata sospesa invece dal lavoro senza retribuzione

Soffrendo di un’allergia, certificata dal proprio medico, una dottoressa, che lavora da 13 anni nell’ospedale Giglio di Cefalù, non si è vaccinata contro il covid e la Fondazione nel luglio scorso l’ha sospesa, fino alla data della vaccinazione o al 31 dicembre, levandole la retribuzione senza verificare uno spostamento di mansioni.

Ora il giudice del tribunale del lavoro di Termini Imerese (Palermo) accogliendo le tesi dei legali della dirigente medico, Pietro Vizzini e Katia Vella della Fp Cgil, ha accolto il ricorso della donna condannando la Fondazione Giglio al pagamento delle retribuzioni maturate e al reintegro del medico oltre al pagamento delle spese di lite: 1600 euro.

Il giudice Chiara Gagliano scrive: “La sospensione del lavoratore senza retribuzione costituisce infatti l’extrema ratio, di talché vi è un preciso onere del datore di lavoro di verificare l’esistenza in azienda di posizioni lavorative alternative, astrattamente assegnabili al lavoratore, atte a preservare la condizione occupazionale e retributiva, da un lato, e compatibili, dall’altro, con la tutela della salubrità dell’ambiente di lavoro, in quanto non prevedenti contatti interpersonali con soggetti fragili o comportanti, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da Sars-CoV-2. L’onere probatorio che grava sul datore di lavoro in caso di sospensione del rapporto per impossibilità temporanea della prestazione è, dunque, analogo a quello previsto per il caso di licenziamento per impossibilità definitiva della prestazione (i.e. impossibilità del c.d. repechage): in ambedue i casi il datore di lavoro è onerato di provare di non poter utilizzare il lavoratore in altra posizione di lavoro o in altre mansioni equivalenti o inferiore. Il provvedimento di collocamento in aspettativa non retribuita adottato nei confronti della dottoressa non considera, in alcun modo, l’eventualità che la stessa potesse essere distolta dalle mansioni di dirigente medico ed adibita a mansioni, anche inferiori, compatibili con la tutela della salubrità dell’ambiente e della sicurezza dei pazienti della struttura”.

“Il giudice – spiegano Giovanni Cammuca, segretario generale Fp Cgil Palermo e Domenico Mirabile, segretario regionale Fp Cgil Medici – ha riconosciuto l’illegittimità del provvedimento di sospensione del medico che, per l’incompatibilità tra il proprio stato di salute e la somministrazione del vaccino anti Covid 19, non aveva potuto assolvere all’obbligo vaccinale.

Siamo assolutamente consapevoli dell’importanza della vaccinazione, tanto da essere come sindacato in prima fila tra coloro che invocano l’obbligo vaccinale. Ma le norme oggi in vigore individuano non solo i soggetti nei confronti dei quali si applica l’obbligo vaccinale ma anche le procedure da adottare prima di arrivare alla sospensione”.

La fondazione Giglio in una nota dice: “Abbiamo ricevuto da poco l’ordinanza che contiamo di approfondire con il legale che ci ha rappresentato. Riteniamo, comunque, che l’interpretazione che viene data non risulta coincidere con quanto scritto dal giudice. La nostra priorità era ed è di mettere l’ospedale in sicurezza per garantire la sicurezza dei pazienti e degli stessi operatori”.

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