Sono 64, suddivisi per le 9 province dell’Isola con il primato detenuto da quelle di Catania e Messina (13 ciascuno), ma rappresentano un costo notevole per le casse di palazzo d’Orleans. Stiamo parlando dei Centri per l’Impiego e Agenzie per il Lavoro che fanno capo alla Regione Siciliana.
A fornire i numeri è la piattaforma di Sistema Informativo Lavoro della Regione Siciliana (Silav), progettata per facilitare l’interazione tra cittadini e Centri per l’Impiego regionali. Ma come funzionano, perché i CPI non performano per quanto potrebbero e che fine ha fatto il potenziamento annunciato e ancora rimasto solo parziale?
I Centri per l’Impiego in Sicilia, come funzionano
I Centri per l’Impiego (CPI) in Sicilia sono strutture pubbliche dedicate a fornire servizi di orientamento e supporto al lavoro. La loro organizzazione e le loro funzioni sono regolate da normative nazionali e regionali; l’obiettivo è facilitare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro al fine di offrire una gamma di servizi per cittadini e imprese.
Per questa ragione sono in predicato di occuparsi di orientamento e analisi delle competenze dei singoli che vi si rivolgono. Svolgono dunque un ruolo essenziale per il supporto nella ricerca di lavoro e nel contatto con enti di formazione professionale, dove poi i futuri lavoratori potranno (ri)qualificarsi. Sulla carta, un percorso più che lineare. Che però si ferma spesso sulla soglia delle esigenze proprio del mercato del lavoro.
Quest’ultimo, estremamente dinamico, non segue come potrebbe le piattaforme regionali per la ricerca dei lavoratori, preferendo rivolgersi ad agenzie private come Randstad o piattaforme come LinkedIn, Indeed, Monster e le decine nate per intercettare un mercato che continua a non fornire gli strumenti a lavoratori e aziende per riuscire a realizzare il “match” desiderato. Per spiegare meglio questo cortocircuito, facciamo un passo indietro.
Luci e ombre del programma di potenziamento
Nel 2019, la Regione Siciliana ha avviato un programma di potenziamento dei CPI in linea con le indicazioni del decreto n. 74 del Ministero del Lavoro. Questo piano, sostenuto da fondi nazionali ed europei, prevedeva un finanziamento complessivo di 19,1 milioni di euro destinati alla riqualificazione delle strutture e all’assunzione di nuovo personale.
Un passaggio che in qualche modo è connesso con la legge regionale 9/2015. Questa aveva previsto una riforma del sistema pensionistico dei dipendenti della Regione Siciliana, che avrebbe portato al pensionamento di circa 3500 unità. I calcoli sono però stati sottostimati: tra il 2015 e il 2020 in pensione vanno circa 6000 dipendenti, lasciando una voragine tra il personale a disposizione dei vari dipartimenti, inficiandone l’operatività.
Il corto circuito
A queste uscite avrebbe dovuto fare seguito l’assunzione di 250 giovani dipendenti l’anno per cinque anni, ma la Regione si è ritrovata senza budget a disposizione per nuovi innesti. Da qui si arriva al 2019. Il piano che assorbiva le disposizioni del Ministero del Lavoro prevedeva la creazione di 400 nuovi posti di lavoro per potenziare i 64 CPI presenti sul territorio siciliano.
Questo anche per ridurre il numero di NEET siciliani, ovvero i giovani nella fascia d’età compresa tra i 15 e i 29 anni, che non lavorano, né studiano né sono impegnati in stage, tirocini o apprendistato e che proprio nell’Isola (dati 2023) risultano essere il 32,2% a fronte di una media europea dell’11,2%. Tradotto: il problema dell’efficacia delle politiche attive del lavoro in Sicilia c’è ed è ancestrale, ma si prova a intervenire.
“Erano stati stanziati fondi per l’acquisto di attrezzature tecnologiche e per la manutenzione e ristrutturazione degli immobili. Le tre città metropolitane (Palermo, Catania e Messina, ndr) avrebbero dovuto beneficiare di finanziamenti pari a 2 milioni di euro ciascuna, mentre per gli altri CPI le somme variavano tra i 400mila e i 100mila euro. A oggi, i fondi non sarebbero stati spesi del tutto”.
Il caso dei Centri per l’impiego e le spiegazioni della Regione
A rivelarlo al QdS sono due dei vertici della Regione che però preferiscono mantenere l’anonimato. “Molti progetti sono fermi al livello di convenzioni firmate ma non ancora operative”, incalzano. Del tema se ne è occupato proprio il Quotidiano di Sicilia lo scorso agosto in una intervista con l’assessore al ramo Albano.
I ritardi, soprattutto per quanto concerne l’adeguamento delle sedi già esistenti o per l’acquisto di nuovi immobili con fondi PNRR, è imputabile alla dichiarazione di disponibilità, che era già stata richiesta nel 2021, ma la si è dovuta ripresentare alla luce delle variazioni apportate al piano.
“La strategia (dei CPI, ndr) servirà a rafforzare i servizi di orientamento e formazione per cercare di ridurre il gap esistente tra le competenze richieste dal mercato del lavoro e quelle realmente possedute dai soggetti in cerca di impiego – ha spiegato al QdS l’assessore regionale – Attraverso il potenziamento delle strutture, si potranno offrire servizi di qualità più alta e migliore gestione del tempo”.
I motivi dietro lo stallo
Ma perché il ruolo dei centri per l’impiego, fondamentale per la Sicilia, non riesce a decollare? Lo spiega uno dei due dirigenti: “Il problema principale è l’assenza di comunicazione con gli enti di formazione regionale. Ci si ritrova così a investire somme per formare figure che poi invece sono obsolete o in quel momento non necessarie sul mercato del lavoro. Le aziende importanti, che possono fare la differenza nelle campagne di assunzione, non si rivolgono ai CPI”.
Dove i CPI riescono ad assolvere una fondamentale funzione è nell’ambito del reddito di inclusione, la misura nazionale di contrasto alla povertà che dà diritto ai soggetti o alle famiglie che rientrano nei parametri prestabiliti dal Ministero, a un “beneficio economico” o un “progetto personalizzato” per uscire dalla condizione di povertà. Un passaggio, quest’ultimo, che prevede una centralità degli uffici territoriali regionali come i CPI.
“Ma alcuni CPI presentano ancora problemi. In molti uffici mancano aria condizionata, sedie ergonomiche e attrezzature adeguate, che sono state segnalate a più riprese. In alcuni casi, il personale è costretto a lavorare con computer obsoleti o addirittura con tablet, spesso con più persone accomodate nelle stesse scrivanie”, aggiungono i dirigenti.
Centri per l’impiego in Sicilia, dal caso di Palermo agli esempi virtuosi
Interessante il caso di Palermo. Qui il numero di dipendenti impegnato nel “SERVIZIO XII – SERVIZIO CENTRO PER L’IMPIEGO DI PALERMO E MONREALE”, che consta di 11 sedi tra capoluogo e provincia, è passato da 29 a 120 dipendenti in soli due anni, “questo senza che ci fosse un adeguato aggiornamento delle infrastrutture, con colleghi costretti a lavorare spesso in condizioni al limite e in attesa dei lavori di ristrutturazione o ammodernamento necessari”, spiegano al QdS.
In sintesi: Negli anni i CPI sono stati sotto organico. Adesso il personale mancante è stato e sarà nel frattempo assunto dalla Regione, ma mancherebbero le strutture per accoglierlo in maniera adeguata. Con quella previsione proposta dall’assessore al QdS che non si è ancora concretizzata. In questo contesto, subentrano poi altre difficoltà derivanti dalla frammentarietà dei servizi. In Sicilia, a differenza di altre regioni, gli assessorati alla Formazione e al Lavoro sono separati. “Non c’è un raccordo comunicativo tra gli enti – aggiunge il funzionario – Se formazione e lavoro non vanno di pari passo, si genera un gap tra domanda e offerta che penalizza tanto i lavoratori quanto le aziende”.
Non tutte le province restano però indietro. Chi opera con una vision è il Servizio XII di Palermo – lo stesso che ha quadruplicato gli innesti negli ultimi due anni – diretto dalla Dott.ssa Salvatrice Rizzo, che racconta lo stato dell’arte ai nostri microfoni. “I concorsi sono stati fatti e il personale è arrivato, la strumentazione arriverà a breve, anche se la attendiamo da due anni”.
I concorsi citati dalla dirigente sono quelli per “176 unità di personale a tempo pieno e indeterminato (categoria C) per il potenziamento dei Centri per l’Impiego della Sicilia approvato con D.D.G. 5040 del 23/12/2021 profilo Istruttore Amministrativo Contabile (codice CPI-IAC)” e per “311 unità di personale a tempo pieno ed indeterminato (categoria C) per il potenziamento dei Centri per l’Impiego della Sicilia approvato con D.D.G. 5040 del 23/12/2021 profilo Operatore mercato del Lavoro (codice CPI-OML)”.
Nota dolente, conferma Rizzo, resta quella del “potenziamento a livello strutturale”, per il quale “sono stati fatti incontri con vari sindaci della Sicilia. Su Palermo abbiamo una interlocuzione diretta con tre comuni. Al momento però mi risulta che non ci sia nessun ufficio ammodernato, almeno su Palermo”
Il triste confronto col resto d’Italia
Le difficoltà dei centri per l’impiego siciliani emergono con ancora più forza se confrontate con la situazione di altre regioni italiane. Nelle Marche, in Emilia-Romagna e in Lombardia, i CPI sono dotati di strutture uniformi, moderne e funzionali. Esiste una stretta collaborazione tra i diversi attori del mercato del lavoro, con un’attenzione particolare alla formazione continua e all’utilizzo di tecnologie avanzate.
La Sicilia sta comunque tentando di invertire il trend, con iniziative che mostrano il potenziale dei CPI. Lo scorso 18 e 19 dicembre, nei Cantieri culturali alla Zisa di Palermo, si è tenuta una fiera organizzata da Regione e Comune di Palermo per disoccupati under 35. Secondo le stime, l’evento avrebbe coinvolto circa 24mila giovani tra i 18 e i 35 anni.
Attraverso un attento lavoro di matching, sono state selezionate le competenze più richieste dalle aziende e invitate oltre 35 imprese con più di 100 offerte di lavoro disponibili. “Abbiamo dato ai giovani la possibilità di presentarsi alle aziende e di partecipare a laboratori formativi: quello che è il compito dei CPI. Speriamo che questi eventi si ripetano più spesso in tutta l’Isola”, ha spiegato concluso la Dott.ssa Rizzo. Se la Regione volesse intervenire nel merito della questione e dei ritardi sottolineati, i microfoni del QdS restano sempre a disposizione.
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Immagine di repertorio

